In questo numero:

Editoriale

01. Racconto del Mese

02. Gesta di Lot

03. Nuovi Racconti

04. Gilde e Mestieri

05. Clan del Mese

06. La vita di ...

07. De Mundi

08. Il Grande blu

09. Delle Arti

10. Calendario di Lot

11. Miti e Leggende

12. Colori e Sapori

13. Armaguardia

14. Sussurri Mistici

15. La Clessidra Magica

16. Storie dell'Altro Mondo

17. Libera la mente

18. Vox Populi

19. Luoghi di Lot

20. Il Ducato visto dagli abitanti

21. Scorcio su..

22. Uno sguardo sul passato

23. Racconti da Mot e dintorni

 

 

 

 
Anno XIX - Mese 2° - Giorno 6°
 

 

[Circolo della Poesia e dello Spettacolo - Custodi dell`Ade] L`urto del divino


Sono malato, credo, di una malattia senza possibilità di guarigione. E` nella mente, che il male si sente. Come descriverlo senza perpetuarlo? Si tratta di un male naturale, di una benedizione naturale, perché è un`invasione e un contagio che produce vertigine, e un formicolio continuo, a volte leggero, quasi come folate di vento, altre invece invincibile e caotico quanto uno sciame di insetti che depositano in ogni possibile parte del corpo i loro bozzoli che già vibrano e, se non rimango attento abbastanza, esplodono in nascite infinite e immediatamente abortite, brusii senza alcuna direzione e senso, fino alla nausea o ad una gioia tragica mista al panico, spesso confinante con lo svenimento. Lògos spermatikòs ridotto a frenesia, forse degenerato, forse no - non saprei come altro chiamarlo. Niente a che fare con la scrittura o la "creazione" di opere. Cos`è? Che natura ha? Non è umano.
Ho interpellato il Cancelliere dell`Ade, Cristallo. Quali tracce racchiude il divino? Dove esse si incontrano?
Ed ella così mi replica:

Doveva essere una semplice richiesta, un invito.
E` divenuto uno spunto di riflessione ed a parlare, oggi,
in questi minuti che si susseguono, sono le mie viscere,
come fossi nuda, priva d`armamenti.
Chè è così che siamo di fronte a certi sentimenti.
Cosa resta, cascato l`intonaco?
Cosa rimane, sedotta la corteccia?
C`è chi si accontenta di una libbra di carne da stringere,
io cerco semplicemente altro, incastrata nei miei giochi chiaro-scurali.
Giaccio su un talamo che è una loggia, nella periferia dell`amore
laddove il rumore è pari a zero ed il silenzio non ha ragion d`essere.
E` la nostra regione e briciole d`umanità. Umanità ed eternità.


E lasciatemi stare, qui sospesa
al limitare del mio crinale:
una lingua d`universo (ri)flessa
che si incurva sotto il cieco rintocco
di un sole mai nato - forse estinto?
In esilio, un afflato e cos`altro?
Buio pesto. Soffia, scivola, scende
prona - china - vinta... Il suo verso
così poco selvaggio, sfinge e sogno
un miraggio. Omaggio. Il linguaggio
pestato dal tumulto della gente
nella corsa sfrenata tra i sepolcri.
Io la sento questa eternità che
cola. Lasciatemi a questa congiura:
da questa fossa non posso salire.


Le mie tracce di divino, invece, le incontro così; qui:


Ecco l`arcata, qui, che ci accomuna:
spigolo e muschio, lavanda e veleno,
l`amore. L`osso nello sterno picchia
e batte in silenzio di pietra e cuore,
ma io so che è quella scoscesa
stradina, la mia, che sale verso
costellazioni buie e assiderate,
infinite, gelate... Riepilogo
la strofa perfetta, vuota, passata
di bocca in bocca, guantata, lustrata:
paradiso di fresie, di timo, mi
metto a guardare l`urto del divino,
lo scalpo della crepa è complice
di Dio. Viene un odore d`umido,
di donna bella, più vero del vero.


Dio quali sembianze, profili e arcate assume? Infiniti.


Merfin Archer D`Angarà, Bardo;
Rossana Van Bach, Cancelliere dell`Ade.


[Pubblico su autorizzazione del Primo Bardo del Circolo]