In questo numero:

Editoriale

01. Racconto del Mese

02. Gesta di Lot

03. Nuovi Racconti

04. Gilde e Mestieri

05. Clan del Mese

06. La vita di ...

07. De Mundi

09. Natura Amica

10. Calendario di Lot

11. Miti e Leggende

13. Concorso del Mese

14. Canto dei Bardi

15. Sapori e Colori

16. Armaguardia

18. La Clessidra Magica

19. Storie dell'Altro Mondo

20. Delle Razze e dei Clan

21. Vox Populi

22. Luoghi di Lot

 

 

 

 
Anno XVIII Mese 9° Giorno 14°
 

 

Costellazione detta La Coppa o il Fiore o la Falce o la Corona di Ourin

Sempre visibile, più alta nelle sere di Primavera, rasente l’orizzonte settentrionale nei giorni spazzati dal vento d’Autunno, a poca distanza dalla luce di Themis, la Stella Polare intorno alla quale sembra ruotare tutto il firmamento, si stende la costellazione delle "Sette Stelle" che più volte gli abitanti di Lot, quale che fosse la loro Razza, il loro Censo, il loro Mestiere e la loro indole, hanno additato e seguito con lo sguardo, dandole il privilegio di molti nomi, leggendo in quella scrittura di luce innumerevoli storie.

Le stelle che la compongono sono tra le più grandi e brillanti del cosmo: quattro disposte vicine, tre che formano come una piccola coda ripiegata.

E’ detta, dagli studiosi, la "Multiforme": un esempio di come agli stessi segni corrispondano più scritture, più intenzioni e desideri di chi legge, più significati nell’infinita galleria del Tempo e delle Forme.

Le sette stelle rammentano, soprattutto, un episodio drammatico della Storia di Lot: la coppa di veleno che fu offerta al despota Gronko dal Maestro degli Alchimisti Alannon e che consentì al Granducato di liberarsi dalla dittatura malvagia del tiranno.

Gronko, il sedicente Reggente, segnò una delle epoche più cupe della Storia della Città, le cui carni furono dilaniate per molti mesi da una guerra civile, che oppose i sostenitori del redivivo tiranno ai cosiddetti ribelli capeggiati dal Governatore Supremo Astarte. L’odio incombeva sulla città come un sole atroce, i cuori erano aridi come campi e tanta aridità chiamava il sangue. E il sangue scorreva, strisciava lungo il basamento delle case, ai piedi delle mura, tra gli archi di pietra dove i simboli delle nobili Gilde erano schizzati dalla sua porpora. La Città era stagnante, raggelata dalla paura, ed i visi si nascondevano dietro gli scuri delle finestre chiuse, temendo di dover giudicare.

I tempi maturavano veloci ed insanguinati, correvano, fino alla notte fatale: durante una cerimonia solenne al Tempio, mentre l’oscurità ardeva come una fiaccola, di fronte al popolo ammutolito, il Maestro Alannon con lo sguardo limpido offrì a Gronko, ammantato nel velluto e nell’ermellino che non gli spettavano per onore e per diritto, una coppa.

La coppa brillò d’un chiaro bagliore mentre Gronko la sollevava, nel silenzio della navata: ai fuochi tremolanti delle torce rispose, fuori dalle vetrate, il bagliore di una costellazione che disegnava in cielo un Graal di promesse. Gronko bevve.

Il veleno, che non era verde di tradimento ma rosso di riscossa, agì subito, paralizzando il tiranno nel suo stesso ghigno di trionfo. Con quello stesso ghigno e addosso ancora il velluto usurpato, Gronko fu murato vivo, a monito perenne, nelle Segrete del Palazzo Ducale.

In cielo scintilla invece, perenne, la Coppa, sempiterno simbolo di immortalità, abbondanza ed aggregazione, dalla quale sembra fluire il liquido chiaro dell’oscuro veleno che salvò Lot.

Un’altra delle leggende che riguarda le sette stelle è quella del Fiore di Captyum, che i vecchi Kendot narrano e narrano nelle sere d’Inverno: secondo quell’antico racconto è scritta lì nelle stelle la storia d’un piccolo Kendot dal grande cuore, Franez, e della Fata uccisa dal gelo. Il giovane Kendot inutilmente tentò di ridare alla Fata il soffio della vita, prima che la mano del gelo la cogliesse, ed infine si lasciò morire accanto a lei, nel disperato tentativo di scaldarla con la sua anima generosa. Uno spirito dei boschi trovò i due piccoli corpi irrigiditi dal freddo e li condusse in cielo, a splendere sotto forma d’un fiore dai petali rossi come piccoli cuori pulsanti e d’un paio d’ali di brina, a memoria perenne, come recita il racconto "d’un cuore che non conosceva il gelo".

Tra gli Elfi, la stessa costellazione è chiamata Valacirca, la Falce, che miete il suo rosso raccolto fiammeggiando nel cielo, ed essa è monito perenne alle forze del Male e "segno di Destino", come recita un antico racconto nelle liquide sillabe del languido Quenya.

I Nani chiamano quelle stelle "Corona di Durin": quando Durin per la prima volta guardò nell’acqua di cupo azzurro del Mirolago, il profondo Kheled-zâram, vide intorno al suo capo scintillare le stelle, come gioielli incastonati negli abissi: eppure il cielo era illuminato dal sole.

La Corona di Durin giacerà nello scrigno delle acque sino al giorno in cui egli si risveglierà.

Molti anni dopo, un pittore illuminato avrebbe dipinto un simile miracolo in un quadro intitolato "l’Impero delle Luci": le stelle fredde ed il cielo caldo di sole, insieme, a comporre il miracolo dell’impossibile.

Altre tradizioni scorgono nelle sette stelle un’Ascia possente, il cui filo è insanguinato nella lotta sempiterna con gli spiriti del Male e della Dissoluzione, o ancora una magnifica Orsa dalla lunga coda, o un Carro trainato da buoi (i "Septem Triones" da cui il Settentrione che ancora oggi indica il nostro Nord).




- Stelle -

Graal - nota simbologia della Coppa che etimologicamente è sia "vaso" che "libro" - rossa gigante doppia, con astri in lenta rotazione che sembrano raddoppiare di splendore

Yulma - coppa in Quenya - bianca

Frèn - spirito o cuore, collegato col simbolo della coppa, in Greco - azzurra

Kreiz - spirito in Bretone, connesso etimologicamente al "centro" - gialla

Ârif - il "cuore" dell’iniziato in Arabo, che è raffigurato come "coppa" - bianca

Limpë - vino in Quenya - bianca

Sereg - sangue in Sindar - azzurra

Accanto a Limpe c’è una piccola stella di luce blu, chiamata la "Compagna di Limpe", o anche Al-Suha, "la trascurata": le due stelle sono dette "di doppia visuale", ovvero compagne apparenti. Ma la loro vicinanza allo sguardo ha fatto sorgere molte leggende: talora le due stelle vengono chiamate Predator e Sara, dal nome di due esploratori che conoscevano palmo a palmo i Monti delle Nebbie ed i loro pericoli, ed il cui coraggio fu fondamentale per la nascita del Granducato