Storia della Gilda dei Detentori dell’Arcana Saggezza

 Capitolo primo

<<Era una notte di lampi e di tuoni
latrati di lupi e magici suoni,
chiuso e serrato nel grande castello
un vecchio studiava, canuto il capello>>.

Molti anni fa, in un castello situato in terre che poi entrarono a far parte di quel che ai giorni nostri è il Granducato di Lot, un piccolo Umano calvo, di nome Foggy, stava leggendo intensamente uno dei suoi tanti libri. Le mura del castello erano alte ed imponenti; sopra alla grande porta non vi era alcuno stemma d’araldica e nessuno, quindi, era in grado di dare a quell’anziano, che poco usciva all’esterno, se non per qualche passeggiata insieme al suo fedele cane Darko, un casato od un luogo d’originaria provenienza. Egli studiava e scriveva in continuazione; che cosa ed il perché non fu dato mai saperlo, fino a quando, in una notte buia e tempestosa, un vento improvviso si abbatté gagliardo contro la sua dimora.

Erano diversi giorni che il maltempo imperversava sulle terre di Lot e le inondazioni avevano provocato in molte zone frane ed allagamenti. I contadini piangevano sul raccolto perduto e per gli appezzamenti che per lungo tempo non sarebbero stati coltivabili. L’acqua scrosciava e batteva sulle foglie, che, zuppe e pesanti, si staccavano dalle fronde con l’esile picciolo ormai marcito. Le radici degli alberi non riuscivano più ad assorbire il ristagno d’acqua che il terreno stava sopportando e cominciavano a disfarsi, lasciando la pianta in balia di un triste destino. Questo non è raro che avvenga su Lot ed ancora oggi ne siamo testimoni, ma poi torna il sole e la vegetazione, così come la vita di tutti noi, pian piano riprendono vigore e tutto riacquista la sua normalità.

Mentre, dunque, il temporale faceva da padrone, l’aria impetuosa spalancò le porte del castello; una luce inondò la Biblioteca dove il vecchio si trovava ed egli si mise con le spalle al muro, restando immobile a guardare. I libri, che stavano sugli scaffali, caddero al suolo ed aprendosi fu come se esplodessero di un bagliore accecante. Da fuori il castello appariva come invaso dalle fiamme, tanta era l’illuminazione proveniente dalle finestre.
Un fiaccheraio, che passò nelle vicinanze in quel momento, quando giunse alla Taverna dei Mercanti raccontò, in mezzo alle fragorose risate degli avventori, di aver visto il sole in mezzo al bosco.

Foggy attese che le cose prendessero una qualche piega per poi agire, era stato sempre un Umano poco impulsivo anche in gioventù.
Un libro, a differenza di tutti gli altri, non cadde sul pavimento, ma fu gettato sul tavolo, sopra alla pergamena che il vecchio stava scrivendo, rovesciando il calamaio pieno di nero inchiostro ed i contenitori con i colori, grazie ai quali Foggy abbelliva i capilettera. La penna d’oca, bianca e lunga s’involò per qualche istante, per poi conficcarsi nella pagina sulla quale il volume era rimasto aperto.

L’anziano, pian piano, si avvicinò allo scrittoio, guardò il tomo e non lo riconobbe per uno dei suoi, non faceva parte della biblioteca; lui i volumi li conosceva e li aveva catalogati tutti, uno per uno.
Estrasse la penna d’oca che non lasciò foro. La pagina era bianca, non una parola, un segno di punteggiatura od un simbolo arcaico, ma la cosa più strana fu quando Foggy provò a sfogliarlo; con le mani immerse in quella grande luce il volume non glielo permise e gli altri fogli erano come incollati fra loro. Foggy si ritrovò a scrivere su quella pagina candida ed immacolata e la sua mano correva guidata dal mistero.

<<Prescelto è colui che or su me qua scrive, io Sacro Tomo che mai sarà d’alcun mortale letto>>.


Mentre Foggy scriveva si udì una voce, alla quale la grande luce abbandonò la guida della mano ed in breve tempo le pagine furono annerite di parole e mappe, di disegni, versi e canti. Ella fece così di Foggy colui che sarebbe stato il primo grande Saggio, con il compito d’istruire tutti gli abitanti del Regno.

Il vento se ne uscì dalle finestre, aspirato dal cielo in tempesta e la luce seguì la stessa strada, ma, prima di abbandonare Foggy ed il suo castello, ella avvolse la grande porta d’accesso e lasciò scolpiti dieci simboli: dieci pergamene chiuse da un nastro di diverso colore, mentre due portavano in più, rispetto a tutte le altre, una spada.
Poi la pace tornò a regnare.

PadreBrown

Curatore della Storia