Miti e Leggende

La leggenda della Maga Dorata

 

Finalmente la città di Lot, dopo tante peripezie, fu terminata di costruire nelle sue parti essenziali e un senso d'eterna gratitudine regnava nei cuori di tutti. Quando il Principe Theon ricevette i ringraziamenti del Granduca, per l'aiuto offerto, quest'ultimo gli donò un vasetto di miele estratto dai nuovi alveari, popolati da quelle api che ogni giorno si erano nutrite grazie alle pianticelle portate a Lot dai carri del Principe.

Come tutti sappiamo nell'alveare vi sono le api operaie, che producono il miele e nutrono anche la loro regina, sempre guardata a vista e protetta dallo sciame. La regina difficilmente lascia l'alveare, ma se lo fa è per trovare una nuova casa, forse più sicura della precedente oppure perché l'insediamento di una nuova sovrana la obbliga ad abbandonare l'alveare.

Un'ape regina, una fanciulla ed il volere di Themis, sono gli ingredienti principali di questa leggenda che vado a narrare.

Le api operaie, dopo aver svolto le mansioni quotidiane, si prepararono a partire. La regina già aveva posto la corona sul capo della nuova sovrana. Il rito si era consumato in breve tempo, dato che i due fronti, delle api soldato, cominciavano a sentirsi stretti uno contro l'altro e c'era il rischio imminente di una guerra civile.
Lo sciame prese il volo alla ricerca di un nuovo posto dove vivere. Erano stati costruiti molti alveari intorno alla città di Lot, ma data la bellezza della Valle dell'Incanto e la sua ricchezza floreale, nessuno era disabitato.

Le api provarono invano ovunque ed in ogni direzione. Nel frattempo il cielo si stava mettendo al brutto e la temperatura stava precipitando.
Sappiamo bene come a Lot sia facile passare dal caldo al freddo e trovarsi avvolti da una pioggia scrosciante, anche nel pieno di una torrida estate.

Quel giorno una famiglia di boscaioli: padre, madre e figlioletta si recò nella foresta per cominciare a fare scorta della legna, da consumare durante il lungo e freddo inverno. L'uomo, vedendo che il tempo si stava mettendo al peggio, si dette da fare per concludere presto il carico sul carro e ripartire verso casa.
La donna raccoglieva gli arbusti più leggeri, che sarebbero serviti per l'accensione del fuoco e per ravvivare le braci quando tendevano a spegnersi. La fanciulla invece giocava nel prato antistante la folta vegetazione, raccogliendo fiorellini ed odorandone la corolla. Un bel mazzolino stava prendendo corpo nelle sue mani ed, osservandolo crescere, ella pensava alla felicità della Dea Themis quando lo avesse portato al Tempio e posato ai piedi della sua statua.

La fanciulla stava in ginocchio sull'erba, quando lo sciame d’api pellegrine le passò sopra la testa.

La bambina, pensando ad un solo insetto, mosse la mano per scacciarlo e, nel gesto, non si accorse di colpire proprio la regina dello sciame che, a causa della stanchezza, cadde stremata sull'erba. La giovinetta s'accorse dell'insetto che stava rovesciato vicino al gambo di un fiore e della poca vita che ancora era rimasta nel suo ventre. Lo raccolse con il palmo della mano e l'osservò, con il suo sguardo dolce ed innocente. La regina avvertì subito il calore del corpo di Venacèa, questo il nome della fanciulla, riprendendo così parte delle forze.

Nel frattempo lo sciame d’operaie si accorse d’essere rimasto senza comando, così tornò indietro alla ricerca della regina.

Venacèa, che già da più piccola aveva imparato a colloquiare con gli animali e tutti gli insetti, le chiese cosa facesse fuori dal suo alveare, visto che il tempo non stava promettendo nulla di buono.
La regina mosse qualche passo nella mano della fanciulla e le raccontò con un filo di voce tutta la vicenda. Era stanchissima e la vita stava davvero per abbandonarla.

La ragazzina decise allora di andare dal padre e chiedergli se avesse potuto costruire in poco tempo un alveare nuovo per la povera regina.
L'uomo, all'inizio, non credette alla storia, anche perché era stato sempre un po’ scettico sulla possibilità che la figlia avesse il potere di parlare con l'altro mondo dei viventi, ma poi si convinse grazie anche all'appoggio, verso la figlia, della madre.
Lo sciame d’api soldato, avvistata la regina, puntò su Venacèa in posizione d'attacco, a difesa della propria sovrana. L'ape si fece forza ed alzandosi in piedi alzò la zampa anteriore arrestando l'esercito:
<< Fermatevi miei fedeli soldati, ho messo la nostra vita nella volontà di questa fanciulla e lei ha promesso di aiutarci >>.

Venacèa, impaurita dall'arrivo di tutti quegli insetti, era corsa a nascondersi dentro un albero cavo e non sortì fino a quando la stessa ape regina non le andò vicino per rassicurarla. Tutte le altre si misero intorno alla fanciulla ed insieme attesero che l’alveare fosse completato.

Non ci volle molto, dato che il padre ne aveva già costruiti altri durante quel periodo della fondazione di Lot. Quando la nuova casa fu pronta, Venacéa depose la regina all'entrata e sorridendo disse:
<< Ecco, questo è il vostro nuovo palazzo, bella regina >> e s'inchino con riverenza.
L'ape era felicissima e con un segnale fece entrare tutte le altre, ma lei si soffermò un po’ e rivolgendosi a Venacèa le sussurrò:
<< Tu mi hai ridato la vita ed è la cosa più bella che ognuno di noi possiede e potrà mai possedere. Io adesso ti ricambierò con un dono, ma non aver paura quando mi poserò su di te e ti pungerò, non ti farò del male; sentirai crescere in te la capacità di poter donare la Forza a tutti i tuoi simili e la tua pelle cambierà colore, ricoprendosi di polvere d'oro. Assumerai così il colore del miele >>.

Venacèa chiuse gli occhi e l'ape regina, posandosi sul collo di lei, la punse.
Non si formò alcun gonfiore ed in pochi istanti Venacéa si coperse di polvere d'oro.
I genitori della fanciulla le si avvicinarono impauriti e preoccupati, ma lei li acquietò con un sorriso e con un bacio.

Venacèa ora aveva la capacità di poter donare la Forza a chiunque si recasse da lei per chiederla.

Le giornate si facevano sempre più corte e l’inverno era alle porte, le campagne intorno alla città di Lot erano diventate insicure ed una mattina una banda di Gobelin assalì la fattoria di Venacèa. Il padre e la madre capirono subito che la situazione era disperata e fecero fuggire la fanciulla da una finestra, dicendole di correre a Lot e chiedere aiuto.

Quando l’Esercito raggiunse la fattoria, ormai non restavano che poche travi bruciate ed i due contadini erano morti.
Il Granduca, appresa la notizia della tragedia, chiamò a corte Venacèa e rimase stupito dal colore della sua pelle. Dopo averle espresso il proprio dolore per il lutto che l’aveva colpita, le chiese di raccontargli la propria storia; colpito da quanto aveva udito, la prese sotto la propria protezione e le assegnò una casa all’incrocio tra il Vicolo del Grano ed il Vicolo Corto, chiedendole di dispensare le proprie arti a tutti i Cittadini.

Da quel giorno, per tutti, ella divenne la Maga Dorata di Lot.
Venacèa si mise subito all’opera ed adibì il piano terra della sua casa a laboratorio e bottega.

Preparava varie pozioni (più o meno potenti): alcune si limitavano a rigenerare la Forza perduta, come la pozione di Alghe o il Succo di serpente, mentre altre accrescevano la Forza stessa, come il famosissimo Talismano di Kern.

In realtà, la base che rendeva efficaci tutti i suoi preparati, era il dono che le aveva dato l’ape regina.
Le monete che Venacèa chiedeva, servirono prima a rendere più facile la vita ai Cittadini più poveri e, in seguito, per il bene della città, d’ogni Gilda e Mestiere.
Per un punto Forza chiedeva 250 monete d'oro, per due punti 350 monete e per cinque punti Forza 1000 monete d'oro.

Trascorsero così l’inverno, la primavera ed una nuova estate, ma al sopraggiungere dell’autunno la città iniziò a cedere agli assalti delle truppe di Honoris ed, una notte, i Soldati di guardia vennero sopraffatti ed Orchi e Goblin si riversarono in città.

In poco tempo il buio fu rischiarato dal bagliore degli incendi e la notte risuonò delle urla di trionfo dei vincitori e delle grida disperate dei cittadini che cercavano scampo.

Un gruppo di Soldati, guidati da un Capitano, cercarono di raggiungere la Bottega, ma in breve furono respinti dalle orde che ormai dilagavano per le vie di Lot, così la Maga Dorata si ritrovò nuovamente sola ed in balia delle orde di Honorius.

Mentre la porta della Bottega iniziava a cedere sotto i colpi d’ascia e le imposte delle finestre venivano divelte, Venacèa si preparava a morire ed a raggiungere i suoi genitori, quando ricomparve l’ape regina.

<< Venacèa, tu hai salvato me e il mio popolo, ed ora sono qui per portarti con me, lontano da tutto questo dolore. Non potrò salvare il tuo corpo, ma il tuo spirito sarà libero >>.

La Maga Dorata chiuse gli occhi e si affidò all’ape regina, che la punse per la seconda volta. Venacèa cadde a terra, ma dal suo petto si levò in volo una piccola ape, che raggiunse la regina ed insieme lasciarono la Bottega proprio mentre il primo Orco riusciva ad entrare.

Le due api uscirono da Lot e scomparvero per sempre nei campi ormai avvolti nella foschia autunnale.
 
Themis, commossa per l’accaduto, decise che nella nuova Lot chiunque avesse voluto assumere Forza, avrebbe potuto farlo nutrendosi alla Taverna del Viandante o miscelando alcune erbe recandosi ai Monti delle Nebbie, nel rispetto della leggenda delle api e del loro scopo di vita: il miele per nutrire e i fiori per generarlo.

 

Althair, Sommo Detentore dell'Arcana Saggezza

PadreBrown, Conservatore della Storia Secolare

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