cap.9
Anno V / mese 4 / Giorno 19
Altre congetture non meno plausibili
Da parte dei Druidi:
I trenta cristalli di cui disponiamo sono sicuramente rappresentativi dei concetti fondamentali della tradizione druidica e degli elementi
naturali che maggiormente teniamo in considerazione. Infatti, in base tre abbiamo: gli alberi con le loro parti (radici, tronco, rami), le
tre componenti dell'uomo (spirito, corpo, mente), i tre volti della Dea (vergine, madre, saggia), i tre elementi dell'universo e,
probabilmente, anche le tre lettere che compongono la parola LOT.
Ad ogni lettera Ogham, corrisponde un elemento, che opera ai vari livelli dell'essere. Le loro peculiarità sono ben distinte perché operano
a livelli superiori: le piante rappresentano l'equilibrio delle Forze, gli animali rappresentano la parte mobile ed energetica dell'essere e
gli Dei rappresentano l'Astrale, corpo - anima - spirito. E' l'energia che da eterea prende forma. I tre elementi operano un interscambio
energetico su fasce differenti dell'Essere Umano: il risultato sarà efficace poiché sappiamo che nessuna parte del nostro essere è separata
dal resto.
Anche l'alfabeto è suddiviso in tre parti chiamate "aett". Casualmente ogni simbolo runico, identificabile nelle lettere che compongono la
parola LOT, appartiene ad un aett differente e simboleggia una parte differente.
Al primo aett, che prende il nome da Fehu, Dio della fertilità, appartiene il simbolo KANO: simboleggia la guarigione.
Al secondo aett, che simboleggia le ricorrenti forze distruttrici della natura, appartiene il simbolo NAUTHIZ. Ritardi e problemi di salute
sono solo alcune delle possibili difficoltà che esso preannuncia.
Al terzo aett, che rappresenta sia l'illuminazione e sia i valori, appartiene INGUZ foriera di nuovi inizi. Questa runa indica il togliersi
un peso dall'animo alla fine di una situazione rischiosa.
<< Troverai più nei boschi che nei libri. Gli alberi e le rocce t'insegneranno le cose che nessun maestro ti dirà >>.
***
Da parte degli Oscuri Stregoni:
Gli Eversores, con la collaborazione delle Guide e la protezione dei Mercenari, comandati da Dreiken, si sono riuniti in una radura ai piedi
della rocca al fine di trovar risposta e soluzione.
Estratti i cristalli dal loro involucro e posti su un panno, da Lain01, essi colpiti dai raggi lunari rivelarono un’inaspettata
luminescenza. Osservandoli meglio alla luce del fatale astro rivelarono tre chiari simboli: una corona cinta di rose bianche, uno specchio
piangente sangue e una rosa blu.
La nostra interpretazione fu che essi fossero rispettivamente simboli di purezza, dannazione, coraggio con conseguente collegamento alla
relazione tra la dea Themis e la nostra dannazione attraverso la condanna di
Veddartha.
***
Da parte del mondo dell'aldilà, dove ognuno di noi non ha alcun potere d'intervento.
Questa notte la Domina Veddartha mi è apparsa in sogno ... più bella e folgorante che mai. Sembrava emanare
un'energia più intensa rispetto alla volta che l'ho incontrata nelle terre di Kmuth.
Stava camminando fra le strade di Lot, alla fioca luce della falce di luna; nel sogno ho deciso di seguirla. Fra i vicoli della città l'ho
vista prosciugare i corpi dei Vampiri che incontrava; li faceva avvizzire fino a farli andare in torpore. Arrivata di fronte alle Caverne si
è voltata e mi ha guardata dicendomi:
<< Con il sorgere delle stelle, un passo avanti verrà fatto ... annuncialo >>.
Si è poi messa a ridere malignamente e quindi è svanita all'improvviso, lasciando il segno inciso di un verme sulla nuda roccia sotto i suoi
piedi.
Rettore Accademico, Lady Biba.
***
Questa mattina mi sono svegliato madido di sudore, come un animale che aveva corso per decine di chilometri in mezzo a quella notte.
La sera era trascorsa tranquillamente e mi ero ritirato molto tardi grazie alla luce che regna per maggior tempo sulle tenebre, essendo le
giornate estive più lunghe.
Pochi istanti, il tempo di sdraiarmi, concedere un pensiero a Themis e spegnere la candela.
Non so quanto durò il sonno tranquillo, ma ricordo molto bene quell'incubo:
<< Era notte anche là, in quel luogo dove il tempo non ha valore e la vita è un'altra e non ci appartiene. Il cielo perde la sua profondità
e si materializza facendosi toccare da noi. Le nuvole sembrano potere sorreggerci e il sole non brucia, mentre la luna ci parla.
Bussarono alla porta della mia magione. Io, seduto allo scrittoio stavo consultando alcune carte riguardanti l'attentato d’alcuni giorni
prima fatto al mio Sommo, Lord Althair, nella Piazza del Mercato.
Un Goblin, servo di Honorius, lo attaccò all'improvviso per strappargli dalle mani alcune pergamene ed il Sommo le difese con il proprio
corpo a costo delle vita; solamente l'aiuto del confratello Difensore Veladrin e d’alcuni Cittadini presenti salvò il Sommo da morte certa.
Entrambi finirono in Ospedale, gravi ma, per fortuna, grazie ai Cerusici e al volere di Themis la loro vita non fu interrotta.
Dunque mi stavo girando fra le mani le testimonianze di chi era stato presente quel dì all'aggressione, che udii bussare alla mia porta.
Fu un battere strano, non familiare ed inconsueto.
Mi alzai ed andai a vedere chi fosse a quell'ora di luce oscura.
Chiesi, ma nessun rispose.
Domandai nuovamente, ma di nuovo alcuna risposta ...
Mi feci coraggio ed aprii leggermente l'uscio; constatando che non vi era nessuno, nell'immediato passo, spalancai l'anta ed affacciandomi
guardai fuori.
La strada era deserta, la fiamma della lanterna brillava in alto, tremando ... come la mia mano.
La vestaglia di stoffa orientale, che uso stando in casa la sera, ondeggiava con il leggero vento che passava su Lot. Un vento caldo,
diverso da quello che aveva accompagnato la serata passata a chiacchierare con la compagnia della Piazza.
Assicuratomi che nulla e nessuno mi avesse raggiunto richiusi la porta, ma con uno strano pensiero che mi ronzava nella mente.
Non feci a tempo di voltarmi, lasciando l'entrata serrata alle spalle, che di nuovo sentii bussare.
Arrestai il rumore delle mie ciabatte sul pavimento fatto d'assi di legno, scombinate e cigolanti in alcuni punti.
Guardai il soffitto e poi la finestra e tornai leggermente indietro.
Chiesi nuovamente chi fosse ma, mentre stavo per aprire ancora una volta la porta, la maniglia cominciò a sciogliersi nella mia mano;
divenne viscida, inconsistente ed io ritirai il braccio immediatamente.
Essa non era più il solito pezzo di ferro arricciolato in punta, ma un verme schifoso che si muoveva con le sue innumerevoli anse nelle
altrettante sue innumerevoli sezioni del corpo.
Feci un balzo arretrando di alcuni passi, anche la porta cominciò a sciogliersi ed il legno a diventare come una forma di formaggio bacato.
Tantissimi vermi, più piccoli spuntarono ovunque, dirigendosi verso quello che aveva preso il posto della maniglia: quest'ultimo sembrava la
loro madre, da com' essi lo tenevano a riferimento.
Si appallottolarono tutti intorno ad essa, un brulichio informe d’immonde creature.
La porta era ancora là a serrare l'entrata, ma era ormai divenuta trasparente ed era possibile vedere l’esterno; fu proprio all'esterno che
apparve un essere femmineo, capelli rossi e sguardo accecante, mani lunghissime, pelle bianca come il latte ed un sorriso maligno nel volto.
Tese il braccio, avvolto in un vestito di seta nera e prese in mano quella palla di vermi con al centro quello più grande che tirava su la
testa, come per respirare.
Ero terrorizzato nell'incubo e fradicio di sudore nella realtà.
Furono pochi istanti? Furono molti minuti? Non so, non so proprio dirvelo, ma quella "dama" mi guardò e scoppiò in una fragorosa risata.
Guardò le pergamene sul tavolo con la coda dell'occhio poi me, con scrutare profondo.
Ad un tratto mi gettò la palla di vermi che io per istinto, e non certo per voglia, parai con il palmo d’entrambe le mani; quando essa fece
per toccare la mia pelle, prima ancora di sfiorarla, scomparve e restò un lungo dente che compresi subito essere il classico canino di un
Vampiro.
Alzai lo sguardo e di essa non v'era più alcuna traccia: scomparsa con tutti i suoi vermi.
Il dente prese a cambiare colore: prima giallo ... rosso ... e infine nero, come la morte.
L'osservavo e non avevo coraggio di buttarlo in terra, ma mi faceva paura tenerlo in mano.
Lo presi con la punta delle dita e lo accostai alla vista. Cominciò a muoversi ad arrotolarsi su se stesso: a trasformarsi in verme.
Lo gettai lontano e prima che toccasse il suolo esplose schizzandomi la vestaglia di sangue; m'irrorò il viso, la bocca, le mani ... tanto
sangue da un così piccolo verme? Il ribrezzo mi paralizzò e sprofondai nel sonno di un incubo >>.
Ricordo il balzo che ho fatto nel letto e la coperta che è volata via, librando nell'aria come quel vestito di seta nera.
Ecco miei lettori questo è ciò che mi ha avvolto questa notte; non so se per i tanti discorsi che in questi giorni riempiono le strade di
Lot riguardanti i Vampiri e il verme di Kmuth, oppure perché forse è giunto il momento che ... qualcosa stia per accadere.
Padre Brown, Conservatore della Storia Secolare