LE GESTA DI LOT

Ritorno a Krynn - Conchiglie di Ghiaggio

Note esili sbocciavano, come fiori delicati e rugiadosi in un’alba invisibile, per coloro che riposavano nelle viscere delle terra. La musica arcana fluiva dall’apertura sotto la statua del Drider, svegliò la compagnia dei lottiani. Il Chierico DamonRafal si avvicinò alla fonte del suono, attratto dalla melodia. Dal varco, oltre alla musica, usciva anche una brezza leggera.

<<E’ tempo di andare>> dichiarò Eanur, allacciandosi il mantello.

Perlustrò il passaggio, notò che avrebbero dovuto chinarsi e forse anche strisciare.

Il Kagonesti Ioria si offrì di entrare per primo e precedette il gruppo.

Dietro di lui avanzava Daghnarth, il Sergente della Guardia Nazionale Elfica.

Piccole frane accompagnavano gli ansiti della compagnia che si snodava per lo stretto cunicolo. A poco a poco la temperatura sembrava scendere, i primi brividi cominciarono a scuotere i corpi già provati dalle battaglie e dagli stenti della spedizione. All’avanguardia procedeva anche il Demone Krasko, costringendo la sua figura massiccia a contorcersi per adattarsi alle angustie del luogo. Sollevato per un improvviso ampliarsi del percorso si rialzò con impeto, ma il terreno era ricoperto da infido ghiaccio ed il Demone crollò ululando al suolo. Il budello s’incurvava bruscamente verso il basso e ne fu inghiottito. Artigliando disperatamente la gelida roccia, Krasko tentava di arrestare la sua corsa. Evitò di urtare rovinosamente chi lo precedeva per un intervento di Themis, ma continuò a scivolare finché urtò una grossa pietra che segnava la biforcazione del condotto.

 

Il Demone si rialzò bofonchiando imprecazioni e rassicurò il resto del gruppo sulle proprie condizioni. Gli altri l’avevano raggiunto e sostavano davanti al bivio, indecisi sulla via da seguire. Uno dei due bracci si perdeva nell’oscurità, mentre dall’altro proveniva un debole chiarore, insieme alla suadente melodia udita sin dalle prime ore del giorno.

Ioria e Daghnarth decisero di seguire la musica ed a loro si unì l’Elfa Kyra.

Altri avrebbero voluto esplorare anche la via buia.

Il Chierico Shark invocò l’incantesimo **Luce all’Oscurità** per illuminare il cammino, ma i suoi sforzi risultarono vani.

 

Nel frattempo, i tre Elfi capeggiati da Ioria erano giunti in un antro luminescente. La musica proveniva dalla volta superiore, dove incrostazioni traslucide simili a conchiglie si urtavano, sospinte da correnti d’aria sotterranee. I tre amici osservavano il fenomeno a bocca aperta, incantati dalla melodia arcana. Una luce fosforescente si spandeva sulla superficie cangiante delle conchiglie, formando aloni iridescenti. L’intera grotta era intrisa di un pulviscolo luminoso, una nebbiolina torbida che sembrava assumere forme sempre diverse. La luce si raggrumava in una spirale via via più densa, fino a formare una figura che aleggiava eterea e silenziosa, muovendosi verso Ioria.

L’Elfo non riusciva a muoversi, incantato dal magico evento. La sagoma avanzava con leggeri filamenti simili a braccia protese verso l’Elfo immobile.

La grotta era fredda, ma quando Ioria venne toccato dalla magica apparizione la temperatura scese ancora ed egli restò congelato. La nebbia luminosa lo avvolse e tutto il suo corpo s’irrigidì.

Attirato dalle urla di Daghnart e Kyra, anche il resto del gruppo si precipitò nell’antro delle conchiglie.

Kyra, ripresasi dallo stupore, scoccò un quadrello verso l’alto con la propria balestra, scheggiando numerose incrostazioni. Un urlo lancinante lacerò l’aria quasi immobile.

Daghnart tentò di sottrarre il compagno dall’abbraccio mortale, ma subito cominciò egli stesso a raffreddarsi. La musica crebbe d’intensità, assordando i lottiani. Portatori di torce improvvisate le agitavano verso i compagni immobili, cercando di sciogliere la morsa del gelo. Gli arcieri infuocarono la punta delle frecce e si diedero a tempestare la volta di dardi.

Ogni genere di proiettile fu lanciato verso le mostruose conchiglie.

Il Detentore Goblin127 sacrificò al bene comune alcune preziose pergamene, incendiandole.

Il calore faceva crepitare le sinistre incrostazioni, si udivano gemiti e scricchiolii sempre più forti. Un fremito percorse tutta la grotta, che fu poi scossa da un lungo brivido e cominciò ad ondeggiare. <<Fuori di qui!>> urlò Elijah e la compagnia si precipitò verso una galleria che si era aperta in un fianco della caverna. I due Elfi esanimi vennero issati sulle spalle dei più robusti e trascinati via.

 

Inseguiti da esplosioni e boati, quasi imprigionati dal corpo stesso della montagna, rallentati dalle ferite e dai corpi rigidi degli Elfi congelati, i lottiani strisciavano a tentoni verso un’incerta salvezza. Un vento tiepido li investì all’improvviso, insieme ad una luce abbagliante che li costrinse a serrare gli occhi ormai avvezzi all’oscurità. Una stretta cengia accolse le loro membra esauste.

Quando riuscirono ad aprire gli occhi, una vista meravigliosa fermò il loro respiro. Una valle si apriva, dolce e digradante, fino all’orizzonte. Verdeggiante d’alberi appena mossi dal vento, solcata dalle ferite argentee di piccoli torrenti, vibrava con la vivida e al tempo stesso intangibile presenza di un sogno.

<<La Valle dei Perfetti Silenzi>> mormorò Elijah.

 

I Cerusici cominciarono a prendersi cura dei feriti, mentre Ioria e Daghnarth si scongelavano al sole. Il Demone Krasko e i Mezzelfi si dispersero nei dintorni, cercando con i sensi vigili ed acuminati tracce d’eventuali trappole o agguati.

Ma nulla sembrava turbare la pace di quel luogo incantato.

La brezza tiepida accarezzava i volti segnati, la luce riempiva di minuscole perle i capelli.

<<Non abbassiamo la guardia>> borbottò Eanur <<Spesso il pericolo si nasconde dove meno ce lo aspettiamo>>. 

Una figura macilenta, poco salda sulle gambe, sembrò confermare i dubbi dell’Elfo.

Sbucata da un masso poco sotto di loro, la sagoma incerta si muoveva ciondolante verso il piccolo pianoro che li ospitava. I lineamenti erano stravolti, l’aspetto assai malandato e sofferente, ma presto capirono che il loro sentiero s’incrociava ancora con quello dell’indomito Kalash.

 

L4rs stava impartendo rapidi ordini per proseguire l’avanzata ma tutti si fermarono, osservando il capo dei ribelli che si avvicinava. I suoi occhi sembravano aver visto quello che nessuno sguardo dovrebbe mai vedere. La sua voce usciva dalla bocca screpolata come un filo d’acqua sgorga dalla roccia in periodo di siccità.

<<Voi>> sussurrò roco <<Non siete tutti Kagonesti, come avete potuto … >> ma non finì la frase. Fissando uno dei membri della compagnia che si era avvicinato, spalancò gli occhi in una smorfia di terrore ed accennò alla fuga.

Elijah alzò un braccio in segno di pace, gli si fece accanto e rispose: <<Abbiamo dovuto prendere un’altra via, Kalash. Sappiamo che il portale è riservato agli Elfi della nostra stirpe. Ma che vi prende ora? Cos’è quest’espressione di terrore?>>.

Il Kagonesti indicò con un braccio teso lo stupito Drow Killalot, che si guardò intorno con fare interrogativo. Kalash si gettò a terra, in ginocchio, e cominciò a recitare una litania fatta di frasi spezzate e lamenti, intervallata da agghiaccianti scoppi di risa.

Turbato, Elijah ascoltava.

<<L’ultimo gruppo di Kagonesti che guidai in questa valle è stato attaccato dai Carotai ... io solo sono sfuggito ... il portale è danneggiato ... non c’è ritorno da quella via>>.
Il silenzio calò sugli astanti. Killalot raccolse da terra il mantello e lo aggiustò sulle spalle, provocando un’altra scomposta reazione di Kalash.

Balbettando, indicava il simbolo del casato Do’ Urden, un ragno con otto zampe armate di scimitarra. Elijah guardò corrugando la fronte Kalash e poi il mantello: <<Dunque avete avuto a che fare con i Drider e con questi … Curotai. Ma Killalot è dei nostri, ve lo assicuro>>.

<<La sua pelle, lui … è come loro>> biascicò Kalash senza più fiato.

<<Vi spiegherete meglio quando sarete più calmo, Kalash. Ma ditemi, tutti i nostri confratelli sono periti?>>.

Il capo dei ribelli scosse il capo, e mormorò una frase che si perse nella valle.

Solo una parola giunse distinta alle orecchie di Elijah: <<Prigionieri>>.

<<Non c’è altro tempo da perdere>> dichiarò severamente il Dol Atar <<Mettiamoci in marcia. Ripareremo al vostro errore Kalash, ma d’ora in avanti prestate ascolto ai miei ammonimenti. E ora diteci dove sono tenuti prigionieri i nostri confratelli>>.

L’esausto capo dei ribelli aveva perso tutta la propria baldanza ed indicò stancamente il Nord. Subito dopo s’incamminò, con passo lento e pesante.

Ad un cenno di Elijah, la compagnia lo seguì, pronta a difendersi da ogni assalto.

 

Le voci che giungono da quei tempi remoti non annoverano, tra i partecipanti alla nuova ricerca dei prigionieri, la Regina Squirrel. Non ci è dato di sapere se Ella lacerò le proprie vesti regali nell’angusto cunicolo o se abbandonò prima la compagnia, richiamata dagli Elfi che abitavano il Granducato.

Riportiamo, solo per non omettere nemmeno gli eventi più incredibili, la leggenda secondo la quale la Regina degli Elfi, giunta dinnanzi al portale, venne portata in volo a Lot da un’enorme aquila giunta al suo richiamo, forse un Roc, nuotando rapida nei gorghi cobalto del cielo. 

Il resto dei lottiani continuava l’erta ascesa e Kalash spiegava ad Elijah il motivo del suo terrore davanti al Drow Killalot. Il suo gruppo era stato attaccato da creature coordinate da un comandante dai lineamenti elfici con la pelle d’ebano, proprio come i Drow.

Elijah assentì in silenzio.

Il suo sguardo si levava verso l’alto, cercando di scorgere la vetta della montagna, mentre quello dell’avanguardia frugava tra le rocce e le sterpaglie cercando le tracce dei fuggitivi.

 

Il sentiero a stento visibile si attorcigliò intorno al fianco della montagna e l’esausto drappello scomparì in una fitta macchia d’alberi. Sembrava che la foresta stessa li avesse accolti nel proprio cuore buio e pulsante. I lottiani procedevano accorti con i nervi scoperti, i sensi tesi e le armi sguainate. Eanur avvertì quello che gli sembrò il frullo di un uccello e si volse verso la sorgente del rumore improvviso.

Una freccia gli trapassò le spalle, togliendoli il respiro e l’appoggio delle gambe. Crollò in ginocchio, mentre la foresta si riempiva di sibili e sussurri.

Enormi ragnatele bloccavano con la loro carezza vischiosa le braccia e le gambe, dardi sfrecciavano nella penombra, creature mostruose sbucavano tra i cespugli del sottobosco, strisciando con le loro zampe smisurate.

Cavalcati da Drow, gli spaventosi ragni giganti accerchiavano il gruppo, ancora attonito ed incapace di difendersi. Il Demone Krasko si levò in un volo disperato, prima frenato dai rami e dalle ragnatele, poi definitivamente bloccato da una pioggia di frecce.

L’enorme corpo ansava, solcato da rigagnoli di necroplasma.

<<E’ una trappola!>> urlò Elijah, ma era troppo tardi.

Sciarra, chino ad incendiare la punta di una freccia, fu trafitto ad una spalla. Dagnarth si dibatteva disperato tra le zampe protese di un ragno gigante che cercava di morderlo ad un braccio.

Lo salvò in quel frangente il suo robusto bracciale d’arciere. I lottiani in grado di combattere erano avvolti dalle ragnatele e si divincolavano per liberarsi dalla stretta che poteva rivelarsi mortale.

Gundam raccolse tutte le forze residue e si avventò sul ragno che bloccava Dagnarth, colpendolo con precisi fendenti, seguito da Elijah. Lo sforzo congiunto dei due riuscì a far recedere l’immonda bestia. Sciarra rinunciò all’arco ed afferrò un pugnale con la sinistra.

La confusione regnava sovrana, nessuno era in grado di seguire le fasi della cruenta battaglia.

Le sorti dello scontro sembravano segnate. Il manipolo di lottiani non pareva avere scampo.

Quando anche l’ultimo degli arcieri aveva abbandonato ogni speranza e si apprestava a raccomandare la propria anima a Themis, avvenne un fatto inspiegabile.

Come obbedendo ad un ordine improvviso, i mostri rinunciarono alla battaglia e sparirono rapidamente nel folto degli alberi.

 

Forse ancora una volta la benevolenza della Dea era scesa a confortare i suoi ardimentosi figli, concedendo al coraggio il conforto dell’intervento divino.

Il prezzo pagato era però pesante.

Il Demone Krasko giaceva trafitto, Daghnart e Sciarra erano feriti, ma il più grave era Eanur.

La Mezzelfa Mirtilla cercava di prestargli le prime cure, ma la posizione della freccia era pericolosa: probabilmente aveva forato un polmone. Nella confusione i Cerusici non erano rintracciabili, forse perché erano fuggiti lontano, o giacevano ancora immobilizzati dalle ragnatele.

Mentre la compagnia si raccoglieva intorno ai feriti, da un cespuglio sbucò Kalash che, terrorizzato, si era sottratto allo scontro. Accolto dai borbottii e dagli insulti a mezza voce dei compagni, si aggirava inebetito tra i cadaveri dei ragni e dei Drow assalitori, sfiorando i lottiani ancora avvolti dalle ragnatele. 

Continuava a ripetere, balbettando, la frase: <<Una città … una città intera … tutta abitata da Drow>>.

Elijah lo ascoltava perplesso. Mirtilla si levò il mantello, con l’intenzione di usarlo come rudimentale barella per Eanur. L’Elfa Kyra spalmava un unguento sulle ferite di Krasko, Sciarra e Daghnart. La foresta frusciava dei mille piccoli gesti di cura e d’attenzione. L’odio di tutti verso Kalash era represso a stento.

<<Ecco a cosa ha portato la vostra pazzia>> lo apostrofò brutalmente Ioria, indicando i compagni sofferenti.

Mirtilla, facendosi forza, estrasse la freccia dalla spalla di Eanur. Un fiotto di sangue ne seguì la fuoriuscita. La Mezzelfa cercò di tamponare come poteva l’emorragia. Krasko perse nel frattempo i sensi. Kalash continuava a vaneggiare di una misteriosa città, poco oltre la foresta, dov’erano imprigionati i Kagonesti. L’unguento di Kyra aveva già avuto un effetto portentoso sulla ferita di Daghnart, che la ringraziava con parole accorate.

La notte ammantò con veli di tenebra la foresta, raccogliendo con le sue braccia misericordiose l’ultimo respiro del demone Krasko e di Eanur.

I n ginocchio i compagni resero l’estremo omaggio ai due valorosi, mentre le fronde oscure sussurravano cupi presagi e le gelide dita di una luna di sangue sfioravano volti solcati da rughe profonde.

DONEZ - Consigliere dell'Arcana Saggezza