Miti e Leggende
Storia del Granduca
Giaceva nel suo letto, con il destino ormai inesorabilmente segnato. La grave malattia
l'aveva persino trasformato nei lineamenti del volto e smagrito fino alle ossa. Le mani, una volta forti e sicure, tremavano come foglie nel
vento d'autunno, quando un esile picciolo ancora riesce a tenerle attaccate al ramo, come a non volersene separare: non vi è più linfa che
passa ed il giallo colore prende il sopravvento sul verde, simbolo di giovinezza e sinonimo di vita.
Tutti i Nobili di Corte erano ad assistere alla sua dipartita, per accompagnarlo nel momento del trapasso.
Il Granduca li guardava uno per uno, come per voler lasciare nei loro cuori tutto l'amore che lui aveva coltivato per la città di Lot e, nel
far questo, piombò nel ricordo della sua infanzia, della sua vita, della sua gloria ...
Nacque a Quinalth, una fiorente città agricola e commerciale immersa nella grande Pianura delle Acque, da nobile famiglia, legata agli
affari di Corte. Il padre era Ufficiale dell'Esercito a cavallo; la madre pur non rivestendo alcun incarico ufficiale o ufficioso, seguiva
costantemente il marito nelle decisioni e nelle prese di posizione che, ogni giorno, era costretto ad affrontare. Fu così che la donna
acquistò le simpatie di tutta la Cavalleria e degli altri Ufficiali, assumendo importanza anche strategica. Spesso, infatti, veniva
ascoltata per i suoi saggi consigli ed, altrettanto spesso, questi si rivelavano essere vincenti.
Quando il futuro Granduca raggiunse l'età dei sei anni, fu inviato in un Ordine Monastico Cavalleresco, per istruirlo a dovere e per farlo
crescere uomo e soldato di fede.
Quest’ordine era una vera fucina d’uomini che, una volta usciti dalle sue mura, avrebbero dedicato la loro vita al servizio della città e
del Regno di Quinalth.
Egli trascorreva le sue giornate seguendo gli insegnamenti dei monaci e degli istruttori d'arme.
L'abilità nel cavalcare e la destrezza con la spada lo posero, sin dai primi anni, al centro dell'attenzione dei Nobili che, puntualmente
ogni cambio di stagione, si recavano nel monastero, per verificare la maturità raggiunta dagli allievi ed individuare i futuri ufficiali che
avrebbero difeso le terre e le mura della città. Chi non risultava adatto o sufficientemente bravo veniva respinto alla famiglia d'origine,
che era così costretta ad imporsi altre aspettative su di lui.
Quando i maestri che lo seguivano furono certi che avesse compiuto i giusti passi ed avesse ben compreso le regole e le astuzie della
battaglia, fu inviato a seguire alcuni scontri fra l'Esercito di Quinalth e le forze nemiche che spesso, calando dalle montagne del Nord,
insidiavano le terre, invadendole e distruggendo tutto ciò che incontravano sul cammino.
In una di queste il futuro Granduca, non riuscendo a stare solo a guardare, si gettò nella mischia e le sue forti braccia non furono da meno
alla sua astuta mente.
Il cavallo ubbidiva ad ogni strattone di briglia e la spada poche volte mancava il busto dell'avversario.
Gli Ufficiali, che erano al comando delle truppe, non lo persero di vista un attimo e, dopo esser rimasti un istante perplessi della sua
decisione di gettarsi nella polvere, al termine dello scontro, non poterono che congratularsi con lui, riportando le sue gesta nel rapporto
militare.
Egli però non si esaltò troppo da quel fatto ed umilmente rientrò nei suoi ranghi d’allievo, senza far sì che false illusioni potessero
influenzare in modo negativo la saggezza, che lo studio delle altre varie materie aveva inoculato nella sua mente.
Sir Celthigar, che ogni qualvolta aveva un attimo di tempo si dedicava alla lettura dei rapporti scritti dagli Ufficiali, individuò quel
giovane monaco combattente e lo volle conoscere. Mandatolo a chiamare lo tenne a Corte per un breve periodo, ma sufficientemente lungo per
comprendere di quali e quante virtù il giovane fosse dotato.
Un anno dopo l’intero Regno di Quinalth gioì alla notizia che, dopo due Principi, era nata una Principessa, che venne chiamata Lynessa.
I Regnanti mandarono a chiamare il Priore dell’Ordine Monastico cavalleresco, ordinandogli di condurre alla loro presenza il giovane monaco.
Con una solenne cerimonia, davanti a tutti i notabili e cavalieri di corte, Sir Celthigar lo nominò “Guardia personale della Principessa” ingiungendogli di seguirne tutta la crescita, come un fratello, e di proteggerla a costo della propria vita fino a che ella non fosse andata in sposa.
Fu così che, all’età di ventinove anni, egli lasciò quelle mura che per un lungo periodo erano state la sua casa ed iniziò la sua missione, a fianco di quella piccola Principessa.
Passarono gli anni ed egli vegliò sulla sua protetta seguendone la crescita e l’educazione, la protesse diventandone, come richiesto, quasi un fratello maggiore su cui la Principessa sapeva di poter fare sempre affidamento.
La Principessa compiva diciannove anni proprio nei giorni in cui arrivò il Principe Theon,
mandato dal padre Thoyren per una visita diplomatica. Theon conobbe la figlia di Celthigar, la Principessa Lynessa e se ne innamorò
perdutamente.
Theon fu costretto a rientrare presso il padre, a causa della sua grave malattia, ma, in seguito, tornò a Quinalth e chiese la mano della
Principessa. Sir Celthigar acconsentì alle nozze e diede alla Guardia l’incarico di comandare la scorta che avrebbe accompagnato la figlia
nella città di Telthartown, dove il suo futuro sposo la attendeva.
Durante il viaggio verso Telthartown, la carovana regale fu seguita da una grossa banda di genti del Nord, assoldata da Hotalth e suo figlio Honorius; i due Maghi rinnegati della Corte di Quinalth, studiando il percorso che la scorta avrebbe seguito, progettarono di attaccare il gruppo nella Piana delle Acque, con l’intento di rapire Lynessa e costringerla al matrimonio con Hotalth.
La Principessa e la sua scorta furono assaliti in aperta pianura, la seconda sera dopo la partenza, quando si fermarono per il bivacco. Le tende erano già state montate a cerchio, lasciando nel mezzo quella reale. Lo scontro fu improvviso e cruento, ma, nonostante la sorpresa, la scorta reagì con furore, fermando così gli assalitori ed impedendo il rapimento di Lynessa.
Durante il combattimento, nel tentativo di difendere la Principessa, la sua Guardia personale, con un colpo di spada, ferì gravemente il padre di Honorius.
Hotalth fu prontamente portato via dalle genti del Nord, ma, prima di perdere definitivamente conoscenza, riuscì a lanciare una tremenda maledizione: <<chiunque pronuncerà il nome di quella guardia, ne prenderà il nome ed il posto>>.
I soli scampati alla morte furono la Principessa e la sua Guardia. Tutti gli altri elementi della scorta morirono durante lo scontro o in seguito alle gravi ferite riportate.
I due però non si persero d’animo e si rimisero in viaggio raggiungendo la città di Telthartown ove, una volta in salvo, la Guardia di Lynessa raccontò l’accaduto al Principe, senza nascondergli il timore che Hotalth sarebbe potuto tornare all’attacco.
A questi eventi seguirono le nozze della Principessa Lynessa con il Principe Theon ed il futuro Granduca fu sciolto dal vincolo di guardia della Principessa che ad essa lo legava; ma un nuovo attentato alla vita della giovane sposa, da parte dei due Maghi rinnegati, venne ancora una volta sventato dal futuro Granduca che, tuttavia, restò gravemente ferito per aver fermato con il proprio petto una freccia indirizzata a Lynessa.
Il Principe Theon, riconoscente per tal eroico gesto, gli affidò il comando di un esercito e gli diede ordine di trovare ed uccidere Hotalth, cosa che avvenne sui Monti delle Nebbie, durante uno scontro nella Gola dei Sussurri.
Al ritorno a Quinalth fu accolto con tutti gli onori e gli venne conferito il titolo di Granduca con l’ordine di raggiungere, sui Monti delle Nebbie, l’ingresso della Gola dei Ghiacci, attraverso cui transitavano le bande di Goblin ed Orchi che devastavano con le loro scorrerie la Piana delle Acque, e di costruirvi una città che sbarrasse l’accesso a quelle orde assassine.
Il Granduca, accompagnato dal giovane Conte Erik e da giovani Ufficiali dell’Esercito, tra cui si erano già fatti notare i Capitani Thorm e Petrus, con al seguito truppe e coloni, si avviò verso il Nord, raggiungendo una collina posta davanti alla Gola dei Ghiacci, e su di essa fondò Lot.
Dopo alcuni scontri con bande locali di Goblin, il Granduca mise all’opera i Cartografi ed, in breve tempo, la mappa urbanistica della città era disegnata.
Man mano che l’edificazione della città proseguiva, il Granduca provvedeva all’assetto sociale della stessa, attraverso l’istituzione d’organismi di controllo, amministrativi e ludici.
I lavori procedevano facilitati anche dalla consapevolezza che si stava costruendo qualcosa di nuovo, ma non per questo più volte gli accampamenti non furono assaltati da Orchi e Goblin commissionati da Honorius, che da allora non ha mai smesso di attaccare la città.
Più volte la popolazione civile e militare cadde nello sconforto provocato dalla distruzione che gli attacchi del nemico comportava, ma l’abilità diplomatica e politica del Granduca ha sempre saputo riportare serenità e benessere.
Quando la città fu ultimata il Granduca stabilì un contratto di fratellanza che coinvolse le città di Lot, Quinalth e Telthartown, che da allora si sono sempre aiutate nei momenti di bisogno.
Il giorno dell’inaugurazione della città fu l’ultimo in cui il Granduca comparve in pubblico.
Quel giorno, mentre salutava la folla festante, venne riconosciuto da un Mercenario che era giunto in città solamente da poche ore. Il Mercenario cercò di contattare Honorius per dirgli che lui conosceva la vera identità del Granduca poiché, quando erano giovani, erano stati per un certo periodo insieme nel convento dell’Ordine Monastico Cavalleresco di Quinalth.
Il Comandante delle Guardie venne a conoscenza di tale tentativo e, fatto arrestare il Mercenario, lo condusse alla presenza del Governatore Thorm, che diede ordine di essere lasciato solo con quel miserabile individuo di cui, da allora, non si hanno più notizie.
Da quel giorno il Granduca si ritirò nel Palazzo Ducale e nessun cittadino lo rivide mai più. Governare una città nascente comportava problemi gravosi e le costanti minacce di Honorius lo mettevano in serio pericolo di vita. Tutte le faccende passavano attraverso le mani del Nobile, ma poi erano rese esecutive dalle sue persone di fiducia: il Gran Ciambellano Azivir, il Conte Erik ed i nuovi Conti Petrus e Thorm.
Il Granduca era una figura schiva; a parte i Nobili, coloro che insieme a lui costruirono la città ed i Governatori, nessun Cittadino lottiano può dire di averlo conosciuto oppure di sapere il suo nome.
Troppo impegnato nell’amministrazione della cittadella non trovò mai il tempo per sposarsi.
Costantemente teso ad assicurare il benessere dei suoi sudditi ed a contrastare Honorius e la sua malvagità, passava le notti a studiare le carte militari, a discutere delle modifiche da apportare all’Esercito e alla Marina Militare affinché il Granducato diventasse pressoché inespugnabile.
Cosciente di essere un uomo e quindi vulnerabile, non dimenticò mai di rendere omaggio alla Dea Themis e più volte, grazie all’aiuto della Somma Sacerdotessa Urania, si affidò alla sua fervente fede per poter capire cosa stava succedendo o quale scelta fare.
Tutta la cittadinanza percepiva il profondo mistero ed il forte carisma di chi la governava e per quanto desiderasse vedere il suo Granduca, non poteva che riconoscere la sua abilità nel guidare la città e nel circondarsi di persone fidate.
Lot attraversò anche alcuni momenti difficili e una sua parte fu conquistata dalle forze del Male, ma grazie alla sua guida ed al valore dei suoi Nobili, Governatori e Cittadini, si riuscirono a fermare le forze attaccanti ed a ricostruire la città dove prima sorgeva la Cittadella di Erik.
Non avendo avuto una sposa, non fu mai allietato dalla nascita di un erede; tale dolore per la mancata progenie, era a malapena alleviato dalla consapevolezza di essere considerato il “padre spirituale” dell’intera cittadina.
Dopo molte battaglie per la sicurezza di Lot, al Granduca venne a mancare uno dei suoi collaboratori più fedeli: il Conte Erik. Il corpo del Conte fu misteriosamente ritrovato una mattina sul Piazzale della città, con la testa recisa e incatenato da un incantesimo che non permetteva a nessuno di rimuoverlo.
Da quel momento iniziò un periodo buio per Lot: battaglie, pestilenze, un nuovo nemico, Nathamer, che si alleò con Honorius. La povertà rendeva la gente irrequieta ed il Granduca nel suo palazzo disponeva le direttive per l’Esercito e per chi dava assistenza, affinché tutti potessero avere un aiuto morale e militare.
La città sotto la sapiente guida di chi la governava trovò la forza per sconfiggere ancora una volta il nemico e per iniziare la sua nuova ricostruzione.
Fortissimamente volute dal Granduca nacquero le gilde. Appena si raggiunse la stabilità economica necessaria i Nobili istituirono i mestieri civili al di fuori dell’Esercito e delle Guardie Ducali.
Ma il Granduca che tanto amò Lot da consacrargli ogni attimo del suo tempo, non riuscì a lungo a godere della prosperità della sua città.
Fu colpito da una malattia che lentamente lo trasformò in una figura esile e sofferente.
Neppure quando sentiva che la vita stava venendogli meno decise di lasciare il palazzo ed il suo ufficio con gli incartamenti amministrativi.
Nessun Cerusico poté trovare cura alla sua malattia; egli sapeva bene di essere ormai giunto al termine della sua esistenza e sentiva che ancora poteva dare molto alla sua città …
Un’improvvisa stretta al cuore, riportò i suoi pensieri al presente. Il suo sguardo si volse ancora una volta verso i presenti e si soffermò qualche istante sul Conte Thorm che lo aveva degnamente sostituito nella conduzione della città, poi sorrise al Conte Petrus, alla Somma Sacerdotessa Urania ed al loro figlio Conte Uther Pendragon, con un ultimo sforzo la sua voce ritornò quella di un tempo e fissando l’Infante disse: “Vi saluto, Granduca di Lot”, poi richiuse gli occhi e decise che era ora di riposare.
Il Granduca morì alle ore 23.00 del giorno VIII, del XI mese, dell’anno IV dalla fondazione del Granducato.
Il Conte Thorm diede la triste notizia al Tempio e la città cadde in un dolore profondo.
La salma venne trasportata nel Tempio di Themis e lì lasciata per un intero mese, affinché tutti i sudditi potessero trovare il modo per poter andare a portare l’ultimo saluto al loro amato Granduca senza nome.
Dopo i funerali, celebrati in forma solenne, il suo corpo fu cremato e così egli lasciò la città diventando terra, come quella terra per la quale spese una vita intera.
“Il Granduca è morto.
Onore al Granduca.”
Althair, Sommo Detentore dell' Arcana Saggezza
PadreBrown, Curatore della Storia
Myriam, Curatore della Storia
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