Affezioni della mente e del corpo
È proprio dei Saggi argomentare, anche solo con se
stessi, intorno a temi che possono sembrare futili, ma solo
all’apparenza.
Specialmente in questa stagione, quando la carezza ruvida
del gelo allontana i passi dalle strade e le mani ambiscono
alla confortevole vicinanza del focolare, il frusciare di
antiche pergamene si può trasformare nel crepitio
di un piccolo fuoco che non tarda a diventare incendio.
Fiamme alimentate non da secchi rami ma da nere parole,
che scaldano la mente e non le membra.
Le frasi lette in due dei manoscritti pubblicati in questo
numero della Pergamena mi furono dunque esca e acciarino.
Entrambi fan parte della gloriosa Storia di Lot, ma il primo
parla della Grande Epidemia che quasi distrusse il piccolo
popolo dei Folletti e piegò l’orgogliosa stirpe
dei Mannari, il secondo porta il titolo “Stranieri
in patria” e narra di una ferita ancora aperta: la
nuova identità dell’Augusto Conte Thorm. In
entrambi i racconti si parla di malattie, nell’uno
del corpo e dell’altro dell’anima.
Ma cos’è preferibile? La febbre che arde la
gola, accelera il battito del cuore, ci scuote di brividi
sotto le coltri e ci lascia spossati, con le ossa dolenti
e gli occhi spalancati, o il morbo che come parassita s’insedia
nella mente e lì compie il suo oscuro ed esecrabile
lavoro, non visto e non sentito, e produce anch’esso
lacrime, dolore e lutti, pur senza i segni esteriori e visibili
del contagio?
È meglio soffrire nel proprio giaciglio sudato, perigliosi
agli altri solo per l’inconsapevole e indesiderato
contatto, e infine nel peggiore dei casi perire innocenti,
o non provare alcun dolore ma infliggerne causando esili,
stragi e carestie?
La risposta è evidente per chiunque non abbia a cuore
l’isola meschina della propria esistenza più
della sopravvivenza stessa del Granducato, dei suoi valori
e delle sue leggi. In altre parole della sua e della nostra
discendenza.
Per questo intingiamo le penne nel consolante inchiostro
della Speranza, e ci affidiamo ancora una volta all’insegnamento
della nostra Maestra, la Storia, affinché ci illumini
la via e suggerisca alle menti e gli animi, con la forza
inesausta dell’Esempio, i pensieri e le azioni che
portino a un Avvenire degno del ricordo e immune dal biasimo
e dal rimpianto.