Noi
ricordiamo
Cos’è che fa di
un uomo un uomo, di un kendot un kendot, di una fata una fata?
Potreste parlare della prestanza dell’uno, della fanciullesca
attitudine dell’altro, della spada sottile chiamata
seduzione per la terza, e sareste in errore.
Né vi aiuterebbe disquisire di beltà, di forza
fisica, di intelligenza acuta, di mordace eloquenza.
Ciò che rende ognuno di noi quello che è, quello
che impedisce alla nostra essenza di disgregarsi spandendosi
in mille rivoli senza nome è la memoria.
Che saremmo senza il dolce ricordo dell’amore materno,
che tutto concede e nulla chiede? Che saremmo senza la mano
calda e sicura del padre che accompagnò i nostri primi
incerti passi nel dedalo incomprensibile dell’esistenza?
Che saremmo senza gli insegnamenti grandi e piccoli che la
nostra piccola storia personale, così come la grande
Storia che la contiene, quotidianamente ci impartisce?
Senza memoria l’evanescente fiamma di candela del presente
sarebbe un’assai fragile barriera contro il nulla. Il
passato porterebbe con sé solo un enorme cumulo di
detriti, se la memoria non ci consentisse di appellarli ricordi.
Il torrente delle nostra identità correrebbe furioso
e inconsapevole verso una foce sconosciuta, l’indecifrabile
futuro.
Quello che fummo non siamo più, quello che saremo non
esiste ancora.
Ma è compito e virtù del Detentore il ricordare,
e quello che per altri è necessità, per noi
è missione di vita.
Per questo proclamiamo con voce ferma e sicura che noi ricordiamo.
Ricordiamo ogni atto, da quando un corpo si risvegliò
senza la mente che fino ad allora l’aveva guidato.
Ricordiamo ogni ingiusto esilio, ogni inganno perpetrato,
ogni alleanza ripudiata.
Ricordiamo ogni vessazione, ogni ingiustizia, ogni goccia
del sangue versato.
Ma ricordiamo anche ogni gesto eroico, ogni azione ispirata
dalla giustizia, ogni preghiera sussurrata.
La monumentale opera del confratello Glenyller, che attinge
linfa dall’oscuro e incessante lavoro di tutti noi,
sarà preziosa memoria per chi si rifiuta d’esercitare
l’ambigua arte dell’oblio.
" Per non dimenticare", è il suo monito e
il suo scopo, e lo dovrebbe incidere nella roccia della propria
comprensione chi ora lancia insensate minacce e deliranti
sfide.
Ma il periglioso momento non deve permetterci di trascurare
un’altra virtù della memoria. Ed è il
serbare, come fiori in teche impenetrabili all’azione
corruttrice del tempo, i nostri affetti. Ed è il trattenere,
come la mano di un bimbo il suo primo giocattolo, chi ha condiviso
un tratto del nostro cammino. Ed è il riconoscere,
come il tetto alle fondamenta, il dipendere del nostro presente
dalla fervida attività di chi ci ha preceduto.
Ecco perché il saluto che rivolgiamo a MonicaP, nostro
consigliere che allontana i suoi passi da quelli della Gilda,
è così caloroso.
Noi ricordiamo, e sappiamo che il tempo non è altro
che un immenso granaio, dove tutti gli eventi giacciono per
sempre nello splendore senza fine del loro effimero manifestarsi.
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DONEZ - Detentore
Precettore dell'Infante |
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