In questo numero:

Editoriale

01. Racconto del Mese

02. Gesta di Lot

03. Nuovi Racconti

04. Gilde e Mestieri

05. Clan del Mese

06. La vita di ...

07. De Mundi

08. Il Grande blu

09. Delle Arti

10. Calendario di Lot

11. Miti e Leggende

12. Colori e Sapori

13. Armaguardia

14. Sussurri Mistici

15. La Clessidra Magica

16. Storie dell'Altro Mondo

17. Libera la mente

18. Vox Populi

19. Luoghi di Lot

20. Il Ducato visto dagli abitanti

21. Scorcio su..

22. Uno sguardo sul passato

23. Racconti da Mot e dintorni

 

 

 

 
Anno XX - Mese 4° - Giorno 4°
 

 

Antichi Mezzelfi: tra simboli e maledizioni.

La maledizione.

Come molti sanno, nel granducato, quello degli Antichi Mezzelfi è uno dei clan più antichi che abbia mai calcato questa terra, forse il primo a che ne si ha memoria. Questa grande e numerosa famiglia è unita sotto un’unica discendenza risalente ai grandi tre eroi, i tre gemelli mezzelfi nati dall’unione dell’elfa Elea e dell’essere umano Elrhon. Galadrim, Maghloth e Amarth, questi i nomi dei tre capostipiti dell’attuale famiglia. Sarà capitato, alle orecchie di molti, di udirli spesso, accompagnati ai nomi principali degli appartenenti al clan; ebbene sì, vi è una chiara distinzione, tra antichi, che riconduce un determinato mezzelfo ad appartenere alla stipe di Galadrim, Amarth o Maghloth. I Galadrim, oltre a essere quelli più simili agli appartenenti alla razza elfica, presentano un’inconfondibile ciocca dorata che spunta tra i capelli; gli Amarth, perfetta simbiosi elfica e umana, dal fascino e dalla vivacità unica, si caratterizzano per il netto taglio a mandorla degli occhi; infine, i possenti e irruenti Maghloth, più vicini agli umani, presentano una voglia a forma di spirale, rintracciabile generalmente dietro la nuca (tuttavia non è raro rintracciarla in altre parti del corpo). Sorge così spontanea la domanda: come è possibile tramandare agli eredi dei tratti fisici tanto evidenti? Ebbene, alla base di tutto ciò vi è una magia o, per essere più corretti, una sorta di maledizione lanciata proprio contro i tre antichi eroi. Per spiegare il tutto, dovremmo fare un salto indietro nel tempo, all’epoca del grande esodo che condusse il primo nucleo familiare mezzelfico verso quell’antica valle denominata Granburrone, primo insediamento degli antichi mezzelfi sotto la guida dei tre eroi. Prima di giungere alla tanto agognata valle, la carovana si imbatté in un anziano, rivelatosi successivamente un potete stregone: il mago cercava vendetta contro coloro che avevano contribuito alla distruzione della vecchia Mot, scagliandosi senza pietà su coloro che guidavano la carovana, i tre antichi eroi. Tuttavia, grazie all’unione delle loro forze, Galadrim, Maghloth e Amarth riuscirono a sconfiggere temporaneamente il vecchio stregone; tuttavia, prima di darsi alla fuga, il mago lanciò una maledizione sui tre gemelli, in modo da poter rintracciare loro e gli eredi del loro sangue: Galadrim scorse una ciocca dorata tra i suoi capelli, Maghloth si accorse di una voglia a forma di spirale generarsi dietro la sua nuca e Amarth si ritrovò con gli occhi dal netto taglio a mandorla. Benché fosse un modo per stanarli, i tre gemelli esibirono sempre con onore questi segni, simboli della lotta, del coraggio e dell’unità che distingue la famiglia degli Antichi Mezzelfi.

I tre simboli.

Dalle caratteristiche fisiche, passiamo ora ad un altro tipo di caratterizzazione. Oltre al già citato modo di riconoscere un antico secondo la propria stirpe di appartenenza, vi sono degli oggetti che identificano bene gli antichi, costruiti da Galadrim in persona. Riportiamo un passo da alcuni documenti in possesso della biblioteca degli Antichi Mezzelfi:

Fu Galadrim a costruirli.

Il nodo celtico di Amarth non era altro che un catalizzatore che la maga utilizzava per poter percepire e fruire della trama. Utilizzò l’argento per forgiarlo, su indicazione della sorella, con una forma ben precisa: al centro vi è un cerchio, forma perfetta a rappresentare il ciclo eterno della vita, racchiuso in due triangoli che formano una stella a sei punte, simbolo di neutralità: forze complementari e contrastanti, due triangoli uguali e opposti. Ed infine la corda che tutto avvolge, rappresentazione della natura mezzelfica.

Per Maghloth invece, che dei tre fu il difensore, il braccio armato, Galadrim forgiò, nel profondo calore della sua fucina, una spada solida e resistente come quelle degli umani, ma di elfica raffinatezza. La spada infatti, insegna di virtù e bravura, giustizia, dignità e fede, presenta però due aspetti distinti: l’azione positiva, operante a salvaguardia della pace e al servizio della giustizia e l’aspetto contrario di distruzione, per l’ingiustizia e la sopraffazione. Istinti questi entrambi presenti nel suo animo, che all’onore in battaglia contrapponeva i mezzi più beceri in caso di necessità.

Quando ebbe finito di costruire i simboli dei due fratelli, Galadrim fu sopraffatto dalla stanchezza e si addormentò. Sognò l’impresa che avrebbe dovuto compiere: guidare la propria gente verso l’Adurant. Vide inoltre un anello, un semplice ma perfetto cerchio d’oro. Egli sapeva benissimo che l’anello compare nei sogni a confermare una promessa fatta, simbolo di qualche cosa che ha valore per il sognatore e gli ricorda un impegno preso, un`affinità ed un coinvolgimento con un gruppo. Il mattino seguente, appena sveglio, forgiò l’anello che rappresenta la sua discendenza.

Visto l’ottimo lavoro svolto da Galadrim, Amarth decise che oggetti di tale bellezza non sarebbero mai dovuti essere scalfiti. Utilizzando la sua conoscenza delle arti magiche, incantò i tre simboli rendendoli invulnerabili a qualsiasi potere terreno.


Evannah Cennen en Galadrim
Alta senatrice Galadrim degli Antichi mezzelfi
adepto guardiano dell`Arcana Saggezza