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Yel (//Illya) come Cantore degli Erranti
Guardatemi oh mia gentile Rosa
se ai vostri occhi io sono degno
se il mio cuore batte senza posa
un nastro d`Amore sarà pegno.
Io vi guardo oh mio Cavaliere
la mia Luce mai v`abbandona
un faro tra le Tenebre più nere
delle vostre gesta è corona.
Siano parole d`ammonimento
la troppa Luce può accecare
e trascinar come foglie al vento
in gravi errori da perdonare.
Guardatemi oh mia gentile Rosa
se ai vostri occhi io sono degno
se il mio cuore batte senza posa
un nastro d`Amore sarà pegno.
Io vi guardo oh mio Cavaliere
La mì Tenebra mai v`abbandona
tesserò l`ordite trame più nere
sono colei ch`esalta e che sprona.
Innalzerò i più arditi Canti
ma rammentate ciò che vi dico
un Fato accomuna dai Re ai fanti
se fallite io vi maledico.
Guardatemi oh mie gentili Rose.
Scudo e Spada per voi io sono
Le mie gesta, le più coraggiose
in vostra Gloria ne faccio dono.
Lucania in occasione della consacrazione di un apostolo dei consacrati
Venni dal Dio dell`Ira e del Supplizio:
gli diedi versi e lira
per dare voce al suo precipizio,
per il vento che spira
e la bestia che mira,
canto di ossa rotte
da violenza e da verità corrotte.
Mossi il passo laddove il falso rovina
cadendo nella forra,
fui presente alla volontà divina
che ama quant`aborra
e disfa la zavorra
d`ogni ipocrita vezzo
facendosi terrore e puro disprezzo.
Quel che si frantuma, si salda e si cura
all`ombra dei Suoi occhi:
m`accorsi che non l`osse, non la struttura,
ogni cosa Egli tocchi,
ove fede trabocchi,
è sostegno e colonna,
è risveglio come luce che dissonna.
Di nulla abbiam bisogno che Lui non voglia
con umiltà e orgoglio
a ogni desìo, ogni sua doglia
si risponde: «Lo voglio.»
sia questo cordoglio
o un`immensa letizia;
sia così fatta la sua Giustizia.
Padre, obbedendo al Tuo comando
ogni luce si faccia ombra
e il Tuo castigo nefando
renda ogni anima lacerata ingombra.
Sibelin in occasione del viaggio sul piano dell`aria delle Streghe
Nel vaporoso mondo
che l’effondersi del Sospir del Cielo
plasma con lene velo.
di cirri e nubi una città a sfondo:
aereo sostegno
in alto tiene quel lieve regno.
Mortal peso frange
e ingiuria con aliena consistenza
l’impalpabile essenza
e l’universale assetto ne piange
mandando in altre sfere
segni d’un mal che sanare è dovere.
Le Streghe e parimenti
Druidi e Sciamani ne captano il grido:
guarir l’estero lido
è d’uopo a scongiurar infausti eventi.
Due missioni ad un fine,
scelte nel varcar dell’etra il confine:
sgravar il carco prima,
poscia rinsaldare il pilastro leso.
Non è, ahimé, compreso
l’aiuto, perché terre e nuovo clima
rifiutano ora quelli
che dominano del suolo i brandelli.
Così son per incanto
attratti e spinti in quell’immenso vuoto:
l’aura in perenne moto
ne accoglie lo spirto nel suo manto,
libero or del gravame
di una zavorra lesiva al reame.
Gli Otto Venti a raccolta
sono evocati da magia amica:
in ogni lesa plica
che può essere dalla vista colta
per mistico intervento
vanno a modellarsi in saldo cemento.
Un ordine stabile
dell’orbe etereo si ricompone
per una pronta azione
di chi sa cogliere l’ineffabile
con animo in ascolto
di ciò che non prova ad udir lo stolto.
Antea in occasione della festa degli spiriti degli Sciamani
Con gli occhi al cielo canto
Seguendo un nastro d’oro
L’incoronato alloro
Del poeta, verde manto.
Del mondo, tetto solingo
Osserva silenzioso
Al culmine è ascoso
Lucor di meraviglia
Un battito di ciglia
Di canto mai ramingo
A molti spesso invise
Il Cervo e il Porcospino
Stanotte per destino
Ci vogliono guidare
A doti più che rare
In comunione assise
Fiducia fa di Fede
Un atto primordiale
D’amore vero strale
Che spezza le catene
Di diffidenza e pene
Del cor che al vero crede.