~ La Terra delle Razze ~
La Guerra delle Cinque Barbe
Capitolo 1
Molto tempo fa nella Terra delle Razze due grandi
popoli primeggiavano su tutti: vi erano gli Elfi, le cui terre andavano dalla
costa nord alla costa sud nella parte centrale del continente e vi erano i Nani,
sovrani delle antiche montagne a nord-est. I Nani erano i più grandi
produttori di armi e ricchezze minerarie e la loro arte era cantata in tutte
le terre dai Maestri Bardi. D’altro canto gli Elfi avevano ricevuto da Themis
un arduo compito: proteggere l’esistenza stessa delle razze.
Nel lento succedersi dei Re degli Elfi nella regione si era trovato un modo
per impedire che orde troppo folte di Demoni, Orchi o Goblin si muovessero tra
il continente di Extremelot e la Terra delle Razze. Si erano stabiliti dei presidi
tra le Lande di Morannon nella Terra dei Demoni e la Valle delle Due Correnti
nella Terra degli Gnomi: tali presidi avevano quindi il compito di controllare
chi si muoveva in forze e di segnalare tali movimenti al consiglio dei re elfici.
Gli Elfi avevano fondato una serie di regni indipendenti riuniti in tale consiglio
e mai fino ad allora erano nate delle discussioni tra gli appartenenti alla
stessa razza. Non vi erano veri e propri eserciti e la gran parte degli Elfi
formavano delle milizie cittadine, composte soprattutto da arcieri e picchieri,
che a turno avrebbero presidiato i confini delle Terre Elfiche. Le Terre Elfiche
erano in quegli anni impenetrabili.
Capitolo 2
Un giorno Uzbad Azoghâl, re dei Nani della florida città di Tharos, diede al proprio figlio Thorkûnd il compito di organizzare una spedizione verso ovest. Erano anni d’oro per il commercio ma scarseggiavano nella terra delle razze nuovi compratori e tra i Nani era ben noto che ad ovest, nelle terre di Extremelot, gli Umani sarebbero stati certamente disponibili ad acquistare gran quantità di armi naniche per meglio difendersi dal vicino Regno dei Demoni. La spedizione dopo pochi mesi partì con a capo il principe Thorkûnd e alcuni dei più valenti guerrieri nani. Era inevitabile tuttavia che la spedizione giungesse nei pressi di un presidio elfico a sud delle Lande di Morannon e lì la marcia dei nani subì un’inaspettata interruzione. Infatti gli elfi credevano che l’intento dei nani fosse quello di vendere le loro armi agli umani, sapendo che vi erano dei Granducati di Umani in guerra tra loro. Non vi erano possibilità di chiarimento, gli Elfi erano inflessibili e non volevano far passare i Nani che, a loro volta, non avevano alcuna intenzione di tornare indietro pur essendo in evidente inferiorità rispetto agli Elfi. Accadde così che per non provocare uno spargimento di sangue gli elfi catturarono il principe Thorkûnd e altri quattro capi della spedizione. Il principe elfo Themboras ordinò avventatamente ai suoi sottoposti di tagliare la barba ai cinque prigionieri e di liberarli, colpendo così nell’onore gli orgogliosi Nani che decisero di tornare sui loro passi rinunciando al prosieguo della spedizione. Nello stesso giorno il principe Themboras, fiero del proprio gesto e di aver oltraggiato un Nano, fece confezionare al suo più abile artigiano un mantello con le cinque barbe dei Nani. Il mantello fu affidato ad un messaggero che partì per Eryn en Gonen (Bosco dell’ululato, in Elfico) portandolo in dono a Re Tathren, padre di Themboras, assieme ad un accurato resoconto di ciò che era avvenuto al presidio.
Capitolo 3
Quando il principe Thorkûnd tornò a Tharos ferito nell’orgoglio il Re Uzbad Azoghâl non seppe trattenere il proprio sdegno e solo dopo i consigli di chi era a corte decise di non ricorrere subito alle armi. Tuttavia era convinto che gli Elfi avrebbero dovuto porre rimedio al male fatto e organizzò un viaggio al quale egli stesso avrebbe partecipato, verso Nan en Parth (Valle del pascolo, in elfico) sede del consiglio dei re degli Elfi. Non vi era alcun timore nel re, essendo stati fino a quel momento ottimi i rapporti tra Elfi e Nani e fu così che si presentò al cospetto del consiglio accompagnato del figlio e dagli ambasciatori della propria città. La discussione sembrava aver preso il verso giusto e tutto faceva pensare ad una conclusione positiva della controversia quando ad un tratto prese la parola Re Tathren, con indosso il mantello delle cinque barbe. La reazione di Re Uzbad Azoghâl fu immediata, preso da uno scatto d’ira alla vista dello scempio fatto delle barbe dei nani, si scagliò verso Re Tathren tenendo in pugno la propria ascia da battaglia. Le guardie elfiche non riuscirono a bloccare il re dei Nani e furono costrette alle armi, e in quel disgraziato momento Uzbad Azoghâl fu colpito a morte. I Nani presenti non accennarono alcuna reazione, in numero scarsissimo circondati da centinaia di elfi delle milizie giunte sul posto per proteggere i re degli Elfi, riuscirono solo a prostrarsi al suolo e a piangere la morte del loro sovrano. Il principe Thorkûnd giurò vendetta ma il consiglio degli Elfi decise che non doveva essere versato altro sangue e fece condurre i Nani al confine delle terre elfiche. Il mantello delle cinque barbe fu rinchiuso in un baule e il baule fu sotterrato in un posto sicuro affinché non fosse mai più riportato alla luce. Da allora, narra la leggenda, qualunque Nano veda il mantello delle cinque barbe è destinato a cadere involontariamente in preda alla furia!
Capitolo 4
Fu triste e carico di odio il ritorno dei nani a Tharos: il principe decretò dodici giorni di lutto per la morte del padre alla fine dei quali fu incoronato re, le milizie di Tharos furono organizzate e gli emissari del regno raggiunsero tutte le città vicine per chiedere l’aiuto degli altri re dei Nani. Essendo tutti imparentati in qualche modo tra loro, tutti i re dei nani non mancarono certo in risolutezza e la loro risposta di sostegno a Thorkûnd fu immediata tanto quanto un battito di ciglia. Le armate dei Nani si riunirono ai piedi del monte Inbar-zirak e marciarono verso le terre degli Elfi a sud, per la precisione verso Eryn en Gonen. Gli Elfi erano pronti alla difesa e messi in allerta dagli esploratori della regione scelsero un’invidiabile posizione strategica presso Urlas (calda foglia, in elfico). I nani divennero bersagli delle frecce elfiche e dei colpi scagliati da grande distanza grazie a delle enormi baliste, ma avanzavano spediti e con poche perdite, coprendosi a vicenda con i loro scudi in posizione difensiva. Di tanto in tanto cadevano in alcune buche scavate dagli elfi e nascoste accutamente con del fogliame, ma fu decisamente ficcante l’azione degli esploratori elfici provenienti dal vicino Eryn Gern Doron (Bosco vecchia quercia, in elfico) che colpirono i nani sul fianco destro. Gli stratagemmi e le tattiche elfiche erano esaurite quando sui Nani inarrestabili furono scaraventate delle enormi sfere di paglia infuocate dalla collina difesa dalle prime linee; le sfere travolsero ogni cosa ma la loro azione non fu così efficace da sfiancare gli eroici Nani che prendevano parte alla battaglia. I migliori Thane e sventratori del popolo nanico impattarono subito con le prime linee elfiche portando lo scompiglio e un gran numero di morti da entrambe le parti segnò quel triste giorno. Urlas prese da allora il nome di Galvorn Imlach (Luce nera tra le fiamme, in elfico) dato che alla fine degli scontri era un’impresa riuscire a vedere uno spazio erboso che non fosse sporco di sangue. Gli Elfi ripiegarono verso i propri regni e le milizie si sciolsero in assenza dei generali, tutti caduti in battaglia. Un prezzo altissimo fu anche pagato dai Nani che tornarono alle proprie città senza aver capito quale dei due schieramenti avesse effettivamente vinto la guerra.
Capitolo 5
Nel grande scontro tra Nani ed Elfi perse la vita
anche Re Gomor della città di Magilnâd, che lasciò sul trono
il figlio Tarâg ancora giovane e impreparato per la battaglia. Alla morte
di Gomor cresceva nel principe la voglia di vendicare il padre ma in lui vi
era la consapevolezza di non poter guidare il proprio popolo in battaglia. Egli
si faceva circondare da un gran numero di bardi a corte affinché potessero
narrare le gesta del padre Gomor, ma tale vicinanza suggerì un’idea al
principe… un modo indolore per compiere la propria vendetta. Chiamò vicino
a sé Beiron, uno Gnomo bardo famoso in tutti i reami per raccontargli
la leggenda della mezzaluna nera: tale leggenda descriveva l’esistenza di una
parte della Terra delle Razze, detta appunto mezzaluna nera, nella quale i vampiri
potevano aggirarsi indisturbati in superficie alla luce del giorno. Era un luogo
quasi inaccessibile e marcava il confine a sud est dei reami elfici, confine
presso il quale esisteva un enorme bosco proprio a forma di mezzaluna, con le
estremità rivolte a ovest. Si trattava quindi di una mezzaluna rovesciata
e la leggenda inventata di sana pianta dal principe Tarâg appassionò
Beiron che impiegò meno di una settimana per comporre una ballata su
di essa.
Di lì a poco Beiron partì lasciando la città di Magilnâd,
deciso a diffondere la nuova ballata per le terre e i villaggi vicini. La bravura
di Beiron non aveva uguali e la sua ballata era così convincente agli
orecchi di chi lo ascoltava, che presto si diffuse più della stessa fama
del bardo. In breve la leggenda arrivò alle orecchie dei Lord Vampiri
della città morta di Garsavra che si organizzarono in massa per conquistare
la mezzaluna nera, volendo approfittare della debolezza degli Elfi della zona
dovuta alla guerra appena iniziata. Scaramucce e battaglie di poco contro vedevano
ancora protagonisti Elfi e Nani in quei mesi, quando i Lord Vampiri partirono
sognando la libertà alla luce del sole. Deboli e insufficienti furono
le risposte degli Elfi che incontravano al loro passaggio, destinati alla morte
e ai banchetti dei Lord. Le perdite elfiche crebbero di giorno in giorno facendo
crollare ogni difesa a est mentre gli invasori continuavano a cercare senza
successo la mezzaluna nera tanto desiderata. La dea Themis vide ogni cosa e
decise allora di intervenire: scese sulla moltitudine di vampiri con una tempesta
di fuoco e li maledisse per sempre! Da quel momento il sangue di ogni Elfo divenne
veleno per i vampiri che non poterono a quel punto trovare più il loro
sostentamento. In molti morirono per mancanza di sangue e per varie lotte intestine
fino a quando i Vampiri non dovettero abbandonare i loro propositi e tornare
a Garsavra.
Capitolo 6
La dea Themis inoltre supplicò gli Elfi affinché
ponessero fine al conflitto coi Nani arrivando a minacciare un proprio intervento
come ai tempi della guerra tra Elfi e Umani, sicchè essi si videro costretti
ad ubbidire. Giurarono di avere il massimo rispetto per la vita dei Nani e a
non considerarli quali nemici dell’esistenza su Extremelot. Tutti giurarono,
tranne uno: il principe elfo Themboras era sfortunatamente ancora vivo… e organizzò
uno stratagemma per punire ancora i Nani senza esporsi di persona. Per mezzo
della magia andò in sogno a Gurugmor, grande capo degli Orchi della tribù
di Zahar. Egli, investitosi autonomamente dell’autorità del dio Simeht,
promise a Gurugmor la battaglia più grande di tutte: una battaglia eterna
nei sotterranei di una città dei nani. L’Orco capo si svegliò
di colpo nel sonno e le sue urla riecheggiarono per l’accampamento orchesco
e per le valli vicine, raccontò il proprio sogno agli Orchi a lui fedeli
che gridarono al cielo il nome del loro dio! Un’imponente orda di orchi si radunò
a sud delle terre dei Nani, tutti gli Orchi e i Goblin della regione inseguivano
il capo Gurugmor fieri di essere stati scelti per la battaglia eterna e i loro
passi, il rumore delle armi sbattute contro i loro scudi riecheggiò ai
piedi del monte Inbar-kibil. I Nani si prepararono all’ennesima battaglia che
si risolse anni ed anni dopo con la parziale sconfitta degli Orchi e la caduta
di alcune delle più floride e maestose città dei Nani.
L’equilibrio della Terra delle Razze era nuovamente mutato e la Guerra della
Cinque Barbe si spense per le grandi perdite subite da entrambe le parti. L’odio
delle due razze si andò affievolendo nei secoli e se i Nani persero alcune
delle loro città, gli Elfi videro diminuire enormemente i loro territori
e si stanziarono tutti a sud sperando nelle posizioni maggiormente difendibili
appena raggiunte e nella ricchezza delle foreste rimaste intatte.
Ai posteri resta un antico insegnamento dei minatori Nani ai giovani per rendere
l’idea di come l’odio abbia regnato per secoli nella Terra delle Razze, offuscando
la ragione: “Ricordate, giovani minatori, che nella vita di un Nano non c’è
niente di più solido della roccia, di più splendente dell’oro
e di più certo del tradimento di un Elfo”.