Miti e Leggende Yserylia la piccola Fata
Le Fate nascono da un sorriso, da un abbraccio, da una goccia di rugiada che cade su una foglia, sono esseri misteriosi e magici; una di queste Fate nacque una notte d’Agosto dalla lacrima di una povera donna. La donna era assorta nei suoi pensieri, seduta su alcune rocce in riva ad un lago, era uscita per godere un poco della frescura notturna, dopo una giornata di duro lavoro sotto il sole, piangeva silenziosamente mentre guardava il cielo stellato di quella notte. Una lacrima cadde su una roccia ed, improvviso, un bagliore pervase l'ambiente, una piccola luce apparve dallo scontro tra la lacrima e la nuda e fredda pietra. La donna non credeva ai propri occhi, le apparve dinanzi un piccolo essere luminosissimo, grande poco più di una mano, sembrava un essere Umano o almeno ne aveva le fattezze: lunghi capelli neri, una pelle bianca come la porcellana ed un dolcissimo sorriso. Differiva dagli Umani per due splendide ali bianche che le spuntavano dalla schiena, emanando una luce così forte da illuminare la buia notte. La donna continuava a guardare il piccolo essere ancora incredula, ancor di più quando questa, volando leggera, le si posò su una mano. <<Chi sei?>> le chiese la donna con voce tremante dalla paura, anche se non pensava che un essere tanto bello potesse essere di natura malvagia. <<Sono una Fata! Mi chiamo Yserylia, sono nata dalla tua lacrima e da un tuo desiderio d'amore, sono qui per te>>. La donna era stupita e contenta nello stesso tempo, era tanto che voleva una figlia e non riusciva a capire come il cielo avesse potuto farle quel dono insperato, data ormai la sua avanzata età e vista la sua misera condizione sociale. Felice si portò la piccola Fata a casa e le preparò un piccolo giaciglio, ma la Fata disse che voleva stare in un piccolo cunicolo che aveva visto all'entrata della casa, nel mezzo di alcune piccole rocce. <<Sono nata dal contatto della tua lacrima con una roccia e quella sarà la mia casa, proteggerò la tua e veglierò sui tuoi sonni>>. Passarono gli anni e la Fata crebbe, divideva con la donna ogni attimo di vita e, quando questa morì, pensò che forse, sarebbe stato meglio vedere un po' più di quel piccolo fazzoletto di terra dove era vissuta fino a quel momento. Aveva visto ogni tanto passare altri esseri come la donna, e questa gli aveva spiegato chi erano e come vivevano, di come costruivano le loro case e di come coltivavano le loro terre con il sudore e la fatica. Yserylia decise che ne avrebbe seguito uno, appena lo avesse visto passare di lì. Infatti dopo pochi giorni, vide passare alcuni carri con molte persone sopra, e decise di mettersi in cammino. Lesta salì di nascosto sopra l’ultimo della fila e si mise comoda, era piccolina e quindi difficile da vedere. Durante il viaggio ascoltò i loro discorsi, in quel momento due persone stavano parlando concitatamente di un avvenimento; si avvicinò per non perdersi una sola parola. Sentì che parlavano di una grande festa che si era tenuta nella città di Thelthartown, dei Principi Theon e Lynessa, e apprese che il carro su cui stava, faceva parte di una spedizione per raggiungere alcune terre, dove sarebbe sorta una nuova Cittadella. Ascoltò curiosa per giorni le storie degli uomini, decise allora di farsi vedere in forma umana, per dare una mano a quella brava gente nella loro missione. Il viaggio durò parecchio, la Fata imparò le abitudini degli Umani e quasi scordò i proprio poteri e le proprie origini. Quando finalmente arrivarono al luogo prefissato, tutti esultarono di gioia, erano giunti nelle terre dove sarebbe sorto il Granducato di Lot. L'edificazione della città fu lunga, continuavano ad arrivare Stranieri e sempre nuovi ruoli nascevano all'interno della città. La Fata incontrò un giorno un Umano di nome Nargost, che tutti i giorni si recava ai Monti delle Nebbie per procurare materiale dalle cave per la costruzione della città. La sera la Fata lo accoglieva sempre con un sorriso, era ormai una lieta abitudine per Nargost ricevere il sorriso di Yserylia, un dolce ringraziamento dopo la dura giornata di lavoro, e dopo un buon pasto caldo, era abitudine di Yserylia raccontare delle storie. Queste nascevano dalla sua fantasia e, spesso, nella grande Piazza Centrale anche altri Cittadini si sedevano ad ascoltarla. Di giorno mentre attendeva il suo amato, si occupava degli Stranieri, aiutandoli appena questi giungevano in città, spesso la si poteva trovare ai Giardini a raccogliere fiori che poi donava ai poveri Viandanti: aveva sempre un sorriso ed una buona parola per tutti. La loro vita scorreva serena, tra loro era sbocciato l'amore e sembrava che niente potesse turbarli, ma un giorno, un giorno infausto le mura di Lot vennero attaccate da uno stuolo d’Orchi e Goblin. Tutti furono mobilitati e, capeggiati dal Granduca, fecero il possibile per liberare Lot dall'assedio, e così fece anche l'amato della Fata. Ella rimase sola in trepida attesa come tante altre donne, in attesa di sapere se avrebbero rivisto il sorriso o sentito di nuovo la voce dell'amato bene. Ma la sera lui non tornò, e così fu per molte altre sere, lei lo aspettava sulla porta di casa, come sempre per donargli il suo sorriso. Era evidente che era caduto negli scontri, come molti altri Cittadini, morto per la gloria della città di Lot, ma lei lo aspettò per giorni, scacciando questo triste pensiero ed aggrappandosi alla speranza che solo le donne innamorate sempre hanno. Una sera, senza nemmeno sapere il perché, si recò nei boschi vicini, sentiva di dover andare lì, come se qualcosa o qualcuno la stesse aspettando. In lontananza si era combattuto da poco e si sentiva forte l'odore del sangue; la bella vegetazione, le larghe foglie erano macchiate, incrostate dal sangue di tanti innocenti, non si sentiva un solo rumore oltre ai passi della Fata, come se anche la Natura s’inchinasse in un rispettoso silenzio, un senso di tristezza ed inquietudine pervase l'animo della Fata che si addentrava in quello scenario misterioso e macabro ... Mentre vagava, senza sapere bene cosa stesse cercando, vide in lontananza una figura, una donna china sulla riva di un corso d'acqua, vestita di scuro, un velo sul volto, quasi un'ombra. Questa si muoveva dondolandosi sul bordo ed immergendo ritmicamente le mani in acqua, sembrava stesse facendo il bucato. La Fata si stupì, volse lo sguardo verso il corso d'acqua ed un moto d’orrore la colse: ebbe davanti a sé delle visioni orribili, il corpo del suo amato straziato, centinaia d’altri corpi intorno al suo, urla di dolore strazianti le riempirono le orecchie, lamenti disperati dei feriti, ed il dolore le riempì il cuore quasi squarciandolo per la violenza di quelle sensazioni, vide le acque colorate di rosso, il rosso del sangue di chi era perito in battaglia. Si portò le mani al volto coprendolo, quasi a scacciare quelle orride visioni e scoppiò in un pianto liberatorio dopo giorni e giorni di silenzio. La donna alzò lo sguardo su di lei, richiamata dai suoi singhiozzi, interrompendo un attimo il suo lavoro; la Fata, avvicinandosi, notò che stava lavando delle vesti sporche di sangue, e dopo essersi avvicinata ed asciugata un poco le lacrime che copiose le rigavano il volto, le chiese il perché di questo suo strano comportamento. La donna rispose che era la Lavandaia, il suo compito era lavare le vesti degli eroi morti in battaglia, per darli alla Nera Signora senza macchie, armata d’amore e compassione, li ricomponeva con pietà per il loro ultimo viaggio. La guardò un attimo, poi si volse verso la nera boscaglia ed alzando lentamente il braccio, le indicò un punto sotto ad un albero, la Fata muta seguì la direzione indicatagli velocemente, sentendo crescere l'inquietudine … sentiva solo i battiti del suo cuore e lì trovò il corpo del suo amore, bello, pulito, sembrava dormisse. Si chinò su di lui e, dopo averlo accarezzato amorevolmente sul volto, baciatagli la fronte, lo abbracciò stretto e lo cullò per un tempo interminabile. La Lavandaia le disse: <<Piccola Fata, voi avete i vostri poteri. Usateli per rendere serene le persone, allietatele con i vostri sorrisi e le vostre storie. Accogliete come avete sempre fatto chi giunge, o chi dimostra un animo buono. Vedrete che la pace tornerà e voi avrete il compito di ricostruire Lot, più bella di prima; le Fate hanno sempre un sorriso da dare agli Stranieri ed una storia da raccontare loro>>. Detto questo scomparve, sul corso del fiume non vi era più la sua nera figura, le acque erano azzurre e placide; la Fata rimase lì, accanto al corpo del suo amato, si addormentò accanto a lui e pian piano venne il giorno, si sentì baciare dai caldi raggi del sole, si alzò e, dopo aver dato un ultimo addio a Nargost, tornò in quel che rimaneva della città. Ora era il momento di ricostruire tutto e la Fata si dette molto da fare per aiutare i suoi concittadini. Spesso la si trovava all'ingresso di Lot ad accogliere gli Stranieri e la sera in piazza continuava a raccontare le sue storie, e ad allietare i sogni di qualche Viandante sperduto raccontandogli di Lot, della sua bella città. Così come la Lavandaia era prodiga a togliere le macchie dall’eroicità
d’ogni Soldato lottiano, la Fata iniziò il suo compito nel donare speranza in
tutti quelli che giunti a Lot alla ricerca di una "madre patria",
potessero trovarla, visto che la loro era ormai perduta. A lei ancora oggi molte Fate s’ispirano donando sorrisi e piccoli fiori agli Stranieri che giungono a Lot. Sixie Detentore Precettore dell'Infante
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