LE GESTA DI LOT
Spada Benedetta - Nuovi Sentieri, Nuovi Arcani

La compagnia di Angeli ed Hobbit si trovò di nuovo nel luogo convenuto per partire, per percorrere un nuovo tratto dell'Albero della Vita e portare, così, a termine la loro missione.

Improvvisamente il disco della luna venne oscurato dalle nubi e, successivamente, una forte luce abbagliò i presenti, avvolgendoli completamente.

A poco a poco, questa poi scomparve ed i presenti si ritrovarono nel Giardino della Bellezza, dove la volta precedente avevano lasciato la Spada in custodia alla Shekhinà.

Infatti la trovarono lì, dove l’aveva lasciata Paimon, e dietro a questo giardino notarono un sentiero molto ampio.

L'atmosfera non era delle migliori, anzi era molto tetra, infatti, ben presto il percorso si rivelò per quello che era: delle croci apparvero loro, tombe, grotte e caverne era ciò che si stagliava davanti ai loro occhi man mano che andavano avanti.

La compagnia si aggirava unita, preoccupata e molto guardinga tra le tombe, chiedendosi come mai fossero finiti in un cimitero.

Il Senatore Paimon chiese alla Fata Sixie che carta dei tarocchi potesse rappresentare quel luogo ed ella rispose che si poteva trattare solo della carta della Morte.

In fondo al sentiero una sagoma si stava delineando ed il gruppo s’avvicinò di più per capire cosa potesse essere.

Quando furono davanti a quella che si rivelò essere una statua, alcuni di loro fecero un balzo accompagnato da un urlo, perché rappresentava uno scheletro orribile con una falce in pugno.

Attaccata alla falce stava una catenella spezzata che ciondolava al vento cigolando … probabilmente un tempo qualcosa era attaccato lì.

Si strinsero tra loro, mentre si guardavano intorno, notando da una parte una grotta e, dietro la statua, un grande cancello.

L'Arcangelo disse che dovevano stare tranquilli, sembrava che la statua li guardasse ed il continuo cigolare pareva un segnale, come se dovessero attaccare qualcosa a quella catena; anche il grande cancello, dietro la statua, rappresentava un enigma, come se richiedesse un lasciapassare, giacché non si apriva.

Guardando meglio scorsero sopra il cancello una scritta, mezza rovinata dallo scorrere del tempo:

"La via della Morte avete percorso, quanto tempo è ormai trascorso? La testa gli hanno staccato, ed ora il cancello è ancora sbarrato".

Cominciarono a scambiarsi le varie possibili soluzioni, ma poi notarono che la statua pareva guardare la grotta vicino a loro.

La Fata Sixie provò a sedersi dentro l'ultimo anello della catenella per vedere se riusciva a fermare il suo continuo ondeggiare e cigolare, ma con scarsi risultati: un forte vento la sbalzò via, come a fare capire che non era la mossa più adatta. Successivamente pensarono di mettervi il Senatore, ma, dopo poco, scartarono anche quest’idea. Decisero allora di andare a vedere la grotta, era vicina e la statua, in fondo, pareva guardarla.

La grotta si presentava buia, non vi erano luci all'interno e l'odore che ne usciva portato dal vento non era dei migliori. L'ingresso era ostruito da delle ossa, gli Angeli e la Fata illuminarono la propria aura e la grotta apparve vuota, con un grande foro al centro.

Si avvicinarono al bordo e videro che questo sembrava scendere sotto terra, si poteva notare una piccola scala di pietra che conduceva in basso.

L'Hobbit perse l’equilibrio e rotolò giù per la scala, mentre gli altri scendevano lentamente e la Fata volava, ma arrivati in fondo cozzarono contro qualcosa di duro.

Un silenzio surreale ristagnava nella cripta, mentre un fetido odore di morte s’innalzava intorno a loro.

Si guardarono intorno, un po' spaesati, la luce degli Angeli rivelò loro un panorama alquanto desolante e lugubre: ammassi d’ossa li circondavano e, al centro della cripta, giaceva un piccolo altare con sopra un teschio.

La compagnia si guardò intorno e poi tra loro, una cosa pareva chiara a tutti: toccare il teschio avrebbe voluto dire far scattare quasi sicuramente qualche trabocchetto, se quello era il teschio che stava appeso alla catena della statua.

La Fata Sixie ipotizzò che, forse, se avessero messo al posto del teschio un qualcosa d’eguale peso, non sarebbe accaduto nulla di grave.

Improvvisamente però si cominciarono a sentire degli scricchiolii sinistri, i presenti si voltarono e videro che le ossa stavano muovendosi da sole e prendendo forma; degli Scheletri si stavano ricomponendo ed alzando da terra ...

I volti di tutti erano abbastanza sorpresi e impauriti da quanto stava accadendo, l'Angelo Novecento presa la spada, tirò un colpo secco al teschio, facendolo rotolare via dalla specie d’altare dove era posato; purtroppo rotolò proprio vicino all'esercito di Scheletri che si era formato in quei pochi attimi.

Il Senatore Paimon afferrò subito il teschio, mentre gli Scheletri li guardavano minacciosi con occhi di fiamme.

Gli Angeli subito cominciarono a far brillare la loro aura, mentre brandivano le spade contro gli Scheletri che si stavano avvicinando, ma che di fronte alle luci indietreggiavano esitanti.

L'Arcangelo Halley disse che gli Scheletri temevano molto più il fuoco che la luce. Sentendo tale affermazione la Fata Sixie, Fata del fuoco, disse che poteva provare a creare dei fuochi illusori … magari gli Scheletri l’avrebbero bevuta e loro sarebbero riusciti a scappare indenni.

Gli Scheletri cadevano sotto i colpi di spada degli Angeli, mentre la Fata, aprendo una mano verso di loro, si concentrava per far scaturire una fiamma illusoria che solo loro avrebbero visto ... alcuni Scheletri disturbati dal colore rosso vivo delle sue ali si stava dirigendo verso di lei, ma l'Angelo Novecento prontamente riuscì a colpirli.

Gli Scheletri alla vista della fiamma s’impaurirono e gli altri cercarono di approfittare del momento per fuggire, prima che i nemici capissero che si trattava di un trucco.

Infatti non ci volle molto perché capissero, la fiamma illusoria non poteva durare a lungo, e ben presto cominciarono a non aver paura e ad avvicinarsi di nuovo al gruppo; inoltre anche dal terreno ora stavano cominciando a spuntare mani che tentavano di afferrarli per i piedi … dovevano fuggire via e in fretta.

Cercarono dunque di riguadagnare la scala, mentre gli Scheletri si riprendevano sicuri e degli Zombie uscivano dal terreno.

L'aria fuori dalla cripta era finalmente respirabile e pulita, Paimon osservando il teschio vide che aveva un occhiello sul capo, la catena continuava a cigolare e dalla cripta i rumori poco rassicuranti aumentavano … bisognava far presto.

Misero in fretta il teschio alla catena, pareva esser l'unica via d’uscita: aprire il cancello per poter fuggire, prima che Scheletri e Zombie li raggiungessero.

Infatti, fortunatamente, appena il teschio fu agganciato alla catena il cancello, cigolando, si aprì lentamente e la compagnia corse verso l'uscita, mentre alcuni Angeli li proteggevano brandendo le spade.

Quando tutti lo ebbero passato si chiuse alle loro spalle lasciando oltre le creature nemiche: il Sentiero della Morte era terminato.

Davanti a loro un altro sentiero in apparenza più tranquillo si aprì e apparve di nuovo la Shekhinà.

Ella li salutò, contenta di vederli sani e salvi, e disse: «Bene siete giunti alla Montagna dell'Anima. Quello che avete davanti è il Sentiero della Giustizia, così nominato perché l'Arcano che lo contraddistingue nei tarocchi è la Giustizia. Piccolo Hobbit … forse la cosa più brutta che può capitarvi è quella di dover fare i conti con voi stessi, ma di più non posso dirvi, solo questo: dentro ognuno di noi si cela la propria parte oscura e rendere giustizia a noi stessi è la cosa più difficile da fare. Ora andate ci rivedremo presto».

La Shekhinà scomparve ed il gruppo si rimise in marcia lungo il nuovo sentiero.

Ma ben presto si trovarono davanti a delle figure, che poi capirono esser i doppi di sé stessi, ognuno di loro aveva la propria copia identica davanti agli occhi.

Queste copie si mischiarono agli originali, creando non poca confusione tra i membri della compagnia.

Quasi tutti fecero dei gesti ritmici per vedere se il doppio faceva altrettanto; la Fata Sixie si chiese se i doppi fossero completamente uguali a loro, oppure contrari, come spesso accade guardandosi nello specchio.

Ogni doppio cominciò a dire che era lui il vero ed unico … ma anche i veri dicevano la stessa cosa; cominciarono ad urlare tra loro e la confusione che si creò era grande ... i due Paimon si studiavano silenti, poi, improvvisamente, cominciarono a prendersi a schiaffi. L’Arcangelo Halley cercò di dividerli, ma arrivò la Shekhinà che si mise di mezzo e disse: «Amici ora il vostro compito è di capire quale dei due è il vero Paimon. Badate bene … se indovinerete le copie scompariranno, ma se sbaglierete la copia di Paimon vi condurrà alla morte. La battaglia più difficile è quella contro sé stessi».

La Shekhinà aveva in una mano una corona di spighe di grano e, nell'altra, una Spada con l'elsa a forma di bilancia.

«Il vero Paimon, e solo lui, può toccare questi due oggetti. Il vostro compito è dirmi a quale dei due volete che io li doni. Allora valenti compagni … chi dei due è il vero Paimon?» la voce della Shekhinà era ora seria e ferma.

L'Arcangelo ci pensò su un attimo, poi afferrò il Paimon che stava pulendosi le mani sulla veste della Shekhinà, ricordandosi che nella cripta aveva espletato un “bisognino”. Gli calò i pantaloni e disse di dare a lui gli oggetti, perché quello era il vero Paimon.

La Shekhinà dopo aver udito le parole dell'Arcangelo, consegnò la Spada a Paimon; i presenti guardavano speranzosi la scena e la spada s’illuminò, i cloni sparirono e tutti esultarono di gioia.

Era il Paimon giusto, anche se in quel momento era mortificato dalla vergogna, ma non c'era altro modo per sapere quale dei due fosse il vero se non quello.

La Shekhinà disse poi loro di proseguire il cammino che presto si sarebbero rincontrati. Infatti si misero di nuovo in marcia lungo il sentiero, portando sempre con loro la Spada.

Presto giunsero di fronte al Tempio del Potere, Paimon camminava davanti a tutti brandendo la Spada e portando la corona di spighe in testa, come fosse un imperatore.

Davanti al tempio notarono due altari, uno aveva scolpita l'effige di una Spada e l'altro aveva sopra un trono in miniatura.

I compagni si guardarono, poi guardarono Paimon e ciò che aveva con sé. Gli dissero che l'unica cosa da provare era posare la Spada su un altare e sedersi con la corona in testa sul piccolo trono che - tra l'altro - era della giusta misura.

Paimon era titubante, non sapeva se ne era degno; ma la Fata Sixie lo rassicurò, dicendogli che se la Shekhinà aveva scelto lui per quei due oggetti sicuramente lo riteneva degno di tale prova.

Infatti la Spada s’incastonò perfettamente nell'effige riportata sull'altare, mentre Paimon sedeva egregiamente sul trono dell'altro.

Subito un cancello d'oro apparve aperto davanti a loro, decisero prontamente di entrarvi.

Dietro il cancello, un anziano vestito regalmente aspettava il gruppo; li guardò un attimo e poi parlò:

«Benvenuti nell'Arcano della Forza, di cui io sono il Sire. Cosa vi ha spinto fin qui?».

L'Arcangelo rispose che un cuore puro e coraggioso li aveva portati lì, spingendo l'Hobbit in avanti verso il Re.

Paimon disse che la Shekhinà li aveva fatti giungere lì attraverso il cammino dell'Albero della vita, poi gli mostrò la Spada.

Il Re disse che sarebbe stato lieto di farli passare il Sentiero della Forza, solo se in cambio gli avessero dato dell'oro e del miele.

«L'oro dovreste già averlo» disse loro «Il miele, invece, lo troverete dietro quella collina».

Indicò loro una collina in fondo al sentiero, ma aggiunse sospirando: «Per il miele … ahimè … un terribile Drago è a guardia degli alveari. A noi di questo regno non è concesso avvicinarci, pochi sono stati i coraggiosi che hanno intrapreso la sfida, ma sono tutti periti».

L'ora però era tarda, tutti erano molto stanchi e provati per le avventure appena trascorse; chiesero dunque al Re se era disposto ad ospitarli per la notte, la mattina dopo avrebbero affrontato il Drago per ottenere il tanto sospirato miele.

Il Re li condusse al suo castello e mostrò loro le stanze dove avrebbero potuto trovare riposo.

Sixie - Detentore dell'Antiche Tradizioni