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Coas ed Equilibrio... Anticamera di pensiero...
E`
sempre arduo e sintomaticamente bersagliabile tentare di definire la
differenza tra Caos ed Equilibrio, sopratutto quando il punto di
riferimento... o la sorgente... è rappresentata da quella sorta di
carneficina celebrale che i termini stessi identificano.
Nello spazio
riservato alle Anime... e, cioè, in quello spazio imputabile a nulla di
più che al consueto punto di vista... la collisione nasce impulsiva e
genuina e lo strumento musicale non può che suonare melodie del tutto
violente.
Viscerale quanto un urlo, lo stimolo di elevarsi a padroni
del significato, obbliga le Anime a nutrirsi dell`ambizione di
riconoscere la spregiudicatezza del Caos e la saldezza
dell`Equilibrio... oppure, allo stesso modo, di rassegnarsi alla
vitalità del Caos o all`inespressività dell`Equilibrio...
La reciprocità è proverbiale ed infuoca la ragione ed i sensi di corroborante capacità.
E
quando si permettesse a Caos ed Equilibrio di annidiarsi nelle trame di
un Ducato sempreverde d`iniziative, l`efficacia di questa ragnatela
invischierebbe senza schiavitù nè signorìa l`Ordine corporativo a cui si
è tradizionalmente abituati...
Genesi di comportamenti radicali e
primitivi, Titani e Lanterne si approriano di volontà e capricci,
costruendo senza fatica il loro Impero.
Me è nel Bastione dell`impudenza che risiede il vero spirito delle loro richieste...
La loro... irrefrenabile brama di porre il Re avverso sotto scacco sacrificando pedine, senza ritegno...
Pedine che, nella stasi di una sottomissione teologica, non possono che avere la franchezza dell`adeptorato...
Briciole... forse polvere e poco più...
Chè non si tedia la cura con l`esasperazione di una cronistoria, ma con la ricerca di un`analisi...
Ed è così che,
annotare l`entrata in scena di quelle due Entità bagnate rispettivamente di Caos ed Equilibrio,
diviene spunto per una riflessione sanguigna e foce larga per differenti entusiasmi...
Così che,
annoverare
nei Cartigli da tramandare l`esplosione vocale di una "Fata di Pure
Luce" apparsa quasi clandestinamente alle soglie del Tempio,
diventa simbolo da dipingere, per ricordare quanto possa essere inevitabile il cataclisma del Fato...
Così che,
intrufolarsi nelle Caverne per assistere al celebrativo spettacolo offerto da Demone caotico ed Angelo d`equilibrio,
sugella l`ancestrale conflitto tra il Male ed il Bene...
Non sono dettagli...
Eppure lo sono...
Marchiano il tempo di fuochi indelebili e fatali
ma riscaldano molto più della Terra e del Cielo...
La
proposizione di quelle Effigi contaminate, o, per meglio dire,
volutamente e coscienziosamente imbevute, dal Caos e dall`Equilibrio è
serva di un reparto noto ed adatto ad immortalare la Storia nel suo
corso...
E tuttavia, essa è padrona di uno strato di tempo inverosimile per longevità e granitico per possanza.
Cullare la convinzione che non esistano altri motivi,
per lo sprigionarsi degli eventi,
delle strategie di Confusione ed Equilibrio
e che qualsiasi emozione non sia altro che una precisa derivazione della natura di queste formidabili Forze,
tende
a catturare l`attenzione delle coscienze, cicatrizzando quelle ferite
di dolore, esultanza ed ira che mostrano... e dimostrano...
un`esistenza.
Può essere che sia effettivamente così...
Che l`azione e la reazione dipendano sempre e solo da uno stato di Confusione o di assoluta Serenità...
Può essere che non lo sia...
Ma
il dubbio non sorge dall`incompletezza di pensiero, bensì dalla
sicurezza che le Anime hanno peculiarità feconde di individualismo...
Di Caos... di Equilibrio... qualcuna ne arriva a comprende l`essenza quasi umana... se tale può definirsi...
Poichè
la dove si trovino incise parole che dipingano la Forgia di tali
Essenze come un`Entità che... "... forse comprese il mio stato d`animo e
mi salutò dicendo di non temere e di non sentirmi sminuita in alcun
modo, perchè forse avrei visto coi miei occhi ed allora creduto... "
(Phoenomena De Succubus)... si possono trovare anche facili congetture
di appropriate sensibilità...
Qualcun`altra ne estorce la... sana
ragione di pura egemonia, inchiodando l`orgoglio e l`oltraggio senza
pudori "... di essere il Caos vero e proprio, di rasentare
l`immortalità, di avere poteri magici illimitati e di fregiarsi del
compito di portare il Caos nell`ordine statico... " (Sebastiein Von
Kleist)...
Ed altre Anime ne fanno matrici di accalorate catene,
trasportando
la forma più sublime dell`Essenze in autentici anelli da cui non
affrancarsi... "... poichè ben potevamo percepire nel nostro legame di
comunione con il divino, che era la Dea a parlar per bocca di quella
creatura..." oppure linee decise di Fede, onde confidare che
l`assunzione di dosi specifiche di quella o quell`altra fattura attiri
il degno trofeo e rimargini lacune forse troppo nette per poter essere
ignorate, con traguardi concreti, cromaticamente ineccepibili, poichè...
"... se avremo successo, se avremo Fede, potremo salvare l`ordine del
Creato. Se falliremo... Ciò che Ella ha voluto all`inizio del tempo, non
sarà più..." (Ithilden Elessedil degli Ayled)
Imperversano nel Ducato, convertendo e mascherando, mitigando e snaturando,
ma
imperversano in Noi da sempre, quali spietati artefici di possibilità
ed obblighi, impoverendoci ed arricchendoci e dandoci talvotla la
saggezza di comprendere che non sempre scegliere sia la soluzione più
facile...
Ed a prescindere dalle aspettative e dalle nervature
che il proprio ego sancisce, è inequivocabile che Caos ed Equilibrio
fungano da reali Signori emotivi, incendiando i sentimenti, e che tutto
ciò che resta, sotto e sopra il pelo dell`acqua, sia figlio di quei
momenti di Confusione o di Requia, quanto è figlio naturale di un
connubbio incestuoso e famelico...
Oltre il valico della personalità, esiste un giudizio che ogni Anima non può sottrarsi dall`imputare...
Non sempre dal ricevere.
L`ammissione di un doppio peso, in tutte le questione...
L`ammissione della... creanza d`intervento del Caos e dell`Equilibrio quali vitrei boccioli d`ogni rosa del Reame...
E
se quel giudizio tanto attraente quanto... segreto potesse punire
l`ignoranza dell`effetto di ogni passo, piegandolo e plagiandolo alla
schiettezza dell`inopinabile, allora non si perderebbe mai l`occasione
di fare la cosa giusta...
Glenyller
degli Avelerg Von Duster
~ La Terra delle Razze ~
La Guerra delle Cinque Barbe
Capitolo 1
Molto
tempo fa nella Terra delle Razze due grandi popoli primeggiavano su
tutti: vi erano gli Elfi, le cui terre andavano dalla costa nord alla
costa sud nella parte centrale del continente e vi erano i Nani, sovrani
delle antiche montagne a nord-est. I Nani erano i più grandi produttori
di armi e ricchezze minerarie e la loro arte era cantata in tutte le
terre dai Maestri Bardi. D’altro canto gli Elfi avevano ricevuto da
Themis un arduo compito: proteggere l’esistenza stessa delle razze.
Nel
lento succedersi dei Re degli Elfi nella regione si era trovato un modo
per impedire che orde troppo folte di Demoni, Orchi o Goblin si
muovessero tra il continente di Extremelot e la Terra delle Razze. Si
erano stabiliti dei presidi tra le Lande di Morannon nella Terra dei
Demoni e la Valle delle Due Correnti nella Terra degli Gnomi: tali
presidi avevano quindi il compito di controllare chi si muoveva in forze
e di segnalare tali movimenti al consiglio dei re elfici. Gli Elfi
avevano fondato una serie di regni indipendenti riuniti in tale
consiglio e mai fino ad allora erano nate delle discussioni tra gli
appartenenti alla stessa razza. Non vi erano veri e propri eserciti e la
gran parte degli Elfi formavano delle milizie cittadine, composte
soprattutto da arcieri e picchieri, che a turno avrebbero presidiato i
confini delle Terre Elfiche. Le Terre Elfiche erano in quegli anni
impenetrabili.
Capitolo 2
Un giorno Uzbad Azoghâl, re
dei Nani della florida città di Tharos, diede al proprio figlio Thorkûnd
il compito di organizzare una spedizione verso ovest. Erano anni d’oro
per il commercio ma scarseggiavano nella terra delle razze nuovi
compratori e tra i Nani era ben noto che ad ovest, nelle terre di
Extremelot, gli Umani sarebbero stati certamente disponibili ad
acquistare gran quantità di armi naniche per meglio difendersi dal
vicino Regno dei Demoni. La spedizione dopo pochi mesi partì con a capo
il principe Thorkûnd e alcuni dei più valenti guerrieri nani. Era
inevitabile tuttavia che la spedizione giungesse nei pressi di un
presidio elfico a sud delle Lande di Morannon e lì la marcia dei nani
subì un’inaspettata interruzione. Infatti gli elfi credevano che
l’intento dei nani fosse quello di vendere le loro armi agli umani,
sapendo che vi erano dei Granducati di Umani in guerra tra loro. Non vi
erano possibilità di chiarimento, gli Elfi erano inflessibili e non
volevano far passare i Nani che, a loro volta, non avevano alcuna
intenzione di tornare indietro pur essendo in evidente inferiorità
rispetto agli Elfi. Accadde così che per non provocare uno spargimento
di sangue gli elfi catturarono il principe Thorkûnd e altri quattro capi
della spedizione. Il principe elfo Themboras ordinò avventatamente ai
suoi sottoposti di tagliare la barba ai cinque prigionieri e di
liberarli, colpendo così nell’onore gli orgogliosi Nani che decisero di
tornare sui loro passi rinunciando al prosieguo della spedizione. Nello
stesso giorno il principe Themboras, fiero del proprio gesto e di aver
oltraggiato un Nano, fece confezionare al suo più abile artigiano un
mantello con le cinque barbe dei Nani. Il mantello fu affidato ad un
messaggero che partì per Eryn en Gonen (Bosco dell’ululato, in Elfico)
portandolo in dono a Re Tathren, padre di Themboras, assieme ad un
accurato resoconto di ciò che era avvenuto al presidio.
Capitolo 3
Quando il principe Thorkûnd
tornò a Tharos ferito nell’orgoglio il Re Uzbad Azoghâl non seppe
trattenere il proprio sdegno e solo dopo i consigli di chi era a corte
decise di non ricorrere subito alle armi. Tuttavia era convinto che gli
Elfi avrebbero dovuto porre rimedio al male fatto e organizzò un viaggio
al quale egli stesso avrebbe partecipato, verso Nan en Parth (Valle del
pascolo, in elfico) sede del consiglio dei re degli Elfi. Non vi era
alcun timore nel re, essendo stati fino a quel momento ottimi i rapporti
tra Elfi e Nani e fu così che si presentò al cospetto del consiglio
accompagnato del figlio e dagli ambasciatori della propria città. La
discussione sembrava aver preso il verso giusto e tutto faceva pensare
ad una conclusione positiva della controversia quando ad un tratto prese
la parola Re Tathren, con indosso il mantello delle cinque barbe. La
reazione di Re Uzbad Azoghâl fu immediata, preso da uno scatto d’ira
alla vista dello scempio fatto delle barbe dei nani, si scagliò verso Re
Tathren tenendo in pugno la propria ascia da battaglia. Le guardie
elfiche non riuscirono a bloccare il re dei Nani e furono costrette alle
armi, e in quel disgraziato momento Uzbad Azoghâl fu colpito a morte. I
Nani presenti non accennarono alcuna reazione, in numero scarsissimo
circondati da centinaia di elfi delle milizie giunte sul posto per
proteggere i re degli Elfi, riuscirono solo a prostrarsi al suolo e a
piangere la morte del loro sovrano. Il principe Thorkûnd giurò vendetta
ma il consiglio degli Elfi decise che non doveva essere versato altro
sangue e fece condurre i Nani al confine delle terre elfiche. Il
mantello delle cinque barbe fu rinchiuso in un baule e il baule fu
sotterrato in un posto sicuro affinché non fosse mai più riportato alla
luce. Da allora, narra la leggenda, qualunque Nano veda il mantello
delle cinque barbe è destinato a cadere involontariamente in preda alla
furia!
Capitolo 4
Fu triste e carico di odio il
ritorno dei nani a Tharos: il principe decretò dodici giorni di lutto
per la morte del padre alla fine dei quali fu incoronato re, le milizie
di Tharos furono organizzate e gli emissari del regno raggiunsero tutte
le città vicine per chiedere l’aiuto degli altri re dei Nani. Essendo
tutti imparentati in qualche modo tra loro, tutti i re dei nani non
mancarono certo in risolutezza e la loro risposta di sostegno a Thorkûnd
fu immediata tanto quanto un battito di ciglia. Le armate dei Nani si
riunirono ai piedi del monte Inbar-zirak e marciarono verso le terre
degli Elfi a sud, per la precisione verso Eryn en Gonen. Gli Elfi erano
pronti alla difesa e messi in allerta dagli esploratori della regione
scelsero un’invidiabile posizione strategica presso Urlas (calda foglia,
in elfico). I nani divennero bersagli delle frecce elfiche e dei colpi
scagliati da grande distanza grazie a delle enormi baliste, ma
avanzavano spediti e con poche perdite, coprendosi a vicenda con i loro
scudi in posizione difensiva. Di tanto in tanto cadevano in alcune buche
scavate dagli elfi e nascoste accutamente con del fogliame, ma fu
decisamente ficcante l’azione degli esploratori elfici provenienti dal
vicino Eryn Gern Doron (Bosco vecchia quercia, in elfico) che colpirono i
nani sul fianco destro. Gli stratagemmi e le tattiche elfiche erano
esaurite quando sui Nani inarrestabili furono scaraventate delle enormi
sfere di paglia infuocate dalla collina difesa dalle prime linee; le
sfere travolsero ogni cosa ma la loro azione non fu così efficace da
sfiancare gli eroici Nani che prendevano parte alla battaglia. I
migliori Thane e sventratori del popolo nanico impattarono subito con le
prime linee elfiche portando lo scompiglio e un gran numero di morti da
entrambe le parti segnò quel triste giorno. Urlas prese da allora il
nome di Galvorn Imlach (Luce nera tra le fiamme, in elfico) dato che
alla fine degli scontri era un’impresa riuscire a vedere uno spazio
erboso che non fosse sporco di sangue. Gli Elfi ripiegarono verso i
propri regni e le milizie si sciolsero in assenza dei generali, tutti
caduti in battaglia. Un prezzo altissimo fu anche pagato dai Nani che
tornarono alle proprie città senza aver capito quale dei due
schieramenti avesse effettivamente vinto la guerra.
Capitolo 5
Nel grande scontro tra Nani
ed Elfi perse la vita anche Re Gomor della città di Magilnâd, che lasciò
sul trono il figlio Tarâg ancora giovane e impreparato per la
battaglia. Alla morte di Gomor cresceva nel principe la voglia di
vendicare il padre ma in lui vi era la consapevolezza di non poter
guidare il proprio popolo in battaglia. Egli si faceva circondare da un
gran numero di bardi a corte affinché potessero narrare le gesta del
padre Gomor, ma tale vicinanza suggerì un’idea al principe… un modo
indolore per compiere la propria vendetta. Chiamò vicino a sé Beiron,
uno Gnomo bardo famoso in tutti i reami per raccontargli la leggenda
della mezzaluna nera: tale leggenda descriveva l’esistenza di una parte
della Terra delle Razze, detta appunto mezzaluna nera, nella quale i
vampiri potevano aggirarsi indisturbati in superficie alla luce del
giorno. Era un luogo quasi inaccessibile e marcava il confine a sud est
dei reami elfici, confine presso il quale esisteva un enorme bosco
proprio a forma di mezzaluna, con le estremità rivolte a ovest. Si
trattava quindi di una mezzaluna rovesciata e la leggenda inventata di
sana pianta dal principe Tarâg appassionò Beiron che impiegò meno di una
settimana per comporre una ballata su di essa.
Di lì a poco Beiron
partì lasciando la città di Magilnâd, deciso a diffondere la nuova
ballata per le terre e i villaggi vicini. La bravura di Beiron non aveva
uguali e la sua ballata era così convincente agli orecchi di chi lo
ascoltava, che presto si diffuse più della stessa fama del bardo. In
breve la leggenda arrivò alle orecchie dei Lord Vampiri della città
morta di Garsavra che si organizzarono in massa per conquistare la
mezzaluna nera, volendo approfittare della debolezza degli Elfi della
zona dovuta alla guerra appena iniziata. Scaramucce e battaglie di poco
contro vedevano ancora protagonisti Elfi e Nani in quei mesi, quando i
Lord Vampiri partirono sognando la libertà alla luce del sole. Deboli e
insufficienti furono le risposte degli Elfi che incontravano al loro
passaggio, destinati alla morte e ai banchetti dei Lord. Le perdite
elfiche crebbero di giorno in giorno facendo crollare ogni difesa a est
mentre gli invasori continuavano a cercare senza successo la mezzaluna
nera tanto desiderata. La dea Themis vide ogni cosa e decise allora di
intervenire: scese sulla moltitudine di vampiri con una tempesta di
fuoco e li maledisse per sempre! Da quel momento il sangue di ogni Elfo
divenne veleno per i vampiri che non poterono a quel punto trovare più
il loro sostentamento. In molti morirono per mancanza di sangue e per
varie lotte intestine fino a quando i Vampiri non dovettero abbandonare i
loro propositi e tornare a Garsavra.
Capitolo 6
La
dea Themis inoltre supplicò gli Elfi affinché ponessero fine al
conflitto coi Nani arrivando a minacciare un proprio intervento come ai
tempi della guerra tra Elfi e Umani, sicchè essi si videro costretti ad
ubbidire. Giurarono di avere il massimo rispetto per la vita dei Nani e a
non considerarli quali nemici dell’esistenza su Extremelot. Tutti
giurarono, tranne uno: il principe elfo Themboras era sfortunatamente
ancora vivo… e organizzò uno stratagemma per punire ancora i Nani senza
esporsi di persona. Per mezzo della magia andò in sogno a Gurugmor,
grande capo degli Orchi della tribù di Zahar. Egli, investitosi
autonomamente dell’autorità del dio Simeht, promise a Gurugmor la
battaglia più grande di tutte: una battaglia eterna nei sotterranei di
una città dei nani. L’Orco capo si svegliò di colpo nel sonno e le sue
urla riecheggiarono per l’accampamento orchesco e per le valli vicine,
raccontò il proprio sogno agli Orchi a lui fedeli che gridarono al cielo
il nome del loro dio! Un’imponente orda di orchi si radunò a sud delle
terre dei Nani, tutti gli Orchi e i Goblin della regione inseguivano il
capo Gurugmor fieri di essere stati scelti per la battaglia eterna e i
loro passi, il rumore delle armi sbattute contro i loro scudi riecheggiò
ai piedi del monte Inbar-kibil. I Nani si prepararono all’ennesima
battaglia che si risolse anni ed anni dopo con la parziale sconfitta
degli Orchi e la caduta di alcune delle più floride e maestose città dei
Nani.
L’equilibrio della Terra delle Razze era nuovamente mutato e
la Guerra della Cinque Barbe si spense per le grandi perdite subite da
entrambe le parti. L’odio delle due razze si andò affievolendo nei
secoli e se i Nani persero alcune delle loro città, gli Elfi videro
diminuire enormemente i loro territori e si stanziarono tutti a sud
sperando nelle posizioni maggiormente difendibili appena raggiunte e
nella ricchezza delle foreste rimaste intatte.
Ai posteri resta un
antico insegnamento dei minatori Nani ai giovani per rendere l’idea di
come l’odio abbia regnato per secoli nella Terra delle Razze, offuscando
la ragione: “Ricordate, giovani minatori, che nella vita di un Nano non
c’è niente di più solido della roccia, di più splendente dell’oro e di
più certo del tradimento


