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LA VITA DI... |
Il
gelido vento dell’Inverno tardava a flagellare le coste
dell’isola di Qart Harashat, nell’emisfero Sud.
Il clima mite di fine Autunno pareva non voler lasciare la
verde isola e le bianche case della maestosa Althenia. La
perla del Sud, come la chiamavano i viaggiatori che navigavano
lungo le acque del Mare dei Vermi, si affacciava maestosa
sulla baia che, come ogni mattina, si riempiva dei colori
del sole, del mare e delle vele dei pescatori che si procuravano
la più ricca risorsa di cibo che si potesse recuperare
in quell’angolo di mondo. Alle prime luci dell’alba
i pescatori, che abitavano molto vicini alle banchine a cui
erano ormeggiate le loro barche da pesca, già erano
al lavoro; preparavano le esche per attirare i banchi di pesce,
controllavano che le reti fossero resistenti e, alzando gli
occhi al cielo, mormoravano una piccola preghiera al vento
affinché arrivasse nel momento giusto e senza fare
danni alle loro vele fatte di materiali di non primissima
qualità.
Ad Est il sole stava mandando i suoi primi riflessi rossi
e sembrava quasi che il grande astro splendente uscisse direttamente
dal mare, dopo una notte passata a riposare tra i mostri marini
che popolavano le antiche leggende.
Molti pescatori erano già in mare, pronti per un’altra
giornata di lavoro: poco di ciò che pescavano era destinato
alle proprie famiglie; gran parte del ricavato finiva tra
le bancarelle del mercato dove ogni giorno i mercanti di Althenia
offrivano alla popolazioni merci provenienti da tutte le terre
conosciute. Molti di questi mercanti avevano delle floride
imprese tanto da poter permettersi una bancarella nella piazza
centrale del mercato, un magazzino per le merci al porto ed
una bella nave robusta e spaziosa che, attraverso il Mare
dei Vermi, giungeva ai continenti del Nord per acquistare
merci altrimenti inesistenti sull’isola di Qart Harashat:
pelli d’animali, tessuti pregiati, metalli per le armi,
bronzo per i rivestimenti di scudi, armature ed altri innumerevoli
oggetti di legno finemente decorati da abilissimi mastri artigiani
Nani.
Il via vai tra il porto e la città non cessava quasi
mai; un contadino che portava i suoi frutti, un mercante con
il suo carretto o pescatori e marinai che rientravano alle
loro abitazioni. Pareva quasi che Althenia non dormisse o
riposasse mai, perché anche durante la notte vi erano
molte locande aperte dove gli uomini si radunavano alla fine
di una dura giornata di lavoro, a raccontarsi le grandi storie
epiche che giungevano dal Nord insieme ai mercanti che le
udivano in altri porti.
La vita volgeva sempre sicura per gli uomini della grande
isola, perché su tutti i suoi abitanti vigilava, come
una sentinella in guardia, la Regia Marina di Althenia.
La sua flotta era composta da trecento navi veloci con tre
ordini di remi ed equipaggiata con sessanta fanti di marina
per ogni nave, ed altre cinquanta navi più pesanti
dotate di piccole catapulte a poppa accuratamente nascoste
per sorprendere il nemico. La Regia Marina si era rivelata
indispensabile molti anni prima; troppo frequenti erano state
le scorribande dei pirati provenienti dall’isola di
Nong Phal ma, soprattutto, si doveva da alcuni anni frenare
le insistenti minacce che arrivavano da una misteriosa isola
nel cuore del Mare dei Vermi, che mai nessuno aveva esplorato
e che mai nessuno aveva letto su mappe scritte sulle varie
pergamene.
Strane creature che parevano uscite dal Nero abisso, avevano
fatto la loro comparsa e spesso le imbarcazioni giungevano
a Sud con quelle creature rozzamente armate che importunavano
anche le rotte commerciali dei mercanti di Althenia o i pacifici
pescatori della Città Bianca.
Il Comandante della Regia Marina selezionava personalmente
i suoi collaboratori e nominava lui stesso i Capitani d’ogni
singola imbarcazione: tutti i suoi uomini in quei giorni pattugliavano
le coste di Qart Harashat con le loro navi. Tutti tranne uno,
forse il migliore di loro, ErminEinsdorff.
Il grande Ammiraglio gli aveva concesso tre giorni di licenza
perché stava per diventare padre.
Sua moglie Suzerdjalle era giunta al nono mese di gravidanza
e, di lì a poco, sarebbe nato il suo primo figlio maschio.
La mattina appena cominciata era quella decisiva: la giovane
Suzerdjalle, accudita dalla madre e da due levatrici, diede
alla luce il piccolo YulEinsdorff. I suoi vagiti riempirono
l’intera casa del Capitano ed anche il suo cuore che
vedeva per lui un futuro di serenità.
Pochi istanti dopo suonò il corno dal faro del porto:
Althenia stava subendo un attacco da quelle strane creature
ed Ermin non poté indugiare. Baciò la moglie
ed il figlio, vestì la sua corazza di pelle fregiata
sopra una tunica rossa, prese il suo elmo la sua spada e si
avviò al porto che distava poco dalla sua casa. Trovò
già pronti i suoi sessanta fanti armati e, poco dopo,
Ermin controllava il mare dal ponte della sua nave; le altre
triremi erano già in posizione, mentre i vascelli pesanti
erano ormai fuori dal porto. Appena fuori dalla baia una nebbia
spessa ostacolava la vista nonostante si fosse già
a metà mattina.
Il clima pareva irreale; pochi istanti passati in silenzio
dipingevano una situazione tipicamente funesta e poco dopo
il silenzio fu rotto da un suono di un corno e l’aria
si riempì di un sibilo sinistro.
Nugoli di frecce piovvero sui fanti di marina e la battaglia
ebbe inizio.
Coloro che non erano stati colpiti alzarono i propri scudi
mentre i vascelli pesanti scoprirono le loro catapulte a poppa
ed iniziando faticosamente a lanciare sassi e pietrame contro
la nebbia che stava davanti a loro. Alcuni colpi caddero in
acqua senza centrare il bersaglio, mentre altri cozzarono
lievemente qualcosa tra il fitto della nebbia. Poi, quasi
per incanto, la nebbia scomparve ed agli occhi dei marinai
di Althenia apparvero una moltitudine di navi con vele nere.
L’allarme, lanciato da una flotta mercantile che era
stata attaccata lungo il tragitto, si rivelò più
che giustificato. La tensione crebbe tra le file dei soldati,
ma i singoli capitani gridarono e spronarono i loro uomini:
Ermin fece altrettanto con i suoi e, dopo un cenno comune
agli altri Capitani, si mosse per cercare l’abbordaggio.
Sul fronte opposto le pesanti chiatte che trasportavano immonde
creature si muovevano lentamente ed anzi erano a rischio di
naufragio per la scarsa capacità di costruzione di
queste imbarcazioni. Nella zona in cui prima c’era una
coltre di spessa nebbia ora vi erano rozzi esseri che sbuffavano
e schiumavano dalla bocca, desiderosi di sangue e di carne
d’uomo da macellare. Ad Ermin tornarono in mente le
vecchie leggende di questi Orchi malefici che solcavano i
mari su immonde creature acquatiche.
Cercò di farsi forza, per lui e per i suoi uomini,
ma ancor più per il piccolo Yul, nato da poche ore
e per la sua città Althenia, la Perla del Sud.
La battaglia fu durissima: molte navi furono speronate ed
inizialmente diversi marinai che caddero in acqua rimasero
stritolati tra le due chiglie; le spade e le lance s’incrociarono
e molti furono gli uomini che caddero trafitti dalle lance
più lunghe degli Orchi. Lo scontro si fece presto ancora
più cruento: molte navi furono abbordate, schegge e
travi di legno saltarono nell’impatto mentre alberi
venivano disarcionati e le vele squartate; molti furono i
corpo a corpo ed in breve tempo i ponti delle navi vennero
ricoperti di cadaveri e corpi mutilati senza vita, o ancora
con spasmi terribili.
Altri corpi galleggiavano nelle gelide acque del Mare dei
Vermi, mentre un vento freddo e minaccioso soffiava da Nord;
un odore nauseante di morte, misto a carne bruciata, aleggiava
ovunque giungendo perfino alle scogliere dell’isola
di Qart Harashat.
La battaglia fu vinta ma il prezzo che gli uomini di Althenia
pagarono fu davvero alto in termine di vite umane. Delle trecento
triremi soltanto cinquanta tornarono in porto, alcune di esse
anche in pessime condizioni, e degli oltre duemila uomini
impegnati in quella battaglia più della metà
morì in quelle acque, trapassato da lance, frecce e
spade.
Nonostante la vittoria ottenuta non ci furono feste di gioia
nemmeno per i sopravvissuti che rientrarono in patria; non
c’era il tempo per restare fermi: nessuno ancora sapeva
da dove uscissero quelle creature e se mai si dovessero aspettare
un nuovo attacco da un momento all’altro.
Tuttavia la prima cosa che fecero fu quello di issare un’enorme
stele di pietra al centro del porto con tutti i nomi degli
eroi caduti in quel terribile giorno. In cima alla lista campeggiava
il nome di ErminEinsdorff. La notizia della morte gettò
nello sconforto più assoluto la moglie, ma anche il
comandante della Regia Marina che aveva perso il migliore
dei suoi Ufficiali.
Proprio nel giorno in cui veniva alla luce il piccolo Yul,
una freccia colpì Ermin al collo lasciandolo sul ponte
della sua nave privo di vita. Suzerdjalle si trovò
da sola a crescere il proprio figlio senza l’aiuto d’altri
parenti. Entrambi i nonni paterni del piccolo Yul erano morti
tempo prima, mentre i genitori di Suzerdjalle, di nobili origini,
non avevano mai visto di buon occhio l’unione della
figlia con un uomo di mare e l’avevano abbandonata al
suo destino già da quando lei aveva rifiutato di sposare
il Conte Stoyner, imparentato con la famiglia reale di Althenia.
Tuttavia il Comandante della Regia Marina, mosso a compassione,
li accolse nella sua casa, anche sostenuto dall’appoggio
della moglie; avrebbe cercato di fare del piccolo YulEinsdorff
un altro grande Ufficiale di Marina. Tutte le volte che lo
guardava vedeva in lui gli occhi del padre e la sua grande
attrazione per il mare.
Passarono così i primi anni di vita del piccolo YulEinsdorff,
diviso tra i pontili del porto ed i giardini della villa dell’Ammiraglio.
Sua moglie, nei pomeriggi di Primavera ed Estate, raccontava
storie ed insegnava al piccolo Yul a leggere e scrivere, mentre
la madre prestava i suoi servizi come lavorante nella villa.
L’Ammiraglio si riscoprì un uomo giovane con
un bambino per casa e spesso lasciava ai suoi sottoposti il
controllo delle opere di fortificazione del nuovo porto. La
minaccia di quelle orride creature non era del tutto cessata
ed era necessario proteggersi da eventuali attacchi.
La costa Nord dell’isola era ben protetta dalle alte
scogliere su cui vennero costruite delle torrette di vedette,
mentre nella baia che conduceva al porto fu costruita un’opera
muraria incredibile e che pochi osavano credere realizzabile.
Molti operai ed artigiani lavorarono assiduamente nella cava
di pietra sul versante meridionale dell’isola, dove
rocce e metalli vennero presi e gettati in mare per costruire
una sorta di muro sull’acqua. Le acque nella baia non
erano molto profonde e questo facilitò notevolmente
le operazioni, dando così agli operai la possibilità
di realizzare delle piccole penisole di terra e pietre che
si congiungevano a metà. Ivi un vallo di legno simile
ad un portone fu agganciato e fissato alla pietra sulle due
lingue di terra create artificialmente.
Ci vollero più di tre anni per costruire e fortificare
il porto e la baia ed altrettanti anni per ricostituire la
flotta navale rendendola ancor più potente. E in tutto
questo tempo il piccolo YulEinsdorff crebbe e si scoprì,
da adolescente, ad avere le stesse passioni che avevano contraddistinto
suo padre ErminEinsdorff: il mare e le navi.
Si costruì da solo la sua prima e spoglia imbarcazione:
una zattera fatta di tronchi di frassino legati tra loro con
una corda spessa di canapa e delle tavolette di legno che
aveva levigato a mano senza l’aiuto di nessuno. Poi,
notando che la sua zattera era poco manovrabile e facilmente
affondabile, si costruì una canoa; ci mise oltre un
anno a finirla, solo per darle la forma della chiglia e scavarne
l’interno. Quando ormai aveva finito la sua canoa, imbottendosi
l’interno con delle pelli decise che sarebbe stato meno
faticoso sfruttare di più la forza del vento piuttosto
che quella delle sue braccia; prese così delle vecchie
assi di legno e le legò, poi gli diede la forma della
chiglia e le rivestì all’interno con delle pelli,
mentre all’esterno la ingrassò per bene coprendo
ogni eventuale buchino per evitare eventuali falle. Costruì
un piccolo albero su cui montò una vela ricavata dall’assembramento
di stracci e tessuti di scarto. Due mesi dopo l’inizio
della costruzione era pronto per il varo, ma anche per lui
suonò la chiamata della patria all’uso delle
armi. Cinque anni da soldato, come tutti i giovani di Althenia,
che passò sulle triremi della Regia Marina tornata
nuovamente florida come ai tempi di ErminEinsdorff.
Il ciclo d’apprendimento all’arte della guerra
era, per tutti i novizi, improntato su un primo periodo di
preparazione fisica; quattro mesi li trascorsero fuori dalle
mura di Althenia, tra la vegetazione dell’isola di Qart
Harashat, dove allestirono un accampamento e dove i Capitani
di reparto facevano compiere a tutti gli esercizi prefissati.
Successivamente passarono otto mesi nell’apprendere
l’uso delle armi, mentre per tutto l’anno successivo
cercarono di mettere in pratica gli insegnamenti direttamente
a bordo delle navi. Con l’utilizzo d’alcune zattere
mobili ed armati di bastoni ricoperti, per non creare danni,
ingaggiarono spesso dei duelli per prepararsi alle eventuali
battaglie navali. YulEinsdorff, nel fiore dei suoi anni, dimostrava
abilità nell’uso della spada e della lancia,
ma la materia in cui eccelleva nell’Accademia Militare
della Regia Marina era certamente la conduzione di una nave.
Pareva che conoscesse le correnti presenti nella baia e, addirittura,
quando soffiavano i venti e da dove. Il grande Ammiraglio
della Marina cominciava ad intuire che, vista la strada che
stava per prendere, YulEinsdorff non sarebbe mai entrato nei
quadri ufficiali della Regia Marina. Tuttavia aveva ancora
tre anni da passare al servizio della patria quando un nuovo
e rinnovato pericolo si manifestò.
I pirati delle isole del Sud erano tornati a far scorribande
tra le varie colonie ed insediamenti di quell’emisfero.
Molti emissari di piccoli regni e principati giunsero in città
e chiesero alla Libera Assemblea dei cittadini il sostegno
contro quei selvaggi che, con la forza delle armi, depredavano
le navi mercantili o i raccolti d’inermi contadini.
« Invoco la Vostra protezione, amici di Althenia, in
nome di tutte le popolazioni oppresse dell’Arcipelago
dei Coralli» disse il portavoce di quella delegazione,
che era senz’altro l capo carismatico delle assemblee
di quelle isole. Poi sempre lo stesso iniziò a descrivere
minuziosamente le tragedie e le ruberie che subivano ad opera
di questi pirati che pareva spuntassero dal nulla per poi
tornare a scomparire tra i flutti, dopo le loro uccisioni
e ruberie. L’uomo raccontava quei fatti in maniera così
passionale che i cittadini di Althenia potevano quasi vedere
con i propri occhi quegli abominevoli orrori. Contadini mutilati,
mercanti che, arresisi, venivano lasciati in mezzo al mare
in balia delle onde e degli squali. Non ci volle molto perché
l’Assemblea votò favorevolmente alla missione.
Era ancora vivo negli occhi degli abitanti l’orrore
della guerra, ma quel grido di dolore che giungeva da fratelli
ed amici non poteva restare inascoltato.
Il Comandante della Regia Marina allestì subito la
flotta, dotando le sue navi di una scorta alimentare e di
medicinali; YulEinsdorff passò i suoi ultimi tre anni
come soldato perennemente sulle navi a dare la caccia a questi
fantomatici pirati. La Regia Marina di Althenia ripulì
l’Arcipelago dei Coralli dalla piaga dei pirati, lasciando
per un intero decennio che la pace regnasse tranquilla. YulEinsdorff
restò altri cinque anni imbarcato come fante di marina
ma, non appena il governo di Althenia istituì una flotta
di navi mercantili, sotto l’egida della Regia Marina,
il Comandante mise il suo pupillo Yul sul gradino più
alto di quell’istituzione.
Era giunto ormai sulla soglia del suo terzo decennio e davanti
a lui pareva intravedersi un radioso futuro. I progetti che
aveva preparato negli anni precedenti stavano venendo alla
luce, con un molo mercantile e dei magazzini dove stoccare
le merci in arrivo e poi i progetti delle nuove navi che dovevano
essere capienti ma veloci e facili da manovrare. Gli operai
della città lavorarono incessantemente e tutti erano
mediamente benestanti.
La Marina dei Mercanti iniziò i suoi primi viaggi attraversando
il Mare dei Vermi in metà del tempo impiegato dalle
solite imbarcazioni e questo permetteva alle navi di YulEinsdorff
di risalire anche il corso di qualche fiume e di spostarsi
in altre zone del mondo non esplorate prima.
I successivi tre anni che passarono parevano presagire il
benessere per tutti gli abitanti di Althenia, dell’isola
di Qart Harashat e anche dell’Arcipelago dei Coralli,
che ormai era divenuto un protettorato della grande città.
Tuttavia i segnali di nuovi orrori parevano raggiungere l’isola
puntuali, come in ogni periodo di bonaccia. In una mattina
d’inizio Autunno carcasse d’imbarcazioni con corpi
mutilati in più punti giunsero a lambire le coste di
Qart Harashat trascinati lì dalla corrente.
Una nuova minaccia pareva sorgere all’orizzonte, dietro
le nebbie nel profondo Mare dei Vermi. La popolazione si agitò
notevolmente e furono interpellati i sacerdoti.
Gli eruditi furono invitati ad interpellare gli dei nelle
ampie sale dei vari templi a loro consacrati sulla porta alta
della collina che sovrastava l’intera città.
Bisognava interrogarli per sapere che cosa volessero dire
quei segnali di morte che giungevano dal Nord, perché
il giorno seguente sarebbe partita la flotta mercantile per
il viaggio che li avrebbe portati a negoziare con mercati
d’altre città sul continente.
Ci fu una grande cerimonia, dove i Sacerdoti compirono dei
sacrifici per propiziarsi la benevolenza degli dei; tutta
la popolazione partecipò perché grande era la
paura. Gli assistenti dei Sacerdoti imbandirono l’altare
con una tovaglia bianca e vi aggiunsero sopra ghirlande di
fiori e foglie e poi misero delle boccette di profumi; una
capra fu portata legata sull’altare e lì il Sommo
Sacerdote di Althenia sgozzò l’innocente bestiola.
Le interiora furono esaminate e, con un ampio e rassicurante
sorriso, i Sacerdoti proclamarono la volontà degli
dei.
«Gli dei sono con noi!» fu il verdetto.
La popolazione di Althenia applaudì.
«Rallegrate i Vostri cuori preoccupati, stanotte faremo
festa e renderemo lode agli dei!».
Furono cantati inni sacri in onore dei celesti, ma la preoccupazione
sui volti dei militari era tanta e a dir poco incancellabile.
Il grande Ammiraglio esortò YulEinsdorff a rinunciare
al viaggio, ma lui declinò l’offerta. Era profondamente
convinto delle parole dei Sacerdoti e, in quanto timorato
degli dei, credeva che qualunque fosse stata la loro volontà,
lui il giorno dopo sarebbe partito.
E così fece. Venti navi mercantili erano pronte ai
pontili di legno per fare la traversata dell’oceano;
molti cittadini, seppur convinti dalle parole dei Sacerdoti,
avevano il cuore gonfio di tristezza.
Un triste presagio iniziava a balenare negli occhi di molti
degli imbarcati, ma nessuno parlò e, ad un cenno di
YulEinsdorff, le vele bianche con il simbolo del grifone rosso
furono issate e le navi si avviarono ad uscire dal porto fortificato.
Il grande Ammiraglio diede a Yul come appoggio altre venti
triremi, una piccola scorta per i mercanti in viaggio.
Le navi uscirono dalla baia; il mare era apparentemente calmo
ed il vento soffiava leggero, quasi avesse paura di disturbare.
YulEinsdorff, sul ponte della nave ammiraglia, guidava la
sua flotta mercantile scrutando tra la nebbia che non accennava
ad abbassarsi a qualche miglia di distanza dalla costa. Il
sole si era nascosto timoroso di assistere a qualcosa di terribile
e le nubi si fecero man mano sempre più scure e minacciose.
Ad un tratto anche quell’esile soffio di vento si placò
e gli uomini andarono ai remi, ma pareva che le navi non si
spostassero. Poi le acque presero a ribollire ed il cielo
divenne scuro come la notte, sebbene non fosse trascorso mezzogiorno.
Iniziò a piovere e, a poco a poco, l’intensità
della pioggia aumentò ed il vento riprese a soffiare
ma assomigliava più ad un sibilo; poi, come per magia,
si materializzarono davanti a loro degli stormi di pipistrelli
velocissimi e delle averle da combattimento che puntarono
dritti su di loro squarciando molte vele degli alberi. Le
navi militari di scorta prepararono gli uomini alla battaglia,
ma il loro destino era ormai segnato; la nebbia si diradò
e la minaccia divenne reale: la flotta della Legione Infuocata
si apprestava a colpire inermi esseri umani disarmati.
Fu una carneficina. Le navi furono sventrate mentre i corpi
di molti fratelli risucchiati nel vortice di mulinelli mai
visti prima in quelle acque. La nave ammiraglia fu la prima
ad essere colpita; YulEinsdorff fu colpito al capo da un brandello
di vela e cadde sul ponte della nave perdendo i sensi. Il
massacro si compì in breve tempo e passò oltre
dritta, verso l’isola di Qart Harashat e Althenia. Gli
eruditi si erano sbagliati e la città pagava ora la
sua agiatezza e l’ira degli dei.
YulEinsdorff giaceva svenuto su una rozza tavola simile ad
una zattera; la fortuna lo aveva risparmiato perché
quei Demoni ed Orchi aggressori lo avevano creduto morto.
Aprì gli occhi e vide la morte tutt’intorno a
lui; tronchi di nave e corpi d’uomini senza vita ma
l’orrore più grande lo vide voltandosi verso
la sua patria.
Dense ed alte volute di fumo salivano dalla baia e quasi poteva
sentire il lamento d’uomini e donne della città
distrutta dalla furia dei Demoni.
Si abbandonò affranto al tronco a cui era appoggiato,
desideroso di morire anch’egli, perché non c’era
più ragione per lui di stare in vita. La sua patria
era finita, distrutta e tutto quella che era stata la Città
della Gioia ora non esisteva più. Molte erano le domande
che si pose mentre tra i flutti restava aggrappato alla zattera.
Imprecò e maledì i Sacerdoti, che erano rimasti
ciechi davanti ad una così terribile minaccia. Perse
i sensi e per giorni vagò in balia dei flutti, fino
a che la zattera su cui era aggrappato raggiunse una spiaggia.
Era il giorno del suo trentaquattresimo compleanno e si trovava
sperduto, vestito di stracci e malnutrito, su una spiaggia
che non conosceva; ai suoi fianchi rottami di navi con alcuni
vestiti e brandelli di vela strappati. Ripensò ai giorni
passati appeso ad una trave dopo il violento attacco della
Legione Infuocata demoniaca.
Prese a vagabondare per quello strano paese vivendo di carità
ed elemosina. Qualche volta gli capitava anche di trovare
un animo nobile, che gli dava del lavoro da sbrigare in cambio
di un pasto e di un tetto sotto cui dormire. Lo sconforto
lo assalì. Lui, che ero stato il primo degli Ammiragli
della Marina Mercantile di Althenia, ora era ridotto a fare
il guardiano di maiali, o lo stalliere, o peggio ancora lo
sbattitore di tessuti.
Era ferito nell’orgoglio, ma dentro di sé sentiva
che doveva andare avanti per la sua strada e che, in qualche
modo, doveva pur mangiare. Passò un altro anno ed il
duro lavoro spense del tutto quelle che erano state un tempo
le sue ambizioni. Tuttavia sentiva qualcosa in lui, una forza
strana che gli diceva di proseguire e di mettersi in viaggio
verso Nord.
Arrivò ad un crocevia commerciale e lì si compì
il suo destino.
Era seduto per terra al riparo di un albero tra una bancarella
e l’altra di mercanti. Lì poteva udire parlare
e disquisire d’ogni cosa, fino a che non sentì
dire di un posto davvero meraviglioso: una città splendida,
dove ogni nuovo Cittadino era rispettato come se fosse il
più antico dei Signori, un luogo dove ci si poteva
rifare una vita, ripartire da zero.
YulEinsdorff non comprese subito il nome di quella città,
ma vedeva molte persone che s’informavano e che partivano
in colonna con i loro familiari su carretti trainati da muli
e piccoli pony per quel posto meraviglioso. Si accodò
anche lui alla folla che intravedeva in quella città
il posto ideale per crescere la propria famiglia. Una luce
di speranza brillò negli occhi di Yul e la possibilità
di iniziare una nuova vita gli si affacciò davanti
prepotente, con stimoli che lo indussero a preparare i suoi
pochi bagagli ed accodarsi alla carovana che puntava verso
Nord, verso quel miraggio fatto di solida pietra.
Caracollarono per diversi giorni attraversando pianure e valli,
deserti e montagne ed ancora guadando fiumi, fino a quando
il miraggio si compì e si materializzarono davanti
ai loro occhi le imponenti mura di quella città, che
poi apprese chiamarsi Lot.
Finalmente Yul poteva ricominciare a vivere. Si era lasciato
alle spalle la morte e la distruzione, nonostante gli orrori
vissuti in prima persona e guardava al futuro con rinnovata
fiducia. Certamente era consapevole che non poteva aspettarsi
subito un trattamento da Nobili, anche perché giungeva
come Straniero in una nuova città.
Le sorprese non finirono per YulEinsdorff perché, oltre
le meraviglie che si raccontavano sul buon tenore di vita
della città che gli ricordava tanto Althenia, rimase
stupefatto quando, per la prima volta, mise piede all’interno
dei Giardini delle Delizie.
Il vialetto centrale con i piccoli sassolini era ben curato;
le aiuole verdi e profumate contenevano una quantità
di fiori che non aveva mai visto o perfino sentito parlare.
Enormi alberi che protraevano i loro lunghi rami ricoperti
di foglie che davano frescura e sollazzo a coppie d’innamorati,
o ad un gruppo d’amici che si radunavano lì per
passare una bella giornata all’aria aperta. Da subito
gli piacque questa città ma fu ancor più sorpreso
quando, seguendo la strada verso Sud, Yul s’imbatté
nella Cascata delle Delizie, un luogo a dir poco magico.
L’acqua cristallina s’insinuava dentro il suo
corpo con il preciso scopo di dare tranquillità e serenità.
Si potevano scorgere i sassolini che stavano sotto il fondale
del laghetto, mentre tutt’intorno l’aria beneficiava
dei profumi della natura. Era già sufficientemente
contento di quello che aveva raggiunto ma ancora non aveva
visto il vero potere di Lot ed il carattere dei suoi straordinari
Cittadini. Fu invitato a far parte di un Clan prestigioso,
nonostante nessuno lo conoscesse e certamente era assai difficile
che fossero giunte fin lì le notizie della rigogliosa
Althenia e del ruolo che YulEinsdorff aveva rivestito nella
sua città.
Passò alcuni mesi all’interno del Clan cercando
di rendersi utile nel migliore dei modi, ma sentiva in lui
un richiamo profondo, una passione per qualcosa di perduto;
sentiva il desiderio di conoscere, studiare e tramandare la
Storia di quella città affinché tutti ne potessero
conoscere il vero valore.
Gli fu concessa la possibilità e, con impegno e dedizione,
YulEinsdorff veste ora i panni di Detentore dell’Arcana
Saggezza.
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