RACCONTO DEL MESE
Il Drago d’argento e la Fata d’oro

Conosco Lady Melusine du Lac si può dire dal momento che sono giunta a Lot; l’ho conosciuta in un modo strano, legato strettamente alla Gilda alla quale appartengo.

Era da poco stato nominato Sommo Detentore Althair ed io volevo fargli un dono, così, passando per la Masseria ho incontrato lei.

Da allora le strade di Lot ci hanno sempre visto camminare insieme.

Quando mi disse che voleva far parte della Gilda dei Signori dei Draghi della Luce ho avuto un mancamento; come può una Fata avere una qualche compatibilità con un drago?

Eppure la vidi così decisa che sempre la sostenni, lodando i traguardi che pian piano raggiungeva.

Finché un giorno mi disse: «Myriam, ho un Drago per compagno».

Io la guardai sbalordita e lei, sorridendo, confermò quello che io, speravo, di aver capito male.

Gli chiesi come si chiamava e lei mi rispose: «Mistral».

Eravamo tutte e due nel salone del Senato dell’Accademia delle Razze quel giorno, mi sedetti e la pregai di raccontarmi del loro incontro.

Così Melusine, la Fata dorata come il sole, iniziò a raccontare:

«Mi piace volare.

Mi è sempre piaciuto … quando apro le ali e sfioro le nubi mi sembra di raggiungere quella smemoratezza felice, quella dimenticanza di sé che sono, per noi Fate, la vera essenza della felicità.

Mi piace farlo al mattino, quando l’alba ha appena iniziato a colorare di sfumature rosee e violacee i bordi delle nuvole, e l’aria punge lievemente, con dita sottili, la mia pelle.

C’è un luogo dove sosto sovente a pensare, a cantare o semplicemente a guardare la luce che muta i contorni delle cose man mano che avanza: un picco montano, ornato di cristalli di ghiaccio che, a volte, splendono come diamanti dimenticati, affacciato su un lago incoronato d’olivi tremuli ed argentei nella prima luce del mattino. Lì non c’è mai nessuno.

A parte quel giorno.

La figura era alta ed elegante, forte e snella ad un tempo, i lineamenti elfici sottili ed arguti, le sopracciglia inarcate in quella posizione tra il trascurato ed il beffardo che, spesso, gli Elfi sanno prendere quando incontrano altre creature. Ma non era un Elfo, certamente no.

E poiché sembrava davvero volermi beffare, sorridendo tra me, decisi di lasciarlo giocare.

"Chi sei bambina? Cosa ci fai in un luogo così silenzioso, appartato e lontano dal mondo?".

La sua voce era un rintocco lontano.

Mi volsi lentamente ad osservarlo, chinando il capo su una spalla.

"Mi chiamo Melusine, la Fata, e sono colei che osserva. E voi chi siete?".

"Sono un Elfo Silvano e mi …".

"Non siete un Elfo Signore" sorrisi lieve "No certamente. Potete apparirlo, ma i vostri occhi hanno veduto più di quanto vedano gli occhi pur saggi di un Elfo ed i vostri sogni camminano su sentieri che gli Elfi non percorrono".

"Sei davvero quella che osserva piccola Fata" rise di gusto "Ma non mi hai detto cosa fai qui, lontana dal mondo e dalle persone".

"Non fuggo il mondo Signore, né me ne allontano a lungo credimi. L’amo, dell’amore forte di una creatura che lo vede volgere lentamente le sue storie come il filo sull’aspo, e che ne sa amare le risate, la gioia, la crudeltà e le lacrime. Tutto del mondo è un gioiello raro e prezioso ai miei occhi.

E se mi trovate solitaria, è solo perché amo ripensare a ciò che ho veduto e appreso".

Si sedette disinvolto al mio fianco e levò il volto dal bel profilo di falco a fissare il globo del sole che pareva incendiare le cime degli ulivi.

"Davvero ami il mondo? Ed è perché lo ami che sulle tue spalle scintilla un arco d’argento? Se davvero ami ed accetti il mondo, perché senti il bisogno di un’arma?".

"Amo il mondo per ciò che è Signore. Nulla di meno, ma nemmeno nulla di più. Ed è perché lo amo che accetto i suoi limiti e tento di porre rimedio alle sue debolezze dove posso. Ed è perché ne faccio parte che lo comprendo ed agisco di conseguenza".

Accarezzai con una mano distratta l’arco d’argento che pendeva al mio fianco.

"Colei che osserva, raccontami del mondo. E’ molto tempo che i suoi rumori non mi giungono e vorrei capire se, davvero, vale la pena di tornarvi" disse lui.

"Per quanto io possa raccontarne, parlarne, cantare ed intessere danze, come potrei rendere appieno ai vostri occhi, mio saggio amico, la sua pienezza? Venite con me, nel luogo ove vivo, e ve ne farò conoscere le bellezze e la desolazione. Perché non credo, Signore, che qualcosa possa sfuggire al vostro sguardo" risposi.

"Sai adulare bambina, ma sai anche chiedere con grazia. Le persone della mia razza" sorrise "alcune soprattutto, potrebbero amare qualcuno come te e gioire della tua presenza. C’incontreremo là dove vivi all’alba di domani, piccola Fata, e m’insegnerai il mondo".

E così bruscamente mi lasciò, scomparendo presto alla mia vista e dirigendosi ancora più in alto sul monte.

Attesi quieta alle porte del Granducato, il mattino successivo, ma quella voce profonda e risonante mi fece lo stesso trasalire.

"Eccomi bambina. Ho mantenuto l’impegno e anche tu, vedo. Me ne compiaccio".

"Signore, per quanto possa piacervi chiamarvi bambina e per quanto io stessa possa apparire giovane ai vostri occhi, sappiate che non siete il solo ad ammantarvi d’illusioni. Posso sembrare giovane, ma non è così. Ho vissuto lunghi anni, ed ho veduto molte cose ed altrettante ne ho apprese. Forse più di chi vive su picchi montani lontano dal mondo. Io vi rispetto Signore ed altrettanto rispetto vi chiedo".

"Comprendo Fata" rispose il mio elfico accompagnatore, mentre un lieve sorriso gli sfiorava appena gli occhi.

Così iniziammo a vagare per le strade della città, testimoni silenziosi della vita che si svolgeva, delle battaglie e degli amori, dei pianti e delle risate.

Sulle sponde di un lago ci fermammo ad osservare:

"Guardate Signore, le Sidhe danzano nel Cerchio come fiamme di una candela, mentre attorno a loro gli uomini attendono stupefatti di essere scelti, senza sapere che la Danza delle Sidhe è un gioco pericoloso...".

Dall’ombra del cappuccio una Maga Nera ci osservava avanzare ed i suoi occhi carichi di rancore ci seguivano a lungo.

"Non credo tu le piaccia, Fata" mi sussurrò divertito il mio cavaliere.

Scrollai le spalle "Forse no, ma potrebbe avere qualche cosa da insegnarmi e certo io avrei qualche cosa da imparare. Accetto la sua natura finché non reca danno, dovessi combatterla la combatterei senza paura".

Una ronda di Leoni ci sfiorò mentre percorreva la strada verso il Tempio, sembrò non avvedersi di me e del mio cauto compagno.

"Difendono la città ed inseguono ideali di cavalleria ed eroismo" commentai sorridendo "Ma, a volte, temo non conoscano l’equilibrio che dovrebbe regnare sovrano nel mondo".

"E tu Fata? Cosa fai in questa città così ricca di persone e di sentimenti?".

"Io sono quella che osserva Signore. Per questo trascorro parte del mio tempo tra le volte del Senato delle Razze, osservando, imparando e catalogando".

"E quando non studi Fata? Perché non sembri una fanciulla che voglia passare il suo tempo solo tra volumi polverosi e studi. Una Fata senza sogni? Io non lo vorrei pensare".

Sorrisi e guardai lontano ...

"Avrei un sogno Signore, un sogno caro al mio cuore. Vedete gli emblemi che porto?".

Così dicendo mostrai la mia cintura, sulla quale splendeva lo stemma dei Signori dei Draghi della Luce.

"Ammiri i Draghi, Fata? Le creature di leggenda e terrore? D’infinita saggezza ed immenso potere?".

"Li amo e li ammiro Signore, per questo amo ed ammiro voi".

"Mi hai riconosciuto quindi".

"Io credo che voi abbiate scelto di farvi riconoscere e che abbiate goduto di questo piccolo gioco che insieme abbiamo fatto, ma, in verità, ho sempre saputo chi eravate, mio Signore e mio caro amico".

"Sai anche perché sono qui dunque?" il Drago mi guardò con occhi d’Elfo brillanti d’arguzia ed il lieve splendore argenteo dei suoi capelli scintillò alla luce del sole che sorgeva.

"Io credo che voi siate qui per dare una risposta a molte domande, Signore. E la prima domanda che vi ponete, è chi siete davvero".

"Così è amica mia. Io non sono colui che osserva e riflette, sono colui che agisce e si avventa, sono quello che usa la mente come una spada agile e gli artigli come frecce. Ma, amica mia ... non sono altro e non mi basta".

"Io credo Signore, che ciò che vi manca sia qualche cosa che hanno tutte le creature di questa terra. Il desiderio di appartenere ad un luogo, ad un popolo, ad un cuore. Mi sbaglio?".

"Non sbagli. E credi che lo potrei trovare?".

"Fatevi vedere nelle vostre vere sembianze, mio Signore, mio caro, amico mio".

Lentamente, la gentile forma elfica parve vibrare nell’aria e dissolversi, mentre il Drago d’Argento scintillò poderoso ed elegante di fronte a me.

Il sole traeva mille scintille trionfanti dal corpo della grande creatura, che alzava fieramente il capo verso il cielo, per poi chinarlo ad osservarmi, con occhi colore della turchese più rara.

"Io credo mio Signore, che avete il diritto di esigere per il vostro cuore ciò che il vostro cuore desidera ed, insieme, avete il dovere di far sì che la luce che illumina le vostre ali divenga la luce della giustizia e della verità".

"Così sia dunque, amica mia … ma manca qualche cosa".

M’inchinai tremando leggermente di fronte alla possente creatura, quindi sciolsi il nastro d’argento che tratteneva i miei capelli e lo cinsi al collo del Drago.

"Ti chiamerò Mistral. Perché come il vento sei impetuoso e sincero, e perché come quel vento, a dispetto di tutto, sai scaldare il mio cuore".

"La mia vita per la tua vita".

"Il mio onore per il tuo onore".

"La mia morte per la tua morte".

"La mia forza per la tua debolezza".

"La mia comprensione per il tuo orgoglio".

"La mia saggezza per le tue illusioni".

"Il mio equilibrio per il tuo furore".

"La mia vendetta per la tua vendetta".

"Sia!".

Ascoltai fino all’ultima parola questo racconto con gli occhi gonfi di lacrime ed un tumulto d’emozioni nel cuore.

Per lunghi giorni attendemmo che i Signori dei Draghi della Luce assegnassero Mistral ufficialmente alla Fata che aveva saputo riconoscerlo.

Finalmente il 6° giorno, del 7° mese, del V anno dalla fondazione del Granducato, Lady Sophia, l’Araldo dei Draghi, ai Giardini delle Delizie, iniziò la cerimonia che sanciva l’impegno di Melusine di unire il proprio destino a quello del Drago che avrebbe scelto, oltre che sancire il desiderio del Drago di unire il proprio destino a quello dell'Artiglio.

Dopo aver domandato all’Eletto del Drago d’oro se la Fata era pronta per questo momento ed aver avuto conferma da Lord Bu, Lady Sophia chiese a Melusine di richiamare il Drago.

La Fata estrasse un flauto d’argento e suonò un’unica nota che rimase sospesa nell’aria.

Immediatamente dopo le rune incise sullo strumento iniziarono a brillare d'un colore rosso intenso e tre piccoli punti apparvero all'orizzonte, avvicinandosi ed ingrandendosi a velocità spaventosa.

Un Drago d’argento scese dal cielo e pronunciò queste parole: «Così sia, per il volere di Harsgalt» poi si mise a quattro zampe.

I tre puntini diventarono velocemente visibili, erano tre Draghi, uno di Terra, uno di Fuoco ed uno di Luce. Si portarono sopra i Giardini ed iniziarono a scendere, facendo dei grandi cerchi spiraleggianti. La nota del flauto ebbe un tremore, le rune diventarono d'un tratto più opache e poi nere; i Draghi sembrarono quasi, per un terribile istante, precipitare al suolo, ma tutto durò un secondo e non di più … le rune riacquistarono il loro colore rosso splendente ed i tre Draghi atterrarono ai Giardini, osservando freddamente l'Artiglio.

I tre Draghi, parlando come una sola voce, dissero: «TOH EWEPBOH OMH DUNQEHPUH».

Al centro del cerchio formato dai tre Draghi compare un quarto Drago, ben più piccolo e meno maestoso dei tre.

Il Drago d'argento si guardò un momento intorno, emettendo un sordo ringhio, poi fissò l'Artiglio.

Lady Sophia diede al Drago d’argento il benvenuto da parte dei Signori dei Draghi della Luce.

«Così sia, per il volere di Harsgalt» ripeté, ancora una volta, il Drago lucente.

Poi l’Araldo dei Draghi chiese sia all’Artiglio che al Drago con quale nome, nella lingua comune, venisse riconosciuto ed, all’unisono, risposero: «Mistral».

Poi la Fata ed il Drago si scambiarono pubblicamente quello stesso giuramento che avevano pronunciato quando si riconobbero la prima volta e l’Araldo dei Draghi disse: «Invoco il Sacro Drago della Luce, perché vi guidi e vi sostenga, proteggendovi dal tradimento e dalla menzogna. Che il vostro legame sia forte come un artiglio di Drago, sincero come il suo sguardo, felice come la sua risata. Quello che il Myador della Luce ha sancito, solo il Myador della Luce potrà sciogliere».

All’improvviso i tre Draghi di Terra, Fuoco e Luce fissarono per un momento il Drago d'argento e l'Artiglio, poi si alzarono e spalancarono le grandi ali: «ATTENTI !! Poiché il MALE si sta destando di nuovo e ne sarete colpiti». Dopo aver pronunciato queste parole si allontanarono ad una velocità impressionante.

Dopo essermi complimentata con il Guardiano dei Draghi, nonché Senatore, Melusine ho visto la Fata salire su Mistral e dirigersi con lui verso il Picco dei Draghi.

Non so quando i miei occhi si abitueranno di vedere la mia cara amica, la piccola Fata d’oro, su un Drago d’argento … forse il giorno che deciderò di indossare meno di cinque gonne.

Myriam - Sommo Detentore dell'Arcana Saggezza

Con uno speciale ringraziamento a Milady Melusine du Lac e a Mistral il Drago d’argento.