L’addio
del Corvo Nero
Il
pomeriggio del 16° giorno, 10° mese, anno V dalla fondazione di Lot, al
Belvedere Nero, il bellissimo corvo, ha fatto il suo ultimo volo sui cieli della
Cittadella per poi sparire per sempre dal GranDucato.
Con
lui è scomparso un simbolo della Cittadella, portatore alcune volte di buone
notizie, altre di cattive; un animale strano, sospettoso ma nello stesso tempo
intuitivo e generoso.
Nero
era un corvo imperiale, dalle dimensioni di gran lunga superiori a quelle dei
normali corvi. Proveniente dalle Terre di Avalon, ha vissuto a lungo in un
vecchio Castello diroccato in completa solitudine. Un giorno, però, tornò in
quel Castello un Re che si riappropriò dei suoi possedimenti. Il Sovrano quando
scoprì Nero rimase stupito: quel corvo enorme sapeva parlare, anzi, sapeva
parlare la lingua dei Celti. Né il Re, né altri riuscirono a capire come mai
quel corvo conoscesse la lingua celtica, oppure da dove provenisse in origine,
come nessuno mai capì fino in fondo i veri poteri magici di quell’animale.
Ogni
giorno era una scoperta, ogni giorno il corvo dimostrava di conoscere cose
impensabili, recando stupore in chi lo incontrava.
Il
Sovrano decise, comunque, di tenerlo con sé come consigliere. Nessun Umano
aveva mai avuto parole così sagge e lungimiranti.
Nero
rimase vicino al Re con pazienza per molti anni, fino a quando scoprì che
l’animo di colui che considerava il suo Sovrano si era indurito ed era
diventato cattivo. Il corvo così volò via da Avalon com’era arrivato,
lasciando dietro di sé ben pochi rimpianti, alla ricerca di un nuovo luogo dove
ancora la pace era vista come fine ultimo di tutte le cose.
Lasciò
il Sovrano e le terre di Britannia alla ricerca di serenità, giustizia e di una
Principessa Elfa che si era presa cura di lui prima dell’arrivo del Re.
Come
Nero giunse a Lot non ci è dato di sapere. Anche questa cosa rientra nei mille
misteri che hanno sempre avvolto la figura di questo animale. Nessuno sa se
anche Nero fu raggiunto dalla notizia che una Guardia Reale dal nome
impronunciabile stava creando una Cittadella dove il Bene era visto come unico
scopo da perseguire, comunque, in un pomeriggio di fine Estate, i cieli sopra la
Piazza del Mercato videro per la prima volta la larga planata del corvo.
Tra
i primi ad incontrare l’imponente volatile fu un Mezzelfo di nome Unicorn, che
subito strinse un’intensa amicizia con Nero. Nero riconobbe evidentemente in
Unicorn il dualismo proprio della sua razza che in un certo senso li accomunava.
Quel corvo era troppo particolare per essere sempre appartenuto al popolo del
cielo, sicuramente aveva in sé misteri e segreti nascosti sulla sua vera
identità e nulla c’impedisce di pensare che sia stato tramutato in animale da
qualche Megera invidiosa dei suoi poteri o malata d’amore.
Nero
ed Unicorn strinsero una profonda amicizia che aiutò l’animale anche a
superare qualche diffidenza che derivava dalle attenzioni poco carine di qualche
lottiano. Più passava il tempo e più i lottiani impararono a conoscere quel
magnifico corvo, abbandonando i presagi di sventura che solitamente
l’immaginario collettivo attribuiva a quell’animale.
Successivamente
l’incontro con una Vampira, poi tramutata dal Fato in Umana, di nome GreenEyes,
consegnò ai lottiani il nome con il quale da qual momento in poi tutti
l’avrebbero chiamato. Fu proprio quella Dama a dargli il nome di Nero.
L’aumentare
delle sue amicizie lo rese sempre meno diffidente e quasi quotidianamente si
soffermava sulla Piazza del Mercato prima e altri luoghi poi, dispensando
piccoli dispetti sotto forma di “regalini” appiccicosi e maleodoranti oppure
improvvise attenzioni affettuose senza che nessuno ne capisse la ragione. Ma
anche questo faceva parte del profondo mistero che aleggiava intorno al corvo.
Entrò
ben presto nel cuore di tanti, sia a livello affettivo che a livello sensoriale.
Nero, infatti, riusciva a comunicare anche con immagini che chissà come
proiettava nella mente di coloro che erano particolarmente predisposti ai suoi
poteri. L’Elfa che lasciò ad Avalon gli insegnò queste magie ed il popolo
elfico, oppure i Druidi, erano facilmente influenzabili dalle visioni di Nero.
La
sua imponenza ed il suo aspetto oscuro lo hanno fatto sempre sembrare come un
messaggero o un portatore di sventure, ma non era così. I Druidi, infatti,
l’hanno sempre chiamato “Monaco del Cielo” rispettandolo ed amandolo.
Ha
sempre dimostrato di non amare particolarmente però la magia ed i suoi
esecutori, per tale motivo volava via all’arrivo dei Maghi.
Si
presume che la sua particolare avversione per i Maghi sia da ricercare in quello
che successe una sera in Piazza del Mercato.
Subito
dopo che la Piazza fu distrutta dai Draghi e dai Draconici, alcuni lottiani
trovarono sotto le macerie uno specchio che rinchiudeva come una prigione
l’immagine di un Elfa.
L’Elfa,
vittima di un sortilegio, piangeva e quando Nero giunse sul posto dimostrò di
conoscere quella Dama: era la sua amica di Avalon.
Successivamente
si scoprì che un Mago Nero, al servizio del Sovrano di Avalon che il corvo
aveva abbandonato, aveva fatto rinchiudere lì l’Elfa come rappresaglia per il
suo allontanamento.
In
quell’occasione intervennero i Maghi di Lot nella speranza di rompere il
sortilegio che imprigionava l’amica del corvo, ma non ci riuscirono e lo
specchio si ruppe.
Nero
volò via disperato, sembrava distrutto e non si fece vedere nel GranDucato per
lungo tempo. Qualcosa gli si era sicuramente rotto dentro, quell’Elfa
rappresentava oltre che la sua preziosa amica, forse l’unico legame con la
vera identità e con le sue vere origini.
Dopo
qualche tempo, in concomitanza con la ripresa degli attacchi di Honorius, Nero
tornò a volare su Lot, ma era cambiato, sia nell’umore che nell’aspetto,
infatti, sul capo aveva due piccole piume bianche che si sollevavano in talune
circostanza quando il corvo si sentiva minacciato. Inoltre il suo animo, sempre
votato al Bene, ora era al servizio del Male.
«Feart
Deiney» queste parole un giorno si udirono nei cieli di Lot, pronunciate dalla
voce roca di Nero. Nessuno dei presenti conosceva la lingua e nessuno riuscì a
carpirne subito il significato.
Nero
che mai prima era stato messaggero di sventure, nonostante il suo colore
corvino, ora stava ammonendo i lottiani.
Il
Male stava varcando di nuovo, ed in maniera minacciosa, le mura di Lot.
Fixius,
un Demone perito stava per essere resuscitato e la sua natura malvagia,
moltiplicata dai Necromanti, stava sviluppandosi tutta tesa verso il Male.
L’accampamento
degli Orchi assoldati da Honorius era sparito da fuori la Cittadella e troppe
cose strane stavano accadendo.
La
tensione nell’aria si tagliava quasi come fitta nebbia, tutti i lottiani si
sentivano in pericolo.
Il
Druido Saggio Dagar e la Principessa degli Elfi Nandor Latus erano gli unici che
sentivano profondamente la cattiveria che Nero portava, erano gli unici che
vedevano le visioni che il corvo riusciva a far percepire.
Sentivano
che solamente dentro un rinnovato rapporto con il popolo elfico, che tanto
apparteneva alla natura del corvo, specialmente nel simbolo degli Elfi tutti che
era l’Albero Bianco, Nero poteva riacquistare quella serenità e quella pace
che oramai non albergavano più nel suo cuore.
L’antica
amicizia fra Dagar, Latus e Nero, l’impegno degli Elfi e dei Druidi hanno
riportato il Bene nell’animo di Lot.
Ma,
contemporaneamente, Honorius attraverso la mano dei suoi Orchi e dei suoi
Sciamani stava invadendo il GranDucato usando una forza e una magia finora
sconosciute.
Il
Male rischiava di rovesciare la Cittadella.
I
Nobili e la cittadinanza tutta erano in serio pericolo.
La
Baronessa Astante, tutrice dell’Infante, era schierata con la Nera Alleanza.
I
Precettori dell’Infante cadevano uno dietro l’altro sotto i colpi e la magia
dei sicari del Maligno.
Solo
la costante certezza che il Bene doveva essere l’unico vessillo che svettava
su Lot ha permesso la vittoria dell’Esercito Ducale contro quello di Honorius.
La
pace ristabilita, però, aveva un sapore strano e Lot era cambiata, forte nel
cuore ma fragile strategicamente.
Troppe
le morti, troppi i cambiamenti e Nero si sentì di nuovo in pericolo, o forse
semplicemente fuori luogo.
Troppa
cattiveria aveva respirato e temeva di respirarne ancora. Così ancora,
com’era successo già una volta al suo giungere nella Cittadella, dopo aver
lanciato un richiamo che sembrava quasi un lamento partì da Lot per raggiungere
luoghi nuovi, forse, più sereni alla ricerca di quella pace che il suo animo
antico sembrava anelare continuamente.
Myriam,
Curatore della Storia
Danyel, Detentore Precettore dell’Infante