Ritorno a Krynn - Battaglia al Portale
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L’alba scostava con le sue pallide dita le foglie della foresta, giungendo a sfiorare i corpi dei dormienti con una tiepida e luminosa carezza. Il suo tocco gentile trovò due occhi già spalancati.
Elijah, Dol Atar degli Elfi Kagonesti, aveva passato la notte rivivendo gli avvenimenti che avevano portato lui e la spedizione di lottiani in quella radura, lontano dal Granducato.
Rivide la sua partenza, alla ricerca dei confratelli che non giungevano più nelle contrade di Lot. Risentì le parole di Kalash, Capo degli Elfi Kagonesti ribelli, che gli parlava della fuga verso la Valle dei Silenzi Perfetti, luogo dove tutti i Kagonesti avrebbero trovato l’agognata pace.
Ed ora erano qui, a pochi passi dalla soluzione del mistero.
Il grande Drago di bronzo aveva parlato di un portale magico, dell’ingresso ad una Valle misteriosa.
Elijah si guardò intorno.
I compagni si stavano alzando. Qualcuno barcollava, altri avevano bende di lino ad avvolgere braccia, gambe e teste. L’avventura cominciava a rivelarsi più pericolosa del previsto.
Non restava che riprendere il cammino, fiduciosi nello sguardo benigno della Dea Themis, che finora li aveva accompagnati.
Kalash ed i suoi erano di nuovo spariti nella foresta, ma le loro tracce erano evidenti.
La lenta marcia proseguì per tutto il mattino.
I mormorii ed i fruscii degli alberi non vennero infranti da alcuna parola.
Solo le corte daghe facevano sentire la propria secca voce quando un cespuglio troppo frondoso od un ramo basso e carico di foglie intralciavano il cammino.
Un piccolo slargo li accolse quando il sole, già alto nel cielo, aveva compiuto metà del corso quotidiano. La foresta che impediva la vista si era diradata ed innanzi a loro si stagliò una montagna di cui a stento scorgevano la vetta.
I suoi fianchi poderosi e rocciosi affondavano nella radura, i suoi erti pendii brulicavano di figure grottesche che si arrampicavano carponi. Avevano trovato i fuggitivi.
Gli occhi acuti degli Elfi scrutarono la cima, dove intravidero due altissime torri squadrate, nascoste da lembi di nuvole e nebbia e, in mezzo a loro, un verde portale.
Le parole del Drago di bronzo echeggiarono nelle loro menti: <<Il portale è circondato da due maestose colonne>>.
Senza una parola, Elijah guidò il gruppo ad inerpicarsi sulle pendici del monte.
Puntando le spade, sorreggendosi gli uni agli altri salivano in silenzio, come una piccola serpe che striscia lenta e senza soste.
I Kagonesti salivano invece frenetici, trovavano e perdevano appigli, cadevano e si alzavano, spinti dal desiderio irrefrenabile di raggiungere il luogo dei loro sogni.
Elijah sostò presso un masso, riprendendo fiato. Notò che le bizzarre figure dei suoi fratelli elfici scomparivano oltre la soglia misteriosa.
Un cupo presentimento gli attraversò la fronte, corrugandola … ma riprese l’ascesa.
I colli dolevano nello sforzo di alzare il più possibile lo sguardo.
Il manipolo di lottiani guardava le torri superbe che ornavano il portale.
Quando gli occhi tornarono a fissare i volti, vi scoprirono una nuova determinazione: l’avrebbero attraversato.
Il Mezzelfo Sciarra si avviò con piglio sicuro, ma non riuscì a compiere che pochi passi.
Una forza invisibile ed invincibile lo respingeva.
Eppure tutti i fuggiaschi erano passati, rifletteva Elijah.
Improvvisamente, il Dol Atar ebbe un’ispirazione ed invitò il coraggioso Sergente Daghnart, Elfo Moriquendi, ad oltrepassare il portale.
Il membro della Guardia Nazionale Elfica partì con atteggiamento deciso e baldanzoso, ma si ritrovò ad osservare il cielo, disteso per terra.
Elijah sorrise con le labbra strette e tirate. Dunque, pensò, solo gli Elfi Kagonesti avevano il privilegio di varcare quella magica soglia.
Eanur si avvicino ad Elijah, avendo compreso la situazione.
<<Non potremo entrare tutti da qui, vero?>> gli disse a mezza voce.
Il Dol Atar assentì in silenzio.
Stava per prendere la parola, quando un urlo lo fece bruscamente arretrare e porre mano alla spada.
La Cerusica Leikele, uno dei membri della spedizione, tendeva il braccio davanti a sé, con gli occhi sbarrati. Elijah seguì la direzione del gesto e per un momento s’immobilizzò.
Non aveva mai visto nulla di simile.
La creatura li osservava inclinando leggermene il capo. Le fattezze delicate e la pelle scura la rendevano simile ad un Drow, ma solo nel viso. Il torace confluiva in un addome chitinoso, viscido e solcato da venature ributtanti. Dai lati dell’addome si dipartivano otto simmetriche zampe, piegate ad angolo, fitte di minuscoli peli.
L’apparenza era quella di un enorme ragno, pronto a scattare sulla preda.
<<Drider!>> urlò Lars sguainando l’arma, dimentico della ferita alla gamba.
Eanur controllò la fascia che gli stringeva la ferita al ventre e tese la spada davanti a sé, gli arcieri incoccarono. Ma dai massi emersero altri Drider, con la loro strana andatura di brevi passi sghembi.
Ben presto il drappello di lottiani fu circondato.
Spalla a spalla, stretti nel medesimo timore, si apprestavano ad uno scontro impari.
Le creature diaboliche li osservavano, senza tradire alcuna emozione. Sembravano attendere un comando. Da una caverna nascosta dalla vegetazione uscì una creatura enorme, dal passo barcollante e dalle braccia smisurate.
L’Orco raggiunse la schiera di Drider, alzò il muso verso il cielo e proruppe in un urlo rauco e bestiale.
Gli immondi ragni si mossero senza fretta verso il gruppo sparuto e già provato dalle battaglie sostenute.
Baraksch il Mannaro lanciò a sua volta un ruggito e si lanciò verso il Drider più vicino.
Le frecce si spuntavano sull’addome dei giganteschi insetti, le zampe mozzate non impedivano l’avanzare dei mostri.
<<Attenti al loro morso: è velenoso!>> urlò Lars decapitando un Drider.
La sciabola di Elijah danzava inesausta, gli arcieri avevano abbandonato le loro armi e dato mano ai pugnali. La Guardia Nazionale Elfica formò un cuneo, per aprirsi un varco verso il portale.
Eanur combatteva quasi piegato in due, Gundam e Dagnarth lottavano affiancati.
Riuscirono ad aprirsi la strada e la compagnia si addossò alle due torri.
Nel peggiore dei casi, almeno i Kagonesti sarebbero riusciti a salvarsi.
I mostri si disposero a semicerchio, pronti per l’ultimo assalto.
L’Orco che li comandava apparve tra la selva di zampe pelose ed il suo ghigno bavoso pregustava la prossima carneficina. Aprì la bocca, ma il suo grido di guerra si tramutò in un gemito.
Un’ombra enorme fece scendere il gelo nella piccola radura.
Il sorriso comparve di nuovo sui visi esausti dei combattenti lottiani.
L’immensa sagoma del Drago di bronzo scendeva in picchiata verso i loro nemici.
Come un falco gigantesco su un gregge di pecore il Drago balzò sui Drider, lacerandone i corpi con i poderosi artigli, annientandoli con la potenza del soffio, spazzandoli via con mortali colpi di coda.
Ripresa forza e fiducia, Elijah ed i suoi compagni infierirono sulle bestie colpite dal Drago, ed uno sciame di frecce si avventò sui dorsi degli ultimi fuggitivi.
L’Orco aveva emesso l’ultimo respiro e giaceva trafitto dalle frecce e straziato dalle spade.
La voce del Drago rimbombava nella valle.
<<Ora avrete capito la ragione dei miei ammonimenti>> disse in leggendrico <<E avete scoperto che solo ai Kagonesti è riservato l’accesso a questa porta. Ma a chi ha cuore saldo ed occhi che sanno vedere nessuna meta è preclusa>>.
Dopo queste enigmatiche parole, il Drago di bronzo si levò maestosamente in volo.
<<Il Drago ci suggerisce di cercare un passaggio>> disse Elijah dopo un attimo di riflessione, e ordinò ai compagni di esaminare ogni palmo della zona. Le spade frugavano tra rocce ed arbusti, gli occhi diventavano fessure per cercare di scorgere ogni possibile passaggio segreto.
<<Venite, presto!>>.
Rackarth il Drow chiamò a raccolta gli amici, vicino ad un intrico di radici e fogliame.
Scostò con la lama la vegetazione e fece apparire una piccola porta. I compagni si radunarono intorno a lui e, uno di loro, spinse la minuscola apertura che si aprì cigolando.
Si trovarono in un’ampia caverna oscura ed il Dol Atar ordinò loro di procurarsi rami resinosi per ricavarne torce. La luce tremolante rivelò un’apertura che portava ad una scala.
I combattenti della Guardia Nazionale Elfica procedevano all’avanscoperta, con cautela.
Passo dopo passo, scesero gli umidi gradini coperti da un velo verde di muffe e licheni.
Si fermarono all’ingresso di una nuova grotta, meno ampia della precedente. Il gioco delle luci e delle ombre sembrava disegnare sagome oscure e minacciose sulle pareti. Il silenzio era incrinato solo dal gocciolio lontano di una sorgente profonda.
All’improvviso una delle torce barcollò e cadde. Gli altri corsero verso il compagno caduto e una scena rivoltante li accolse. Un enorme ragno stava sbavando sulla testa dell’Elfo Aguyar una vischiosa ragnatela. Tre lame si tesero verso il mostro, che si abbatté gorgogliando.
Quasi fatte d’ombra, altre massicce figure si spostarono silenziose verso il gruppo.
Le spade mulinarono ancora una volta, i pugnali saettarono nella luce incerta delle fiaccole, le torce incendiarono gli immondi arti dei mostri. Il fumo e il puzzo erano orribili, quando la colonna si ricompose e osservò i cadaveri dei mostruosi guardiani.
La scala continuava dopo l’antro dei ragni giganti. Ormai non si poteva che procedere.
Attenti a non produrre il minimo rumore, i lottiani scesero lentamente.
L’ultimo gradino li introdusse in una sala vastissima, di forma rettangolare. Nella penombra sporcata dall’arancione delle torce si potevano vedere le poderose colonne che segnavano il perimetro. La loro forma slanciata era come disturbata ed interrotta da masse più scure, indecifrabili nella penombra.
L’audace Sciarra si avvicinò ad una delle colonne, facendosi luce. Non riuscì a trattenere un grido di rabbia. Legato alla colonna c’era quel che restava di un Elfo, orribilmente straziato.
Baraksch il Mannaro notò il corpo di un confratello, con le viscere che pendevano dal ventre aperto come macabre collane. Ringhiando, andò oltre. Da ogni colonna pendeva un corpo sfigurato, di quelli che un tempo erano stati Elfi, Mezzelfi, Drow ed Umani.
<<Non so chi abbia fatto questo>> mormorò Elijah <<Ma la sua crudeltà non resterà impunita>>.
Non ebbe bisogno di riposte.
Il manipolo proseguì, più che mai unito e deciso a vendicare quelle morti strazianti.
Il colonnato conduceva ad una mastodontica doppia porta, che si spalancò quasi senza essere toccata. Il gruppo si arrestò ed assunse una posizione di difesa.
Al centro della stanza che si era appena rivelata campeggiava una figura gigantesca. Le zampe raccolte, l’esile busto e la piccola testa erano inconfondibili.
Si trovavano di nuovo davanti ad un Drider.
Sembrava che la bestia si muovesse appena, scivolando nella luce fioca e oscillante delle torce.
Un arciere scoccò rapido un dardo, che cozzò contro la sagoma e ricadde.
Nella sala si udì distintamente un rumore metallico.
Incuriositi, i lottiani si avvicinarono, protetti dalle spade. Ma non ce n’era bisogno.
Si trattava di una statua, un’effige bronzea del mostruoso ibrido.
Al centro del petto, una strana escrescenza attirò l’attenzione del Drow Killalot e della sua acuta vista notturna. Con cautela si avvicinò, ma non arrivò a toccare quella che gli sembrava una leva. Una voce sinistra rimbombò tra le pietre.
<<Se la leva toccate, presto morirete>>.
Killalot abbassò la mano, intimorito. Poi la alzò di nuovo e stava quasi per sfiorare la barra, quando la voce echeggiò di nuovo.
<<Certa è la morte per chi osa ciò che non deve>>.
Ma il Drow era troppo curioso ed abbassò decisamente la leva.
La statua cominciò a sussultare e Killalot balzò all’indietro.
Tutti i suoi compagni si appoggiarono alle pareti.
Sotto i loro sguardi sbalorditi, con un cigolio che costrinse gli Elfi a chiudere le orecchie tra le mani, il Drider di bronzo si stava lentamente sollevando.
Killalot si avvicinò all’apertura che si era rivelata e, spostando la torcia, riuscì a notare un portale simile a quello attorniato dalle due colonne, ma molto più piccolo.
Anche una corporatura esile come la sua avrebbe faticato a superare il pertugio.
La voce scosse ancora una volta le pareti e gli animi.
<<In verità non vi è scampo al Destino, poiché nessuno è immortale>>.
Tutti ascoltarono in silenzio, finché l’ultima eco si spense. Le fiaccole illuminavano un gruppo stanco, che aveva sopportato durissime prove e altre ne stava per affrontare. Fu così che Elijah decise di sostare nella sala, per riprendere le forze prima di superare l’ultimo passaggio. Spente le fiaccole molti occhi rimasero spalancati, cercando di decifrare l’incerto futuro dalle ombre umide e inquiete della notte sotterranea.
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DONEZ - Consigliere dell'Arcana Saggezza |