Shanty: della Morte … dell’Amore
Dicono che l’anima, strappata con violenza ed inganno dal corpo, rimanga ancora a vagare, disorientata, là dove il sangue fu crudelmente versato.
Potevamo sentirla, quella presenza.
Shanty era dappertutto, in quella sera afosa che allungava le sue ombre, dentro le tenebre proprie delle Caverne. Shanty era nell’alone giallastro delle torce, era nell’aria densa che sapeva d’umido e terra nascosta, era sulla pietra liscia e cupa dei Troni oscuri. Shanty era una corrente gelida nel mezzo della schiena, era una nebbia di porpora nella mente, era polvere di cenere che richiamava le lacrime nel cielo degli occhi.
Tutta quell’oscurità baluginante e confusa vorticava attorno al suo volto chiaro, fermo in una quiete irreale, al suo corpo di giovane fiume vestito di seta, immobile. Sentivamo intorno, persistente, il suo profumo chiaro di muschio.
Copriva persino l’odore del ferro e del sangue.
Era da poco trascorsa l’ora diciannovesima del giorno 20°, mese 4°, anno VI: Shanty, Depositario dell’Arcana Saggezza, gemma elfica, era stata appena uccisa.
Fuori, da giorni il profilo dell’orizzonte era offuscato dalle nebbie sanguigne d’Atropo, che rideva il suo riso impenitente nei cieli del Granducato.
Il nome del Caos era un sussurro che saliva incessante da ogni ombra, da ogni angolo.
Curioso l’invito di raggiungerlo alle Caverne, nel tardo pomeriggio di quella calda sera d’Estate … Strano e, per certi versi, sospetto …
Non ero solita frequentare l’Antro della Morte, anche se la mia veste di Storica avrebbe dovuto salvaguardare la mia vita … Sarei entrata in pace, la fidata DeathKiss, lucente lama elfica, pendeva al mio fianco più per abitudine che per reale bisogno …
Ishaar mi assicurò: «Entra, non ti accadrà nulla di male … Fidati di me!». Fidarsi del Portatore di Follia? Com’era possibile?
Ma anche amarlo appariva pressoché inimmaginabile … eppure era accaduto …
Non si può opporsi a quanto è stato scritto, non si può cambiare direzione se il vento del Fato soffia, come tormenta, gonfiando le tue vele …
Così ci perdemmo l’uno nell’altra, simboli consapevoli dell’eterna lotta del Male contro il Bene, consci del paradosso che stavamo perseguendo, folli al punto di suggellare quel sentimento con una promessa: «Senza via di ritorno».
Amore e Psiche lottavano dentro il mio animo, quel tardo pomeriggio, gli sguardi torvi in una sfida d’emozioni: l’istinto del guerriero mi metteva in guardia, i palpiti del mio cuore mi lasciavano senza fiato …
Poi egli sussurrò: «Voglio farti mia sposa» ed ogni cosa, per un attimo, sembrò assumere un senso … così entrai.
Ishaar mi si fece incontro, il tono mellifluo che ormai mi era familiare m’invitava a non avere turbamenti; con un falso sorriso dipinto sul volto e lo sguardo pieno d’amore, dopo avermi preso una mano tra gli ossuti artigli mi porse una coppa, chiedendomi di bere.
Esitai ancora una volta … ed ancora una volta egli si insinuò nella mia mente, ripetendo: «Fidati di me, piccolo fiore. Bevi … sentirai le forze abbandonarti, ma non dovrai temere, ci sarò io a sorreggerti».
Proprio come una falena venni abbagliata dalla sua luce, così afferrai la coppa ed in un sol sorso, ingoiai il misterioso liquido.
Un forte calore mi pervase la gola mentre ancora finivo di deglutire … le gambe sembrava avessero perso di consistenza, mentre guardavo i suoi occhi, offrendogli la mia fiducia come pegno del mio amore proibito … la coppa mi scivolò dalle mani e con un tonfo sordo cadde al suolo, vista solo dai pochi sguardi che, nella confusione, seguivano distratti gli eventi.
Ishaar prontamente mi sorresse e delicatamente mi prese tra le sue braccia, il ghigno sadico non esisteva più, al suo posto un dolce sorriso, decisamente inusuale per un Cavaliere Nero. Mi baciò come mai prima di allora …
Ero come sospesa in un limbo, un vacuo mondo tra la Vita e la Morte … pensavo volesse farmi comprendere un'altra parte di sé, la condanna dell’essere figlio di Veddartha, la Rilucente di Grazia, maledetta dalla madre Themis con l’eterna sete e l’eterno peregrinare … ma mi sbagliavo.
Il Portatore di Follia mi depositò sui Troni dell’oscuro Principe delle Tenebre e, sussurrandomi parole d’amore, lesto estrasse un pugnale, recidendo inesorabilmente la mia gola da un orecchio all’altro.
Il tutto durò appena un battito di ciglia, sbarrai gli occhi appena compresi il gesto dell’Insaniae … il sangue fluiva a fiotti dalla mia gola squarciata, sentivo la Vita abbandonarmi, mentre riuscivo a provare solo un penetrante dolore per il tradimento subito. Lo vidi correre come impazzito verso l’uscita delle Caverne urlando il suo dolore …
Poi fu solo l’oblio …
Il Cavaliere Babbucchi fu il primo a giungere alle Caverne, spinto da un oscuro presentimento. Lo stesso richiamo, come lo strido d’un gabbiano che apra la tempesta, era giunto al cuore d’Elfa di ardesia, Conservatore della Storia Secolare.
Babbucchi entrando nell’antro urtò qualcuno che ne usciva a precipizio, il volto deformato da un ghigno di follia: l’Insaniae Ferens ishaar andava ululando, morso dai suoi privati fantasmi. Il Cavaliere non vi fece troppo caso: la forza del suo presentimento lo attirava dentro, nell’aria fosca e fumigante delle fiaccole.
Il corpo di Shanty era lì, riverso sui Troni, pietra fredda sulla pietra fredda.
Era alabastro ed opale, il suo volto: il profilo nitido come la linea pura d’una spada, o d’un cammeo, gli occhi chiusi, le labbra accostate in un irraggiungibile segreto.
Cosa accadde in seguito ormai fa parte della Storia …le Caverne gremite di Cavalieri Neri ed oscuri malvagi personaggi furono il teatro dei miei ultimi istanti… Qualcuno si compiacque dell’insano gesto del Folle, altri compresero la reale portata di tale abominio, prendendone le distanze, come non fosse mai realmente successo.
Non ricordo cosa accadde al mio corpo, ma mai potrò dimenticare la struggente sensazione di distacco dell’anima da esso … fu come morire per la seconda volta.
Ishaar, nel frattempo, aveva concluso la sua disperata corsa dinnanzi alla Pubblica Bacheca, ove non perse tempo a compiacersi del suo operato, comunicando all’intera Cittadinanza della mia dipartita, attraverso un ultimo devastante messaggio d’amore. Così egli scrisse, all’apice del suo delirio:
SHANTY ... sei più di ciò che la vita possa donarmi
Questa sera il Depositario della Storia Shanty è stata attratta da
ishaar alle Caverne.
Shanty ha riposto la sua fiducia nell’uomo che la adorava e da questi
ha ricevuto un vecchio calice da cui bere.
Sentendosi mancare le forze veniva prontamente sorretta da ishaar che, dopo
un bacio, la deponeva sul Trono del Principe.
Lacerandosi il cuore ishaar si chinava un’ultima volta sul corpo di
Shanty aprendole la gola con un orribile squarcio da un orecchio all’altro.
Urlando il proprio dolore il Nero impazzito si allontanava per antichi passaggi
lasciando Milady sul Trono, mentre la vita la abbandonava.
Questo è l’ultimo gesto d’amore di colui il cui cuore ha distrutto la speranza.
Questo è ciò che è, senza via di scampo.
Ishaar non si fida di ishaar
L’anima vorticava come una stella opaca e tumultuosa, nell’odore di muschio, ferro e sale: si sarebbe potuto udirne il battito d’ali. La sua ombra rapida si sarebbe potuta scorgere fioca sulle pareti di pietra. Ma le Caverne erano affollate, mentre lo strepitio d’armi, di tenebrose facezie e gli ordini militari risuonavano, sovrastando ogni cosa.
Ardesia giunse nell’istante in cui due Cavalieri Neri spostavano il corpo di Shanty: il sangue lasciava una scia, come una sciarpa di porpora preziosa. Lo stesso sangue che aveva bagnato la lama arrugginita dell’assassino, che ne aveva marchiato, come impronta di labbra, la persistente follia.
Ardesia s’accostò al corpo senza vita, poi si guardò intorno: i suoi sensi d’Elfa, od il suo affetto, sentivano il frullio d’ali, il candore offeso dell’anima che lì s’aggirava, ancora stordita dal tradimento e dal brusco passaggio, tra i due mondi.
Parole furono scambiate, taglienti, tra i Detentori ed il Supremo Aenighma, ma solo amarezza e dolore animavano ardesia e Babbucchi. A loro si unirono i confratelli AlmostAnAngel ed angeldied. Restava solo un mesto compito: portare via - gemma offuscata, fonte ghiacciata, seta lacerata - il corpo esanime di Shanty.
Era morta subito, almeno. Il Cerusico Gatta non poté che confermare ciò che era evidente: la candida gola attraversata da un unico taglio, il sangue sparso ovunque, ornamento porporino, atrocemente appropriato per quell’Elfa che amava dire di sé - le parole tornarono come un’eco amara, risonando nell’anima di ardesia - d’esser sempre “fresca di ferita”.
«Siamo noi, adesso, freschi di ferita» sussurrò ardesia al corpo che giaceva in una quiete sordida, unico centro di buio e silenzio, mentre tutto l’antro vibrava d’un’imprendibile presenza.
Ma quante ferite esistono, nei corpi innumerevoli che portiamo tra i mondi?
Shanty ferita a morte dal tradimento e dalla follia, la Gilda dei Detentori ferita al cuore, i nostri stessi cuori trafitti dalle frecce gemelle del dolore e dell’odio, il nostro abito di saggezza che ci impediva di pensare alla vendetta, ed il nostro orgoglio che pure ruggiva, come un mare che pretendesse un tributo di navi e di vite.
E’ meglio provare un rimorso od un rimpianto?
Quanti di Voi si sono posti questa domanda nel corso della propria esistenza?
Anche io, Depositario dei Segreti della Storia, spesso mi fermavo a riflettere riguardo questo quesito, non trovando risposta …Tuttora è così …
La mia anima era devastata al pensiero che i miei confratelli subissero le conseguenze della mia ingenuità.
Potevo solo immaginare i severi tratti del Sommo Althair offuscarsi nell’apprendere dell’accaduto, i suoi occhi rabbuiarsi, il suo cuore lacerarsi nel realizzare che, per la prima volta, non sarei stata la sua ombra …
Temevo che la nostra veste di saggezza venisse macchiata dall’odio e dalla vendetta… sarebbe stata solo colpa mia …
Una dura lezione, ancora una volta, veniva inferta al mio orgoglio: nessuno è immune dall’errore e le conseguenze delle proprie azioni ricadono sempre su qualche anima innocente.
Non potevo darmi pace …
Ma dove mi trovavo mentre tali pensieri torturavano la mia mente?
Non scorgevo più le pareti rocciose delle Caverne, le deboli fiaccole che ne delimitavano i confini, i mille oscuri cunicoli che si dipanavano nelle viscere della roccia.
Mi sentivo così confusa … potevo vedere solo sfuggenti esseri incorporei girovagare senza meta, quasi fossero belve in gabbia, cercando tutto o nulla, forse solo la rassegnazione … sembravano … anime?
Come folgore nella mia mente una nuova consapevolezza, la mia mano balzò alla gola al ricordo della lama che si conficcava nelle mie candide carni … toccai il nulla, attraversando da parte a parte la memoria del mio corpo.
In quello stesso istante udii le parole del Custode:
«Avaede anima Shanty, benvenuta nel Regno di Ade».
Non ci potevo credere … non volevo ancora credere che tutto questo fosse capitato proprio a me …
La disperazione stava per avere il sopravvento … faceva tanto freddo …ed era tutto così buio ... dovevo trovare la forza di reagire …
In Ospedale, nell’odore di canfora e lisciva, vegliammo a lungo il corpo, composto ora nella quiete. Ma non sentivamo più quel battito d’ali. L’anima, forse, aveva trovato la sua strada.
«L’anima è stata trovata»: la formula solenne del Custode dell’Ade ci diede un impercettibile sollievo. Avevamo temuto che potesse rimanere per sempre lì, accanto ai Troni insanguinati, incatenata al tradimento, alla fiducia offesa, ad un impronunciabile letale “amore”, che ora sonava come oscuro soprannome della follia.
No, l’anima era nell’Ade, e da lì due volte ci parlò. Potemmo quasi scorgere i neri occhi di chiaroveggente di Shanty, come se forassero la buccia dei mondi, nitidi di Verità e Sapienza.
Sentimmo la voce tremante del confratello Picado, che s’era appena scosso dalle spalle il manto cupo della Morte, riferirci le prime parole di Shanty:
«Miei
amati confratelli …
anche nelle oscure Terre di Ade il mio pensiero, come sempre, volge a Voi.
Nuove esperienze mi stanno travolgendo: ho conosciuto Morte e Tradimento,
Amore ed Odio, Inganno e Verità …
Ma tutto assume un senso, se guardato nel più ampio disegno del Fato,
ed ora ho compreso che se mi trovo qui è solo perché il Destino
mi ha eletta tra i tanti.
Il volto chiaro della Verità mi appare riflesso sulla parte trasparente
del Tempo ed io ne sono attratta … perché Sapienza è
il mio scopo, la mia ricerca, il mio fine …
La Morte ha aperto nuovi orizzonti alla mia conoscenza ed io desidero intraprendere
questi nuovi sentieri …
Attraverserò la parete porosa del Tempo …
Perdonatemi, se potete».
Il Cavaliere Babbucchi si spinse oltre, volle oltrepassare il Cancello d’Ade dal nero cigolio, ricevendone altre parole sussurrate nel cielo di piombo dall’anima pura di Shanty:
«Dite loro di perdonarmi... e di continuare ad operare affinché la Gilda mantenga il rispetto della Cittadinanza».
Custodimmo quelle parole, insieme alla seta insanguinata, insieme ai ricordi di cristallo ed acqua che avevamo di lei.
Ardesia
- Lady di Lot
Shanty - Detentore ad Honorem
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