La Vecchia Lot
Guerra!
Per
quanto fosse doloroso ammetterlo, non si poteva non tener conto
dell’innegabile realtà dei fatti: l’esercito delle forze del Male, dal
punto di vista numerico, era di gran lunga superiore a quello lottiano.
Così
una notte, probabilmente una delle più lunghe notti dalla fondazione di Lot, il
Granduca convocò in gran segreto una riunione con le più alte cariche
militari. Alla flebile luce delle poche lanterne i volti dei presenti apparivano
segnati dalla preoccupazione, mentre rivoli di sudore scendevano lentamente tra
le rughe, segni inequivocabili che la vita aveva lasciato come memoria del
proprio passaggio.
Dopo
una breve spiegazione riguardo alle recenti scoperte degli Esploratori Predator
e Sara sull’ubicazione e sulla disposizione degli accampamenti del nemico, gli
Strateghi di Lot, con il tono solenne di chi sa di non avere altra scelta, alla
fine sentenziarono che la guerra avrebbe dovuto compiersi proprio sui Monti
delle Nebbie.
Era
questa l’unica possibile speranza di vittoria, perché se il nemico avesse
superato indisturbato questa naturale barriera costituita dalle montagne, allora
avrebbe potuto raggiungere facilmente le pianure ed, in poco tempo, conquistare
tutta la zona, distruggendo, nel nome del Dio Simeth, tutto ciò che era stato
con tanta fatica costruito e realizzato.
Presa
quest’ardua decisione il Granduca dispose un ultimo studio per valutare la
potenza ed i punti deboli dell’avversario.
Il
Male disponeva di un numero veramente inimmaginabile di Goblin ed Orchi,
creature partorite da riti oscuri e maledetti, ma dotati di particolari risorse
che li rendevano avversari più che temibili: una forza ed una resistenza fuori
del comune e l’assoluta mancanza di una benché minima parvenza di morale,
peculiarità che consentiva loro di uccidere semplicemente per il gusto di
farlo, indipendentemente dalla motivazione. Questa era la ragione per cui le
immonde creature incutevano negli animi dei membri dell’Esercito lottiano non
solo timore, per una quanto mai possibile sconfitta, ma anche odio e disprezzo,
per essere il simbolo della distruzione guidata dal potente Honorius.
Tuttavia,
nonostante le preoccupanti apparenze, vi era una componente che non andava per
nulla sottovalutata nella programmazione dell’evento bellico: l’esercito
nemico non era affatto organizzato, sembrava che ognuno di loro combattesse per
proprio conto, senza avere alle spalle una vera e propria tattica militare che
ne guidasse le redini.
Durante
le numerose battaglie passate, infatti, non si era mai visto schierato un fronte
nemico compatto e ben organizzato, ci si era invece sempre trovati in mezzo ad
iniziative individuali di piccoli gruppi, che erano state facilmente fermate dai
Soldati dell’Esercito Ducale.
La
guerra ebbe inesorabilmente inizio ed i Monti Nebbiosi divennero il lugubre
scenario di lunghi giorni d’estenuanti battaglie. Per primi giunsero i Goblin
che, urlando ed inveendo contro tutto ciò che incontravano, seminavano
devastazione attaccando in maniera completamente irrazionale; questo rese,
tuttavia, il compito dei nostri valorosi Soldati relativamente semplice e, nel
giro di poco tempo, quelli di loro che non vennero sterminati, si diedero
codardamente alla fuga. Poi vennero gli Orchi e la questione si fece più
complessa. Le fragili armi dei nostri combattenti erano totalmente inadatte ed
insufficienti contro queste creature dotate di forza sovrannaturale negli
scontri corpo a corpo; fortunatamente però gli orribili esseri si rivelarono
goffi e per nulla fulminei nei loro movimenti e questo facilitò non poco
l’operato degli Arcieri, che, da lontano, riuscirono a contrastare il loro
giungere senza neppure arrivare allo scontro diretto con essi.
Capitava
inoltre sovente che Goblin ed Orchi cominciassero a scontrarsi anche tra loro,
sia per le difficoltà di comunicazione tra esseri aventi linguaggi differenti,
ma, soprattutto per l’odio ed il rancore che esisteva tra queste due razze da
tempo immemorabile.
Sembrava
quindi che le sorti della battaglia volgessero a favore di Lot e di tutti coloro
che con tanta dedizione combattevano per essa.
Purtroppo,
però, il Male non si limitò a questo; una nuova sciagura si apprestava ad
abbattersi sui poveri ed ormai stremati Cittadini.
Un
giorno, infatti, nella Piazza Centrale, tra il consueto vociare delle persone
affaccendate nelle quotidiane mansioni, apparve dal nulla una creatura
completamente avvolta da un lungo mantello nero; della sua figura si poteva
vedere ben poco, perché il lungo manto la rivestiva quasi completamente,
tuttavia s’intuiva che potesse essere di razza umanoide, nonostante lo sguardo
che d’Umano non aveva alcunché. Dal nero cappuccio brillavano due occhi rosso
vermiglio, nei quali si poteva leggere a chiare ed evidenti lettere un odio
profondo per tutto ciò su cui si posavano, mentre le mani ossute reggevano un
bastone nodoso che solo in apparenza sembrava essere una sorta di sostegno,
celando invece chissà quali poteri. Costui si presentò come il braccio destro
di Honorius e, con un agghiacciante tono di morte, sentenziò sibilando queste
dure parole:
<<Tremate
comuni mortali, tra breve scenderà tra voi come un falco sulla preda Honorius
dalle montagne, porterà con sé morte e malattie. Ciò che da molto tempo
cresce sarà sradicato, la fiducia diverrà menzogna e Lot brucerà nelle sue
stesse ceneri!>>.
Non
appena finì l’ultima parola scomparve allo stesso modo in cui era venuto. Di
lì a qualche giorno la tremenda profezia si avverò ed un nuovo male cominciò
a colpire tutti i Cittadini, un male devastante conosciuto col nome di Peste.
Ben
presto la maggior parte degli abitanti si ammalò ed i Sacerdoti di Themis,
devoti custodi del Tempio della Dea, cercarono di trovare un modo per poter
debellare questo nuovo flagello che si accaniva sui poveri affamati lottiani,
mietendo vittime in numero sempre più ingente.
Dopo
innumerevoli tentatiti andati a cattivo fine, finalmente, grazie all’ausilio
di tutte le Gilde che si erano adoperate sino allo stremo delle loro energie
nella ricerca di una soluzione a questo problema, la cura fu trovata ed il suo
ingrediente fondamentale era la Spezia, una pianta che cresceva solo in alcune
isole al largo di Lot, isole peraltro raggiungibili solo attraverso una lunga e
pericolosa navigazione.
Fu
questo il motivo che portò alla costituzione del Corpo della Marina di Lot, che
aveva come scopo prioritario quello di recuperare la Spezia necessaria alla
preparazione del rimedio contro la Peste.
In
un momento di tale dolore per tutta la popolazione non mancarono, tuttavia, atti
di grande generosità anche da parte della Nobiltà: la Principessa Doralia,
infatti, dimostrando un animo generoso e sensibile al bene del suo popolo, donò
lo spazio del suo Castello per l’istituzione del Lazzaretto; in questo modo si
poterono circoscrivere entro un perimetro ben delimitato tutte le persone
colpite dalla piaga, limitando il dilagare a dismisura della pestilenza in tutta
la città.
Le
persone ricoverate al Lazzaretto erano assistite dai Monatti e dai Druidi che,
con la loro scienza, pian piano riuscirono a trovare un rimedio per la malattia,
debellandola. Il nobile gesto della Principessa Doralia e la dedizione alla
scienza medica dei Druidi permisero a molti dei Cittadini, che ancora oggi
girano per la città, di ricordare di avere visto la Prima Guerra e di fornire
un’attendibile testimonianza ai posteri, permettendoci di scrivere anche
questa pagina della Storia.
Quei
giorni, dunque, erano caratterizzati da due accadimenti che seguivano il loro
corso indipendentemente uno dall’altro, ma con analoghe connotazioni: da un
lato la battaglia sui Monti che continuava inesorabilmente il suo svolgersi,
dall’altro l’evolversi della malattia all’interno delle mura del
Granducato. Entrambi i fatti portavano allo stremo i Cittadini lottiani,
stanchi, feriti, poveri ed esausti da questi attacchi congiunti dall’esterno e
dall’interno.
Sul
fronte, frattanto, la situazione stava prendendo una piega che sembrava volgere
a favore del nostro Esercito Ducale; la gran parte delle forze alleate del
malvagio Honorius era ormai in rotta, ma chi avrebbe costituito il vero pericolo
doveva, in vero, ancora entrare in scena: i Cavalieri di Honorius.
Costoro,
allenati alle arti e alle strategie della guerra, erano in numero minore, ma
valevano molto più dei precedenti avversari. Abili conoscitori della battaglia
e del combattimento erano vere e proprie macchine da guerra addestrate, dallo
stesso malvagio Honorius, ad ogni situazione di pericolo e genere di difficoltà.
I
graduati delle nostre schiere erano troppo pochi per combattere apertamente
contro questi Cavalieri ed i semplici Soldati non avevano possibilità alcuna di
contrastare questi incredibili combattenti, istruiti alla perfezione e dotati di
una crudeltà pari solo alla loro perfidia. La differenza ora non era più
quantitativa ma qualitativa: i poveri Soldati, che fino a poco tempo prima erano
stati tranquilli Cittadini, commercianti e coltivatori della terra, non potevano
certo affrontare ad armi pari il corpo speciale del Male.
I
risultati furono presto evidenti e con conseguenze davvero drammatiche:
l’Esercito lottiano cominciò lentamente ad arretrare sparpagliandosi tra i
Monti, facendo in modo che il nemico potesse avanzare facilmente fino ad
avvicinarsi paurosamente alla città.
I
messaggeri portavano continuamente notizie poco rassicuranti ai Capitani
dell’Esercito che, dal Comando generale, dirigevano le operazioni di difesa.
La sorti della battaglia ora erano decisamente a
sfavore del Granducato e fu così che la Somma Sacerdotessa Urania radunò
in preghiera molti fedeli per chiedere aiuto alla Dea Themis, ormai l’unica
che potesse dare una nuova speranza alla città.
La
Dea, nella sua immensa magnanimità, accorse in aiuto dei lottiani.
Parlò per bocca della Sacerdotessa ed affermò che per affrontare i Cavalieri
di Honorius non sarebbe bastata la forza fisica, dato che essi avevano la
possibilità di compiere attacchi mentali ed i nostri Soldati non erano
preparati a questo genere d’offensiva. Per tali motivi, dunque, un’altra
Gilda venne messa all’opera per cercare un possibile rimedio alla scarsa
capacità di resistere agli attacchi mentali dei Cavalieri di Honorius.
Gli
Incantatori di Corte si diedero alla ricerca ed alla sperimentazione, al fine di
preparare pozioni magiche in grado di aumentare la resistenza mentale dei
Soldati. A quel punto i nostri combattenti, rinvigoriti da nuove speranze,
partirono all’attacco dei Cavalieri di Honorius: non uno dei Soldati lottiani
si tirò indietro dalla pugna e non uno di loro cadde in quello scontro. Fu
l’esempio concreto che l’amore per la causa della patria e per la propria
città non teme nulla.
Nonostante
la battaglia lunga e difficile per i poveri militari ormai portati allo stremo
delle forze, al calar del sole si poté gioire nel vedere che gli ultimi raggi
della sfera celeste splendevano sulle armature dei Soldati vincenti, stanchi
dalle grandi prove sopportate, ma finalmente vincitori.
L’Esercito
rientrò vittorioso in città fra gli applausi e gli abbracci delle donne che
fino al giorno prima avevano sognato la tanto agognata vittoria: ora il sogno
era divenuto realtà.
Althair,
Sommo Detentore dell’Arcana Saggezza
Shanty, Depositario dei Segreti della Storia