Ishaar: il Traditore Tradito
Stracci infetti, il balenare d’una lingua nera o di rosse iridi. Sillabe smozzicate, deliri a mezza voce. Lo stridere di un’unghia sulle pareti o sul ferro brunito delle sbarre.
Il tonfo sordo d’un corpo che cade, talora, come disarticolandosi sull’impiantito, marionetta di Follia dalle giunture friabili, mossa da indicibili incubi.
Ecco cos’era l’Insaniae Ferens ishaar in quei giorni, in cui la giustizia degli uomini e la legge dell’onore ce lo avevano consegnato.
Nelle Segrete della Biblioteca, dove da molto tempo non s’udiva il roco respiro dei prigionieri, basso nell’aria cupa, ristagnava il suo odore spesso, di bile, vomito e sangue secco. L’odore della sua follia era ancor più inteso e sottile. Prendeva l’anima con un sentore d’irrimediabile ed oscuro, che faceva rabbrividire i Difensori ed i Cavalieri, che di lui s’occupavano, ed i Detentori, che visitavano quel luogo in cui era quasi insostenibile, lo spettacolo dell’inevitabile.
L’Insaniae non era lì. Non del tutto, almeno. Cascami del suo corpo infetto, mescolati agli stracci ed alla putredine giacevano sul pagliericcio. Ma la sua mente, ed il suo spirito, viaggiavano per spirali d’incubo sempre più strette, in derive di follia febbrile, dove nubi nere nascondevano neri soli, e luce nera pioveva su neri pianeti, popolati da vite che erano altrettante morti calcinate.
Scarafaggi dalla corazza lucente e topi dal pelo fitto combattevano sanguinose battaglie, come se ishaar fosse un centro di disfacimento, rovina e malattia che s’attaccava alle cose ed alle creature.
Lo sgomento ci prendeva, come una nube di vapori venefici, quando ci affacciavamo alla cella. Lo sgomento prendeva alla gola il confratello AlmostAnAngel, la sua schietta indole di Mezzelfo inorridiva alla morte che s’irradiava da ishaar come una malvagia marea.
Lui, l’Insaniae, era una maschera sempre più fitta di dolore e d’orrore: il suo aspetto andava mutando, prendeva il volto d’un vecchio che ha visto milioni di anni, polvere fitta nel deserto delle rughe, i denti marci.
La pietà e la furia s’intrecciavano nei nostri animi di saggi, aneliti di giustizia e cupi desideri di vendetta lottavano come i topi nel reame delle Segrete. La nostra lunga disciplina conduceva a vie di riflessione e pacatezza, ma Caos ululava con la sua voce potente ogni qual volta lo spettacolo insano di ishaar e della sua prigionia – spettacolo che il Vampiro sceneggiava di continuo, da consumato maestro dell’orrore – ci colpiva come una flamberga, devastando la regola di silenzio e comprensione che Verità e Sapienza ci impongono ogni giorno.
Perduta ho vagato nelle Oscure Terre di Ade per un tempo infinito che balenò in un istante …Esperienze fino allora sconosciute hanno scolpito la mia anima con alfabeti dimenticati …Visioni ed immagini si sono palesate ai miei occhi confondendo la mia mente tra Reale ed Illusione … Sembrava che la scoperta di questi nuovi Universi non dovesse mai avere fine, finché, distinto e nitido come il sapore della disillusione, mi giunse ad un tratto il suo richiamo …
Potevo quasi sentire il suo dolore, potevo nuovamente sentire il Dolore …
Compresi che era giunta l’ora di tornare alla Vita.
Senza riflettere neppure un istante mi recai alla Pubblica Bacheca, sapevo che i miei sensi d’Elfa non mi stavano ingannando … cercavo solo la conferma di quello che la mia anima già sapeva, mentre il Fato tesseva la trama di un destino che mi avrebbe legato nuovamente a lui …Poi vidi il messaggio che mi stava chiamando ed i miei occhi si nutrirono delle sue parole, avidi dopo un così lungo tempo passato nell’oblio. La verità mi trafisse come la lama del pugnale che mi aveva ucciso …
Il Portatore di Follia era stato catturato dai suoi stessi fratelli, per mezzo di una rete, come una bestia selvaggia, ed era stato in seguito consegnato ai Detentori dell’Arcana Saggezza, affinché pagasse per la mia ingiusta morte.
Fu come l’incontro di Buio e Luce sulla cima del mondo, quando Shanty entrò nelle Segrete, nella nube di porpora e buio che ristagnava attorno all’Insaniae.
Il volto chiaro dell’Elfa ritornata alla vita splendeva di luce propria, un sentore di muschio, lieve, alleggeriva l’aria densa d’orrore. Il suono d’acqua sorgiva della voce di Shanty stracciò il sogno malato di ishaar. Persino il nome del traditore, nel cristallino accento elfico del Depositario, risuonò puro:
«Ishaar … Principe dei Traditori … anche voi tradito».
Quando la luce di Shanty lo raggiunse, ishaar ne fu colpito come le terre al ritorno del sole dopo l’eclissi: il suo volto rugoso come il Tempo ridivenne liscio, le chiome bianche annerirono, ala di corvo che pioveva sugli occhi - le stesse iridi di prima, fessure d’universi malati che schiudevano i loro raggi rossi - e le membra ripresero uno strano vigore, animando gli stracci consunti.
In un istante fuori dal Tempo, ishaar e Shanty furono di nuovo l’uno di fronte all’altra, lei ricca d’una morte in più, lui povero d’una vita in più.
L’antico sogno s’agitò nell’aria, convulso, bello e spaventoso, per un lungo attimo. La follia di lui sorrideva di mitezza, la saggezza di lei osservava, cupa di verità.
Lui, sconfitto, agitava la sua vittoria sanguinosa sulla vita di lei, il suo proprio tormento. Lei, vittoriosa, piangeva la sua sconfitta nella morte irrimediabile di lui.
Scambiarono poche parole, la voce melodiosa dell’Elfa ed il sibilo roco del Vampiro.
«Ed io vi vidi, come Ancella del deserto fuggita alla ronda, ed io cercai olio per la lucerna ma non trovai nessuno».
«La lucerna fu la mia eterna dimora ... così come scrissi ... lucidamente consapevole ... ingenuamente spavalda».
La falena e la lanterna, le profetiche parole che il Depositario aveva vergato, una notte, con il cuore colmo d’oscura consapevolezza.
Il breve volo … la luce ingannevole … la morte.
Ora era il tempo delle parole, della giustizia che pesa e misura.
Delle domande che non trovarono apparente risposta.
«Cosa trovasti nella Notte mia diletta, cosa prese vita nelle tue gote rubandomi la giovinezza?».
«Conoscete la risposta a questa domanda ishaar ... E Voi cosa provaste nel recidere la mia carotide, sebbene onorandomi di una morte sui Troni del Principe delle Tenebre?».
«Vi cercai la mia morte, mio eterno destino ... ma non la trovai».
«Sapete bene che non potete trovare Morte ... illuso Traditore».
«Non condannarmi a vivere».
«E perché non dovrei? Voi avete forse avuto pietà del mio cuore?».
«Perché sarebbe una morte così lunga, piccola falena ... così lunga».
«Mio sogno ... Voi siete già morto».
Amore, morte, sogno: le Segrete conoscevano in quegli istanti parole mai pronunciate. Parole dallo strano accento, tra la vittima e il carnefice.
<<Ti amo Shanty ... ti ho amato guardandoti nascere ... ti ho voluto crescendo nei tuoi sogni>>.
<<Amore e Morte ... Sgozzare sussurrando parole d’amore ... l’Agnello Sacrificale ha compiuto il suo Rito. Ed ora, ditemi... cosa Vi è rimasto?>>.
<<Ti ho odiato per ciò che si cela nei tuoi occhi ... e non ho trovato uscite per uno come me>>.
<<C’è sempre una via d’uscita, se si desidera trovarla>>.
Gli occhi gelidi dell’Elfa riflettevano, calmi di furia come laghi di montagna, il volto pallido dell’Insaniae. Nelle iridi del Vampiro, la figura chiara di Shanty rifulgeva, insostenibile.
I miei confratelli assistevano sbigottiti a quel dialogo senza proferire sillaba…Percepivo il loro disappunto riguardo a quel sentimento che mi aveva donato solo Morte … Ma sentivo anche la loro compassione, per il cuore di un Elfa che non si era rassegnata al suo destino e che aveva voluto regalare Amore a colui che, sopraffatto, l’aveva corrisposta nell’unico modo di cui era capace …
Ci dicevamo, guardando quella lotta di Buio e Luce, che forse lui aveva voluto uccidere in lei la Vita, ogni vita, nel suo pulsare che a lui mai più sarebbe appartenuto. Allo stesso modo, la Morte che si agitava in lui, come una stella nera e palpitante, aveva attratto lei, la sua anima curiosa dei mondi, decisa a scovare ogni più flebile scintilla d’amore, persino nei reami dell’ombra.
La verità infine ci apparve, come un balenio confuso, mentre lo strano dialogo proseguiva, come un duello. E come un duello, si concluse con una perdita: venne il buio, per il vittorioso sconfitto.
Appena vidi l’ombra di Althair proiettarsi alla fioca luce delle torce lungo la scalinata, compresi che sarebbe accaduto … Il fugace brillio dell’ira nei suoi occhi mi ricordò la furia che di lui avevo conosciuto solo in battaglia … Lo guardai incedere, fiero ed altero come solo il guerriero sa fare, e per la prima volta vidi il Detentore soccombere all’Umano, mentre io nulla potei, se non assistere a ciò che, forse, era la punizione di entrambi …
In breve il Destino fu compiuto.
Il Sommo Althair, gli occhi penetranti insolitamente cupi, la limpida fronte di Saggio oscurata, giunse alle Segrete. Lo accompagnava colei che, in seguito, si rivelò essere il Maestro degli Alchimisti Morgan, ombra tra le ombre, recando con sé lo strumento della giustizia degli uomini.
<<Per trenta giorni il Depositario Shanty visse nel buio, ora per trenta giorni lo stesso destino toccherà a voi, ishaar>>.
La voce di Althair era grave e solenne, il suo volto di roccia.
Un liquido scese sfrigolando sulle pupille del Vampiro, velò la parvenza di luce che pure accompagnava le smorte giornate di non-vivo.
Poi, il buio calò su di lui, obbedendo alle parole del Sommo ... ishaar era divenuto cieco.
Ardesia
- Lady di Lot
Shanty - Detentore ad Honorem
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