LE GESTA DI LOT

Il Tomo della Discordia - La Traduzione del Tomo della Discordia

Dopo la scomparsa della bambina, il Sommo Althair, il Signore dei Paladini VladDracul ed il Primo Cavaliere Haggar si riunirono dunque per decidere se procedere a tradurre o meno il Tomo.

Fu deciso di procedere, nonostante gli avvertimenti della bambina.

Si temeva per la vita del traduttore, per la mia vita, così fui invitata dall’allora Sommo Detentore Althair a lasciare la Biblioteca ed a recarmi ospite presso il Palatium, sotto la custodia dei Paladini, per procedere senza alcun pericolo nello svolgimento del mio lavoro.

Più andavo avanti nella traduzione più la faccenda si complicava e più temevo per l’incolumità del Granducato.

Qui di seguito riporto la traduzione integrale del Tomo che mi è costata oltre trenta giorni di permanenza al Palatium. Per ovvie necessità narrative lo riporto per intero, ma le vicende che seguono in questa narrazione accaddero mentre procedevo con la traduzione e quindi furono poco comprensibili alla mia mente.

- Premessa del Traduttore -

La prima parte del Tomo è molto completa. Ho potuto eseguire la traduzione in modo accurato, parola per parola. La seguente, indicata come seconda parte, è in alcune parti solo un resoconto, in cui ho tralasciato sezioni di minore importanza, visto lo scarso tempo a mia disposizione.

- Prima parte -

L’autore parla della sua vita e della comparsa degli Spiriti dei Venti.

"Ormai la mia vita è giunta quasi al termine, le mie mani tremano nello scorrere sulla pergamena di queste pagine ed a tratti i miei occhi mi precipitano nel buio senza fine. Ma ciò che è accaduto non terminerà con me e per questo è giusto che le mie memorie non si spengano nell’oblio della mia morte.

Tutto iniziò da un sogno, un labile ricordo rimasto appena ai confini della mia mente razionale dopo una lunga malattia che, con le sue febbri, mi avevano immerso nell’insano e vacuo delirio.

Ero ancora giovane a quel tempo, appena poco più di un fanciullo, ed ancora non avevo realmente deciso la strada da seguire nell’età adulta.

Fu quel sogno, riemergendo lentamente assieme alla salute, a spingermi nella scelta che condizionò tutti i miei futuri passi.

A quel tempo vivevo in un piccolo villaggio a poca distanza da una grande città, conducevo assieme alla mia famiglia una vita semplice, da pastore, alzandomi all’alba per seguire il gregge che mi era stato affidato, mentre i miei genitori ed i miei fratelli più grandi si occupavano dei campi e degli altri animali. La casa che abitavamo non era nostra, a quanto ricordo era di proprietà di un Nobile che abitava nella città e solo ogni tanto veniva alla fattoria per controllare che i suoi interessi venissero portati avanti nel migliore dei modi.

Era Autunno, un Autunno caldo e clemente che ormai da settimane ci vedeva senza un filo di pioggia o di vento. Quel giorno però l’aria fin dal primo mattino era diversa. Una corrente fredda, un vento appena accennato che proveniva alternativamente da diverse direzioni, soffiava costante fin dalle prime luci dell’alba. Incurante di ciò, come ogni mattina, raggruppai il gregge e come sempre lo condussi sulle pendici di un’altura dove l’erba ancora era verde nonostante la stagione ormai inoltrata.

Giunto in cima all’altura lasciai liberi gli animali a me affidati, controllando appena che nessuno si allontanasse abbastanza da mettersi in pericolo. Mi stesi sull’erba, lasciandomi accarezzare dalle brezze senza preoccuparmi troppo di quanto fossero fredde, poiché ancora il sole riscaldava la mia pelle. Senza alcun preavviso il sole iniziò ad essere oscurato dalle nubi ed in pochi attimi una fitta pioggia iniziò a cadere. Grosse gocce gelide mi inzupparono interamente gli abiti prima ancora di avere il tempo di alzarmi in piedi, i venti, sempre alternandosi tra loro dalle varie direzioni, dai punti cardinali, s’intensificarono.

Raggruppai nuovamente il gregge nel minor tempo possibile. Gli animali erano agitati, scossi dalla pioggia e spaventati dai numerosi lampi seguiti fin troppo spesso da poderosi tuoni. Fu quasi una fuga, un cercar di superare in velocità la furia della tempesta che così repentinamente segnò la fine dell’Autunno e l’inizio di un Inverno freddo e mortale.

E quella giornata, così diversa da quelle che l’avevano preceduta, segnò l'inizio di questa storia.

I giorni si susseguirono sempre più freddi, la pioggia non accennava a smettere e, pian piano, si trasformò in neve. Io ero bloccato a letto fin dalla sua prima comparsa, scosso dalle febbri che portarono i miei genitori a temere che non mi sarei più ripreso. Tremavo dal freddo, sudavo fino ad inzuppare il pagliericcio su cui mi avevano adagiato. Scalciavo le coperte agitandomi e rispondendo a voce alta ai miei deliri. Con grandi sforzi mio fratello maggiore partì per la grande città alla disperata ricerca di un Cerusico che potesse dare qualche speranza o qualche cura, ma il sopraggiungere della neve non permise né a mio fratello, né al Cerusico, di tornare alla fattoria fino al termine della bufera.

Mangiavo appena e dimagrivo a vista d’occhio mentre parlavo nel dormiveglia con fantasmi creati dalla mia mente delirante.

Spaventai i miei familiari al punto che tutti, tranne mia madre, iniziarono ad evitare la mia stanza temendo fossi stato soggiogato da qualche spirito maligno portatore di pericolo ed infamia a tutta la famiglia.

Passarono le settimane e poi i mesi, il mio fisico pareva non avere alcun miglioramento, mentre la mia mente era un po’ più calma, più tranquilla nel discorrere con le quattro figure che mi accompagnavano ormai anche quando la febbre scendeva.

Alla fine dell’Inverno era ormai quasi palese che l’unica cosa che mi spingeva a sopravvivere erano i miei amici, il frutto della mia immaginazione, di cui al mio risveglio, il primo giorno di Primavera, non ricordavo nulla.

La mia famiglia mi guardava come fossi un mostro da baraccone, mi avevano sentito urlare per lunghe notti e poi ridere, scherzare con creature che loro non potevano vedere né sentire.

La Primavera fu un lungo periodo di convalescenza, i venti erano tenui sbuffi che ancor trasportavano il fresco dell’Inverno. Mentre mi riprendevo iniziavo a ricordare i compagni che m’avevano accompagnato giornalmente durante la mia malattia.

Lentamente riaffioravano i loro nomi, i loro volti, le loro particolarità. Avevano solo pochi anni meno di quelli che a quel tempo avevo io, erano appena bambini, ma dotati di grande forza.

Feawen Alcarin era la più dolce tra tutti, bontà impersonificata in un volto candido ed in capelli colore dell’oro. Lo sguardo azzurro e limpido screziato da pagliuzze dorate nell’iride.

Alatariel Helyanwe, al contrario, malvagia come poche, nemesi di Feawen. Due occhi gelidi in volto pallido incorniciato da lunghi e lisci capelli scuri.

Destèl Eledhwen perfetto e preciso nei movimenti, misurato nelle parole. Lo sguardo severo di chi valuta gli altri ed, allo stesso tempo, giudica sé stesso. I capelli scuri mai fuori posto, neppure durante la tempesta più violenta, gli abiti sempre perfetti, pure dopo aver corso e giocato per ore. Mai menzogna sentii pronunciare dalle sue labbra.

Eshelan Nenharma era il più oscuro ed imprevedibile tra tutti. Sempre in movimento, sempre alla ricerca di novità, di far ridere o piangere qualcuno, a seconda dell’umore che l’avvolgeva. Mai pettinato, i capelli castani sempre al vento, gli abiti sempre stracciati ed in qualche modo stonati.

Erano i miei amici, gli unici che mi erano rimasti accanto durante la lunga malattia, gli unici che, singolarmente o a coppie, nei giorni di vento continuavano a farmi compagnia dopo che tutti gli altri ragazzi del villaggio iniziarono ad evitarmi.

Mi resi conto ben presto che ero l’unico in grado di vedere i miei quattro amici, l’unico a sentir reali le loro carezze o il dolore dei loro pugni.

E mentre divenivo conscio di ciò, mentre la consapevolezza d’esser abbandonato da tutti gli altri e d’aver come unici compagni dei ragazzi illusori, presi la mia decisione.

Abbandonai la mia casa, sicuramente con gran sollievo della mia famiglia, raccogliendo le poche cose che mi appartenevano".

- Seconda Parte -

"Lasciai la casa dei miei genitori poco tempo dopo e mi trasferii in una grande città dove iniziai a lavorare come garzone ed apprendista da un fabbro di nome Jakob. Nel corso degli anni trascorsi a lavorare presso l’officina mi preoccupai di cercare qualcuno che m’introducesse nei meandri oscuri delle Arti Arcane e trovai un Mago deriso ed allontanato dalla città per alcuni suoi esperimenti non riusciti.

Passai quel lungo periodo tra il lavoro alla fucina e lo studio della magia, spinto da un unico scopo: rendere reali le voci degli Spiriti che sempre al primo accenno di vento mi parlavano.

Purtroppo, con il passare del tempo, dovetti ammettere con me stesso che la mia scarsa predisposizione per le arti magiche ed il poco tempo a mia disposizione mi allontanava sempre più dal mio scopo, così cominciai ad escogitare un modo per raggiungerlo ugualmente. L’unica soluzione che riuscii a trovare fu di convincere il mio insegnante dell’arte arcana a concentrarsi al mio posto nelle ricerche e negli studi necessari per creare un incanto che permettesse di render reali gli Spiriti.

Il Mago acconsentì e, dopo mesi di studio, trovò alcuni incantesimi che sembravano adatti al mio scopo.

Gli incanti erano potenti ma, soprattutto, necessitavano d’alcuni componenti materiali non facilmente recuperabili per la creazione dell’oggetto che avrebbe legato gli Spiriti al mondo terreno:

- 4 foglie di piante rare

- 4 minerali di metalli di cui da molto tempo non si trovavano filoni

- 4 gocce di sangue di quattro diversi uccelli

Oltre ai componenti materiali per l’effettiva costruzione fu necessario recuperare anche dell'acqua d'alcuni fiumi e torrenti posti ai quattro punti cardinali rispetto a dove gli Spiriti sarebbero stati evocati”.

Il Tomo proseguiva con tutta la procedura per la creazione del medaglione: poche erano le informazioni sulla ricerca dei componenti ma molto attenta e particolareggiata, invece, appariva l’effettiva costruzione.

“Non mi dilungherò in questa sede su come e dove trovai i componenti necessari per la costruzione dell’oggetto, il mio tempo è giunto al termine e troppo ho da dire ancora. Ciò che qui voglio narrare è come venne costruito l’oggetto.

I componenti vennero divisi in due parti uguali. La prima parte venne utilizzata mescolando i tre elementi, per la creazione della base del medaglione (rotondo, del diametro di circa dieci centimetri ed alto mezzo centimetro all’incirca). I materiali restanti, abbinati tra loro quattro a quattro, servirono per la costruzione delle quattro punte di freccia che, legate poi alla base tramite un rituale magico, formarono la rosa dei venti sulla superficie dell’oggetto. Tutte le parti durante la lavorazione vennero temprate nell’acqua (quarto componente), la parte centrale in una miscela delle quattro acque raccolte, le frecce invece vennero temprate nell’acqua raccolta nel punto cardinale che andranno a rappresentare".

La lavorazione del medaglione è trattata in lunghe pagine di note tecniche che permetterebbero ad un bravo fabbro di ricostruire allo stesso modo un medaglione identico.

Dopo la parte in cui veniva spiegata la creazione dell'oggetto, c'erano diverse altre pagine che trattavano nello specifico il rituale con cui il medaglione fu incantato e, di seguito, le descrizione di come si svolse il primo rituale per l’evocazione degli Spiriti, accompagnato dalle parole pronunciate durante lo stesso.

"Quando finalmente ebbi nelle mani il fatidico oggetto, il medaglione, lo feci incantare, ed il Mago mi svelò il rituale per l’evocazione dei miei amati Spiriti.

Mi feci accompagnare dal Mago, dal fabbro Jakob e da due delle sue figlie sulla collina poco distante la città, un luogo sempre battuto da forti venti e recitai il rituale. Al termine di esso le frecce del medaglione che rappresentava la rosa dei venti si staccarono dallo stesso scomparendo in direzione dei quattro punti cardinali.

Ritualista posto al Centro
QUATTRO VENTI CONTROLLANO IL MONDO
QUATTRO GENTI DANZAVANO IN TONDO
FERMATEVI DUNQUE E SENZA ESITARE
LE VOSTRE EMOZIONI INIZIATE A CANTARE.

Ritualista posto al Centro
SPIRITO DEL NORD, PURO E LUCENTE
DITECI DUNQUE CIÒ CHE IL VENTO SENTE.

Ritualista posto a Nord
DOLCEZZA, AMORE, GIOIA, ILARITÀ
QUESTO È CIÒ CHE IL VENTO PORTERÀ.

Ritualista posto al Centro
SPIRITO DEL SUD, TETRO E CRUDELE
DITECI DUNQUE CIÒ CHE NEL VENTO HA SEME.

Ritualista posto a Sud
DOLORE, ASPREZZA, TERRORE E TRISTEZZA
QUESTO È CIÒ CHE NEL VENTO È CERTEZZA.

Ritualista posto al Centro
SPIRITO DELL’OVEST, GIUSTO E LEALE
DITECI DUNQUE CIÒ CHE PER IL VENTO VALE.

Ritualista posto ad Ovest
ORDINE, LEGGI, REGOLE E ONORE
QUESTO È CIÒ CHE IL VENTO HA NEL CUORE.

Ritualista posto al Centro
SPIRITO DELL’EST, IRREQUIETO E SCOSTANTE
DITECI DUNQUE CIÒ CHE NEL VENTO È IMPORTANTE.

Ritualista posto ad Est
LIBERTÀ, CASO, IRRAZIONALITÀ E CONFUSIONE
QUESTO È CIÒ DI CUI IL VENTO HA RAGIONE.

Il desiderio più grande della mia vita si era avverato.

Gli Spiriti cominciarono ad imperversare per la città, giocando e facendo scherzi alla popolazione. Nei primi mesi dopo l’evocazione, la loro presenza si manifestava solo di rado ed era solo fastidiosa, a volte persino divertente: apparizioni d’illusioni, nascita di fiori, piccole creature guidate dal vento e dal suono dei flauti dei quattro Spiriti.

Le visite di Feawen erano sempre ben accolte anche quando accompagnata dai fratelli, ma più passava il tempo e meno controllo Feawen aveva sugli altri Spiriti. Al contrario Alathariel sembrava acquisirne sempre più, convincendo e raggirando i due fratelli per spingerli a seguirla nelle sue comparse. Per un periodo si limitò a prender in giro e minacciare, spaventare e far piccoli danni, ma con il passare delle settimane le comparse dello Spirito del Sud erano sempre più violente, sempre più incontrollabili".

Dopo una lunga serie di racconti d’avvenimenti poco chiari, alcune parole apparivano difficili da tradurre e lasciavano molte interpretazioni ai fatti, ma tutte erano più o meno legate ad atti violenti portati avanti da Alathariel accompagnata dai Fratelli. Ce n’era uno però, l’ultimo, dove si raccontava della più grande azione compiuta da Alathariel.

“La violenza di Alathariel ebbe il suo culmine il giorno in cui ella provocò una tempesta e distrusse la città mandandola in briciole con una tromba d’aria ed uccidendo più di duecento persone con un unico soffio di vento.

Tutto mi stava crollando addosso, ciò per cui avevo lottato per molto tempo era inutile. Gli Spiriti non erano altro che malvagi e pericolosi esseri la cui intenzione era solo quella di nuocere. Decisi dunque che era giunto il momento di riportare gli Spiriti alla loro forma originale ed imprigionarli di nuovo nel medaglione.

Passai molto tempo a studiare il modo migliore per farlo e giunsi alla conclusione che l’unica maniera per attuarlo era ricostruire il medaglione tramite il recupero o la ricostruzione delle quattro punte di freccia che segnavano i punti cardinali.

Non mi dilungherò oltre nella spiegazione dei miei studi e delle ricerche effettuate, né allegherò a questo mio scritto alcuna mappa di riferimento a proposito delle ricerche delle punte delle frecce, solo narrerò delle quattro spedizioni a cui presi parte.

La prima spedizione fu quella diretta a Nord nel "Cerchio delle Fate" dove ritrovai la prima freccia e di cui narro qui di seguito i punti salienti.

Il viaggio fino al bosco in cui credevo si sarebbe trovato il primo pezzo del medaglione fu lungo e faticoso, molti pericoli ci assillarono lasciandoci senza fiato. All’ingresso nel bosco finalmente noi tutti potemmo trovar riposo e ristoro per alcune ore, poiché pareva che gli attacchi malevoli di creature, che mai alcuno di noi aveva visto prima, fossero in qualche modo bloccati dalla vegetazione. Anche il sentiero, che iniziammo a percorrere dopo aver riposato qualche ora, sembrava esser più piano ed agevole. Finché senza alcun preavviso, la luce del sole che filtrava attraverso i rami degli alberi si affievolì, lasciando la compagnia totalmente al buio. Una strana sensazione crebbe nell’animo dei Maghi della compagnia, qualcosa di strano ed indefinito. Pian piano apparvero strane luci tra le frasche della foresta e tutta la zona s’illuminò di una luce bluastra. Negli istanti che seguirono fummo avvolti in una nuvola di piccole frecce che parevano giungere da ogni dove, nessuna con una precisa direzione, molte con un sicuro bersaglio. Diversi dei cavalieri che componevano il gruppo rimasero feriti ed alcuni uccisi dall’attacco improvviso e micidiale di quelle frecce. Corremmo a perdifiato, sparpagliati e senza meta nel solo intento di evitar la morte per mano degli arcani arcieri. Infine inciampai in una radice. Caddi a terra privo di fiato e stordito dall’impatto. Nella caduta qualcosa aveva punto la mia mano, guardai la ferita che sanguinava copiosamente e l’oggetto che l’aveva prodotta ancor al suo interno. Era la piccola scheggia di metallo che quando era ancora legata al medaglione indicava il Nord. Una voce, un fruscio mi raggiunse, avvolgendo quasi interamente i miei sensi: «Ciò che cerchi hai trovato. Ciò che persegui è giusto. I tuoi compagni riposeranno e saranno protetti da me e dal mio Vento nel Cerchio delle Fate. Tornate poi a casa e fate ciò che vi siete prefissi». Nelle parole appena mormorate riconobbi la voce di Feawen. I cavalieri che m’avevano seguito nell’impresa giacevano a terra, attorno a me. Le loro ferite erano rimarginate o, forse, mai realmente esistite. Dormivano tutti, protetti e carezzati dalla fresca brezza.

La seconda spedizione fu quella rivolta ad Ovest e durò appena pochi giorni. La strada era semplice e lineare, il viaggio si svolse senza molte difficoltà. La seconda punta di freccia, quella corrispondente all’Ovest, fu trovata infilata in una fessura nella corteccia di una quercia secolare. Anche al tocco di quel secondo frammento sentii una voce che diceva: «Ciò che è giusto è bene fare. Ciò che porterà tutto nell’Ordine è auspicabile. Riposate all’ombra della legge più antica che ancora questo regno mostra». Il gruppo riposò quindi sotto la grande quercia e nulla accadde per turbare il loro riposo.

La terza spedizione, volta verso Est ci impegnò molto. Ma non perderò tempo a descriverla in tutto e per tutto. Si svolse all'interno di una specie di labirinto, dove nulla era ciò che sembrava e dove le distanze parevano non aver riferimenti reali. Incontrammo creature strane e prima d'allora mai viste che rallentarono moltissimo la spedizione. La terza punta di freccia fu trovata dopo molti giorni di ricerca. Era stata setacciata interamente la zona in cui si credeva potesse esser nascosta, ma alla fine fu ritrovata, avvolta in alcune foglie ormai secche, nello zaino di uno dei guerrieri al seguito della spedizione.

La quarta spedizione fu quella indirizzata a Sud. Come è possibile vedere dalla mappa qui acclusa che lungo il viaggio ho modificato in base agli avvenimenti, la quarta ed ultima freccia è stata trovata nel punto indicato e cerchiato sulla stessa, tra le ceneri di una delle immonde creature”.

Il seguito della narrazione era piuttosto nebuloso e confuso.

"Ottenute di nuovo le quattro punte delle frecce, mi prodigai nello studio per la creazione del rituale d’imprigionamento degli Spiriti nel medaglione. Essi mi cercano, vogliono uccidermi, più volte hanno attentato alla mia vita in quest’ultimo periodo ma, fortunatamente, i loro poteri erano limitati drasticamente dalle punte delle frecce in mio possesso e mai riuscirono in questo intento. Ciò che non mi fu chiaro era il motivo per cui essi attentarono solo alla mia vita e non a quella di altri ma, dopo molte riflessioni, giunsi alla conclusione che il rituale per imprigionare gli Spiriti doveva esser fatto dalle persone che parteciparono al primo rituale. Nel caso ne fosse mancato anche soltanto uno il rituale avrebbe potuto avere serie complicazioni. Unica possibilità per diminuire i rischi di fallimento, secondo i testi da me studiati, pareva essere in caso di morte di chi aveva gestito il rituale durante la liberazione, la sostituzione del ritualista centrale con la prima persona che avesse toccato il medaglione dopo di lui. Il problema non si presentò, poiché ero ancora vivo al momento del compimento del secondo rituale".

La breve parte successiva, l'ultima, spiegava il modo per eseguire il rituale per l’imprigionamento.

"Come avvenne per la liberazione, per tentar di imprigionare i quattro Spiriti, dovevano esser recitate delle strofe dalle medesime persone che parteciparono al primo rito, posizionate negli stessi punti cardinali. Differenza importante, anziché star rivolti verso il ritualista centrale, essi dovevano dare a lui le spalle, guardando l'orizzonte verso i quattro punti cardinali. Nelle loro mani doveva esserci uno dei frammenti del medaglione recuperato nella giusta direzione. Il rituale aveva uno schema ben preciso che è riportato fedelmente nella pergamena che allego assieme alle mappe nel luogo più sicuro che io possa conoscere. Soltanto dopo il rituale, se i quattro frammenti si fossero riuniti al medaglione, si sarebbe potuti esser certi che il rituale era stato eseguito nella maniera corretta. Fortunatamente quando toccò a me por rimedio all'errore che avevo commesso liberando i quattro venti, tutto andò per il meglio ed ora il medaglione è nuovamente unito. Non è in mio potere però distruggerlo. Spero che chiunque lo ritrovi decida di legger questo tomo prima dell'azzardar il rituale. Già troppe morti ho causato con questo mio errore. La mia anima non potrà più riposare in pace.

Brindal"

Verde - Consigliere dell'Arcana Saggezza