EDITORIALE
L'Edificio del Sapere

Mentre d’ombrose fronde riceve dalla calura riparo e dal quotidiano impegno ristoro, spesso il Saggio s’interroga sulla materia di cui è composto l’Edificio del Sapere.
Una lieve e rapida brezza carezza la fronte corrugata, conforto caduco al riflettere profondo e vago.
Saran forse le sue mura intrise del sangue sparso sui campi di battaglia, del rosso araldo della nascita, del liquido messaggero della morte?
Sono i suoi fossati colmi del trasparente frutto della sofferenza, scorrono all’interno dei suoi turriti confini i pianti versati perché si è temuto quel che non si doveva, o sperato quel che non si poteva? Ma le lacrime scaturiscono anche dal terreno verdeggiante della gioia, dall’anfratto riposto di un’intima soddisfazione, dalla polla limpida e soleggiata appena ondulata dai palpiti del cuore.

La natura riposa ansimando lieve sotto il rovente tallone del sole estivo, e le immagini nella mente si confondono fino a diventare nebulose visioni.

Al torrente salato delle lacrime si mescola allora il fluire copioso del sudore che cinge, ghirlanda di perle trasparenti, la fronte dell’agricoltore intento al raccolto, della madre gravata da femminili ambasce, delle coppie occupate nel miracoloso ufficio della propria riproduzione.

L’antagonista che alberga in ognuno di noi a questo punto, e giustamente, insorgerebbe perché il liquido per sua natura non ha propria forma, ma prende quella del recipiente che lo accoglie. E’ quindi in primo luogo necessario che s’aggiunga l’argilla corposa dell’agire quotidiano, la terra spessa del dovere, la polvere della consuetudine.
L’impasto così ottenuto assume la foggia voluta se lo si costringe nell’angusto ma preciso stampo della Volontà e della Determinazione, secondo le regole e le misure dettate dalla Conoscenza.

L’oziosa riflessione è carezzata dalle lunghe, seriche dita della sera. Il carro infuocato dell’astro che dà la vita scompare oltre le cime offuscate dei Monti. Il saggio muove il passo incerto per la lunga meditazione. Camminando gli sovviene che l’ultimo atto è il riscaldare la miscela, affinché l’unione tra liquido e solido si compia, con l’altissimo e inestinguibile fuoco della passione.

Ed è per questo, Confratelli e Concittadini, che l’austero Edificio ch’ora abbiamo a disposizione per i nostri studi non è un ricettacolo di Tomi, e nemmeno un freddo luogo di studio e meditazione.
I suo mattoni sono impastati con il sangue, il sudore e le lacrime. Le sue stanze echeggiano di urla e di risate. E non c’è nulla di più vivo delle sue pallide pergamene.

DONEZ - Consigliere dell'Arcana Saggezza