LA VITA DI...
Kaukenas

La mia storia. Da dove partire a raccontarla? Ah si da Ered Engrin di sicuro; altro loco non può esserci da cui partire a narrare.
La catena montuosa di Ered Engrin, sovrastava le altre montagne ed era visibile in lontananza.
Lì stretta tra i ghiacci in una morsa tanto fredda eppure tanto cara a coloro che ivi abitavano e che avevano ricevuto il soffio vitale fra quelle montagne.
Fra quei monti l’eco di una cascata impetuosa con l’acqua cristallina che si getta facendo alzare un tenue fumo che abbraccia quella landa di terra…Hellamgre è il suo nome…e una valle solitaria, per alcuni tratti tetra e lambita dal bosco che la racchiude nel suo verde.
Quelle Terre erano e credo siano ancora ricche anche nel profondo: solcate da una miniera d’argenteo metallo che portava ricchezza alle popolazioni del loco.

Dartha, loco in cui nacqui sorgeva laddove tutto pare morto; tra le viscere della Terra di Ered Engrin e codesta città scolpita nella pietra vide i miei natali ormai 100 anni or sono.
Figlio dell’unica comunità nanica di quelle Terre…Sotto un`unica reggenza: il Capo del consiglio delle barbe…Il Thane Antrakum. Sotto la guida suprema di Aule la città era propspera e Rimantas Kaukenas cresceva in serenità nella Fara Ironfeet. Già questo è il mio nome, Riamantas Kaukenas, figlio di Arustis Kaukenas, un ingegnere che mi trasmise la sua arte e la sua passione per le costruzioni sotterranee. E mia madre? Che dire di lei, che dire di Elba, sempre china sulle sue tele a intesser abiti per la comunità. Una famiglia felice la mia, che riuscì a tramandarmi dei valori grandi, oltre alle passioni che ancora mi porto dietro.

Allievo stimatissimo all’interno della Fara pian piano crebbi, ma non solo come età. Soprattutto la mia istruzione crebbe e la mia creatività e voglia di fare mi fecero diventar famoso e degno di ogni rispetto nella Fara stessa. Questo grazie al Loro aiuto: quello di mio padre, sempre accanto a me nei miei lavori, e di mia madre saggia e temperante che aveva una parola di conforto in ogni momento difficile e un sorriso nei miei momenti felici. Mai dimenticherò quel sorriso.

La tranquillità della vita nella cara Dartha era destinata a durare poco. Le viscere della terra erano scosse. La regione a Nord di Ered Engrin, Urghan Milth si stava risvegliando. I suoi vulcani sparsi dappertutto tingevano i fiumi di rossa lava , l’acqua scarseggiava e gli orchi…si spingevano a Sud, sempre più a Sud. Finchè non attaccarono Dartha per poterla occupare ed essere al sicuro tra le viscere della Terra.

Erano tantissimi e ad uno ad uno i nani della comunità perirono sotto la loro ondata. Io vidi straziare i corpi del Thane e dei miei genitori senza poter fare nulla. Ma furono attimi perché poi toccò a me la stessa sorte..Ferito gravemente fui ridotto in fin di vita e a dire il vero la cosa non mi dispiaceva. Tutto quel che era stato il mio mondo ora era distrutto e a che pro restare vivo…

Ma il Fato scelse altro per me. Due cicatrici sul corpo a ricordarmi il mio passato: una sotto il mento e una nella zona lombare. Ma il male fisico dopo un po’ finisce…E’ il male nell’anima che perdura per sempre e il mio animo non è mai guarito da quella profonda ferita. Le ferite sul fisico mi furon curate da un falconiere… che pian piano mi riportò alla vita… Big T lo chiamavo io anche se il suo vero nome è un altro e… non è la sede giusta per nominarlo.

Lui mi parlò per la prima volta del Granducato di Lot, ma io ero troppo immaturo e troppo inesperto per cogliere il fatto che proprio lì il mio destino mi avrebbe accompagnato. E presto mi congedai dal caro Big T per intraprendere un viaggio, che sarebbe durato anche tutta la vita. La meta ancora mi era sconosciuta ma dentro di me sapevo di dover viaggiare molto.

Verso Ovest iniziò il mio cammino, con tanta angoscia dentro ma anche la sicurezza di non dimenticare Big T. Ramingo vagai per i boschi più fitti e le vallate più brulle. Miei compagni furono i piccoli animali che incontrai e che sembravano quasi indicarmi la strada. Giorni che divenivano lune in cui non vidi alcuna presenza…se non quella degli abitanti dei boschi che attraversavo. Ormai tre lune erano passate quando all’orizzonte, oltre un gruppo di montagne vidi segni di vita…Un villaggio…Mi affrettai il prima possibile per raggiungerlo. Non sapevo com’esso si nomasse ma avevo desiderio di parlare con la gente del loco.

JonDalla il nome di quella piccola cittadina fluviale in cui rimasi per quasi un anno. Gente semplice la popolava. Niente nobili, niente Signori…ma gente semplice, lavoratrice e con una conoscenza infinita che mi riportava indietro..ai miei studi nella Fara, ricordi ormai dolorosi ma ancora così vivi dentro di me. Più di una volta mi sorpresi al porto di Obad Hai a guardare l’orizzonte lontano e a pensare a Dartha, la mia terra, così lontana eppure così vicina a me.

Non sapevo di essere osservato giorno per giorno in quel che facevo…Una sera me ne accorsi… ero affacciato alla finestra della mia camera, in una locanda che mi ospitò per tutto il tempo che restai a JonDalla. Uno gnomo, di cui quella sera appresi il nome. Seebo Daergel. Lui mi guardò a lungo quella sera e poi condusse il mio sguardo in alto. Nel cielo fregiato di stelle.

Pian piano mi iniziò alla Conoscenza delle costellazioni. Ogni sera mi ritrovai assieme a lui col naso puntato in alto e una pergamena in cui cercavo di disegnare il cielo, per poterlo rendere indelebile e manifesto agli altri.

Una notte lo sognai. Big T mi venne in sogno. Aveva un falco posato sulla mia spalla e mi disse una sola parola… Lot…direzione Sud.

Seebo si rattristò molto quando gli raccontai la natura del mio sogno e gli espressi il desiderio di voler di nuovo partire... alla volta di Lot, come Big T mi aveva indicato.

Quanto lungo doveva essere questo nuovo viaggio? Quando avrebbe avuto termine? Quando avrei calcato il suolo del Granducato di Lot? Non era importante… L’importante era giungere…