Spada Benedetta - Prologo |
La vita scorreva tranquilla per l'Hobbit Paimon, dopo aver consegnato la Spada dell'Empio Potere al Conte.
Ma una notte il sonno dell'Hobbit era agitato, si rigirava in continuazione tra le lenzuola, fino a che, d'improvviso, si svegliò, sconvolto dalle immagini di un sogno.
La Signora, che già una volta era apparsa nei suoi sogni, era tornata, ordinandogli di costruire la prima Arma delle Razze: la Spada Benedetta.
Aprì di corsa il libro che da qualche tempo giaceva chiuso sul suo comodino e cominciò a sfogliarlo, le pagine, prima immacolate, erano di nuovo state scritte ...
Lì lesse le parole che la Signora gli aveva detto in sogno, la forma che avrebbe dovuto avere la Spada, le dimensioni, il metallo, e poi lesse anche che avrebbe dovuto condurla attraverso il cammino dell'Albero della Vita.
Se fosse riuscito a tornare con la Spada superando tutti i Sephirot, avrebbe potuto incastonare sull’elsa la prima delle pietre gemelle, il diamante; solo in seguito la avrebbe consegnata agli Angeli che avrebbero dovuto accompagnarlo ed aiutarlo durante il suo cammino.
Quindi riunì gli Angeli alla Rocca, pronti per partire per questa nuova avventura ...
Oltre a Paimon, giunsero gli Hobbit Petunia, Denteferox, la Detentrice dell'Arcana Saggezza Sixie, e gli Angeli Novecento, Adya, Dune, Nighteagle e la Consigliera dell'Arcana Saggezza Valuccia.
Paimon stava tranquillamente mangiando una mela mentre attendeva gli altri, la luna li guardava sorniona.
Finita la mela, aprì la sacca che aveva con sé e salì su di un masso, mostrando ai presenti il famoso libro.
«Vi ringrazio per essere venuti qua ad aiutare gli Hobbit. Vedete questo libro è molto importante per noi, abbiamo chiesto il vostro aiuto perché abbiamo una missione da compiere: portare questa Spada attraverso un cammino, il cammino dell'Albero della Vita. E' scritto qui, in questo libro. In passato tutto ciò che vi era stato scritto si è compiuto. Qui è scritto che solo voi Angeli potete aiutare noi Hobbit in quest'impresa».
Mentre Paimon parlava di fronte ai presenti la luce della luna indicò un sentiero, sembrava invitasse i presenti a percorrerlo ...
Il Primo Sentiero è chiamato Malkut, il Giardino delle Delizie.
L'Angelo Novecento si offrì di perlustrare in volo il percorso, ma un'ombra era ferma davanti all'inizio di questo, non permettendo a nessuno di passare oltre.
Paimon non se n’era avveduto e camminava, girandosi poi di scatto dopo esser stato richiamato da chi aveva veduto l'ombra.
Questa si rivelò essere una figura femminile, che stava in quel momento osservando enigmaticamente Paimon.
L'Hobbit si voltò verso il punto che gli veniva indicato e fece un salto indietro, notando finalmente la figura femminile.
La figura era una donna bellissima, che sembrava assorbire tutto il potere della luna, continuava a guardare impassibile Paimon, poi parlò, la sua voce era dolce e per nulla ostile.
«Benvenuti avventurieri ... Io sono il Femminile per eccellenza. Io sono la Sposa desiderata. Io sono la Shekhinà. E voi, chi siete? Chi vi ha fatto giungere fino al Sacro Sentiero?».
Alcuni la guardarono stupiti, facendo scorrere lo sguardo dalla donna a Paimon e viceversa; l’Hobbit si fece coraggio e le disse che dovevano passare perché avevano una missione da compiere.
Ma la donna rispose: «Per passare da questo sentiero dovete dimostrare di esserne degno».
Le ipotesi cominciano a correre tra i presenti, la Fata Sixie sussurrò ridacchiando a Paimon, che forse avrebbe dovuto sposarla giacché aveva detto di essere la Sposa desiderata.
Però poi vennero distratti dal fatto di esser degni o meno, cosa mai aveva voluto dire?
«Solo il Mago che è giunto alla conoscenza, può passare attraverso il Sentiero dell’Arcano: il Mondo». Le parole della donna erano sempre più misteriose; ella poi spostò il suo sguardo sull'Angelo Adya e sulla Fata Sixie, addolcendo l’espressione.
La Fata guardava la donna ripensando alle sue parole, poi parlò e disse che il Mondo ed il Mago erano due Arcani Maggiori dei tarocchi … poteva forse esserci un collegamento?
La Shekhinà attendeva una risposta da Paimon, mentre dalle ombre una nuova figura apparve: era un uomo, vestito di verde che si avvicinava velocemente ai presenti.
«Benvenuti stranieri ... benvenuti nel Sacro Sentiero. Io sono Mopia, il Mago che e’ giunto alla conoscenza. Voi volete passare da questo sentiero? Dimostratemi di esserne degni e vi donerò la mia bacchetta e la mia verde veste».
I presenti si volsero stupiti alle parole della nuova figura, mentre un'altra persona arrivava volando e travolgendo la Consigliera Valuccia; era l'Arcangelo Halley e per un attimo la luce della luna venne coperta dalle sue grandi ali.
Il Mago parlò ancora, distraendoli dal nuovo arrivato. Disse che avrebbe posto due indovinelli, se essi avessero trovato la soluzione sarebbero stati liberi di passare.
Tutti attendevano trepidanti l'indovinello e questo fu prontamente posto.
«Vedere non si può e neanche sentire, né fiutare e neppure udire. Sta sotto i colli, sta dietro le stelle ed empie tutti i vuoti, tutte le celle. Per primo viene, ultimo va, a vita e a riso termine dà».
Mentre tutti pensavano alla possibile risposta, improvvisamente Novecento esclamò: «Il buio!».
Il Mago sorrise perché la risposta era giusta.
Nel frattempo Paimon aveva strappato, con fare furtivo, una piuma dalle ali dell'Arcangelo e la aveva nascosta in una tasca, mentre attendevano il secondo indovinello.
«Questa cosa ogni cosa divora, ciò che ha vita, la fauna, la flora; i Re abbatte e così le città, rode il ferro, la calce già dura; e dei monti pianure farà».
Subito più voci si unirono in coro nella risposta: «Il tempo!». Questa volta era stato facilissimo giungere alla soluzione.
Il Mago sorrise nuovamente e disse che ora potevano passare; consegnò la veste verde e la bacchetta a Paimon e fece segno alla Shekhinà di spostarsi per farli passare.
Paimon tutto contento indossò subito la veste ed impugnò la bacchetta con un'aria molto regale; gli altri lo seguirono, ma la Shekhinà gli si rivolse, dicendo che aveva ancora una cosa da indovinare.
Tutti si voltarono - gli indovinelli erano due non tre - chiedendosi cosa mai potesse esserci ancora. Paimon la guardò trepidante, in attesa di sentire la richiesta.
«Paimon, dovete scegliere due dei quattro oggetti che ho in mano».
La figura mostrò quattro oggetti: uno in oro, uno in rame, uno in bronzo e un pezzo di pane.
«Dovrete scegliere due oggetti da dare alle Divinità che caratterizzano il Sentiero e due le restituirete a me» disse sogghignando.
Le voci si fecero concitate … Meglio oro e pane? Oro e bronzo? Pane e rame? Le ipotesi erano tantissime, ma l'Angelo Arbegas disse che la scelta era di Paimon e che il suo cuore avrebbe sicuramente fatto la scelta giusta.
Paimon disse sicuro: «Vi do il bronzo e il rame. Tengo l'oro e il pane!».
Mentre Paimon parlava un trotterellare allegro si sentì in lontananza; qualcuno si voltò e riconobbe da lontano Hursuss l'asinello.
Anche la Shekhinà lo notò e, dopo aver detto a Paimon che la prova era superata, si voltò con gli altri per guardare la simpatica creatura che giungeva.
La Shekhinà consegnò l'oro e il pane a Paimon, poi la compagnia proseguì il suo cammino lungo il Sentiero del Malkut, per arrivare al Secondo Sentiero: lo Yesod, la Valle Segreta.
Alla fine del sentiero si vedevano delle figure, figure strane che non risposero alle domande che venivano loro poste; in risposta tuttavia cominciarono ad impugnare le armi.
La Consigliera Valuccia sguainò la sua spada di luce e, alla vista di questa, le presenze indietreggiarono timorosamente.
Le figure erano tante ed armate, parevano non avere intenzione di far passare il gruppo; l'Arcangelo Halley mandò quindi in avanscoperta gli Angeli Arbegas e Novecento.
Le figure osservavano Arbegas, avanzando verso di lui, quasi a volerlo avvolgere nella loro ombra; egli aumentò la sua aura e le ombre a lui più vicine indietreggiarono, facendo cadere le armi che avevano in pugno, anche se quelle più indietro continuavano ad avanzare.
Un'ombra gridò agli Angeli di andarsene e che non sarebbero mai passati di lì; continuavano ad avvicinarsi a Novecento, ma questi li fronteggiava sicuro ... stavano cominciando ad irritarsi per la luce che emanava.
Le ombre man mano che la luce degli Angeli aumentava, gridavano … non volevano farli passare, ma non resistevano alla vista della loro luce.
Le urla agghiaccianti delle ombre, invasate dalla luce angelica erano cariche d’odio, paura, angoscia e morte ... come se mille voci venute dalle Tenebre, fossero state improvvisamente costrette a vedere la Luce.
Ora le ombre stavano tentando di avvolgere Novecento tra le loro spire; l'Angelo pareva quasi offrirsi a loro. Le ombre puntavano le loro spade contro di lui, ma egli continuava a ripetere che loro giungevano in pace e le ombre non potevano fare a meno di indietreggiare ... accecate da quella luce che gli Angeli e la Fata stavano emanando.
Urla terribili riecheggiavano nell'aria ... emesse dalle ombre mentre stavano cominciando a sparire, diventando polvere. L'esercito d’ombre ormai si stava dissolvendo nel nulla.
Rimase di queste solo il ricordo delle loro urla, tanta polvere per terra ed un recipiente a forma di camelia, che fu raccolto da Paimon, mentre tutti incuriositi gli si avvicinavano.
Lo aprì e vide che conteneva oro e mercurio, separati da una membrana; molte le domande che si ponevano i presenti … a cosa servissero e perché erano rimasti a terra al posto delle ombre un metallo solido ed un liquido, entrambi preziosi.
Il sentiero ora era libero e di esso finalmente s’intravedeva il termine.
Alla fine si trovava la Casa degli Incantesimi e, davanti a questa, di nuovo la Shekhinà.
Ella fece cenno a Paimon di avvicinarsi a lei.
«Avete avuto molto coraggio se siete riusciti ad arrivare fin qui. Credo che voi abbiate qualcosa per me, piccolo uomo». Poi, indicando il contenitore con la mano, continuò con tono serio dicendo: «Per passare dovete consegnarmelo e sappiate che ciò che mi offrite adesso, io ve lo restituirò nel momento del bisogno».
L'Arcangelo Halley la guardava un poco dubbioso; Paimon scorreva lo sguardo tra i due, chiedendosi cosa dovesse fare, se consegnarle o meno l'oggetto.
Ma la Shekhinà parlò ancora: «Angelo non voglio farvi del male, ma state attraversando i Sephirot, ove ogni Sentiero pretende qualcosa in cambio per essere attraversato».
La Fata Sixie mormorò che era meglio dargli ciò che chiedeva, in fondo l’avrebbero ritrovata se diceva che l’avrebbe restituita.
La Shekhinà si voltò verso la Fata sorridendo: <<Certo. M’incontrerete ancora … E’ un lungo viaggio quello che vi attende, i pericoli e le sorprese non sono finite. Io vi aiuterò quando posso, ma ricordatevi che state attraversando l'Albero della Vita. Adesso coraggio, consegnatemi gli altri due oggetti e proseguite il vostro cammino che è ancora lungo>> concluse osservandoli con gli occhi coperti da un velo di tristezza.
Paimon si decise e consegnò l'oggetto a forma di camelia alla Shekhinà.
Ella sorrise al piccolo Hobbit: «Siete saggio, non sfidate l'Albero della Vita. Ora andate, ancora una prova vi aspetta oggi, forse la più difficile di tutte per questa parte di sentiero».
Il gruppo si rimise in viaggio; man mano che avanzava il vento si faceva sempre più forte, mentre il sentiero era illuminato da mille luci ... l'aria, nonostante il vento, era caldissima; le folate sferzavano i presenti che, impavidi, proseguivano per la loro strada.
Da lontano s’intravedeva un fuoco; più si avvicinavano ad esso, più si sentiva il crepitare delle fiamme e l'acre odore del fumo. In mezzo a questo giaceva un cancello enorme; ai due lati una torre bianca ed una nera … tutto intorno solo fuoco e vento.
Il caldo era insopportabile e l'ululato del vento fortissimo; accanto al cancello scorsero una bilancia, sopra questa una scritta: "Il cancello si aprirà solo se l'aria avrà, da una parte il vento forte, dall'altra il fuoco e la sua sorte".
L'Angelo Arbegas osservò intorno, poi chiese che il piccolo Hobbit e la Fata si avvicinassero a lui.
L'Angelo Novecento pensò che su un lato andasse il mercurio: il lato del fuoco, visto che era liquido e che quindi non avrebbe cambiato la sua forma.
Gli Angeli provarono a contrastare il vento con le loro ali, ma non ci riuscirono era troppo forte, tanto da piegarle.
Ad un certo punto Paimon prese la piuma e la posò sul piatto della bilancia; in quel preciso istante il vento smise di soffiare.
L'Angelo Novecento vide un pezzo di legno a terra, rifletté un attimo e lo posò sull'altro piatto della bilancia, così anche il fuoco cessò.
La piuma dell'Angelo, simbolo dell'aria, ed il legno, simbolo del fuoco, fecero sì che l'incantesimo venisse spezzato: il portone si spalancò davanti ai presenti stupiti.
Dopo il cancello apparve un sentiero, in fondo a questo si trovava il Giardino della Bellezza. Li trovarono ad attenderli, come sempre, la Shekhinà.
L'aria era serena nella notte e la luna risplendeva, illuminando lo splendido giardino, la Shekhinà sorrise alla compagnia che avanzava.
«Ci siete riusciti. Avete superato anche l'ultima prova. Sono fiera di voi!» disse «So che siete stanchi». Poi, rivolgendosi a Paimon: «Posate il vostro prezioso fardello nei giardini, conficcate la Sacra Spada nel terreno ... Dovrà restare qui un po' di tempo. Qui è al sicuro. Ma ricordate che il vostro viaggio non è terminato; ora tornerete nelle vostre case, ma presto ci rivedremo. Io proteggerò la Spada Benedetta in vostra assenza, valorosi compagni».
La Shekhinà alzò le mani sui presenti, questi immediatamente si addormentarono e, quando si destarono, erano di nuovo a Lot, presso la Rocca. Decisero quindi di tornare alle loro case in attesa del prossimo viaggio.
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Sixie
- Detentore dell'Antiche Tradizioni |
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