Gli Antefatti
La Tanto Attesa Edificazione
L’autunno era appena iniziato e quella
mattina, nel primo giorno d’Ottobre, l’aria, ancora calda, ricordava a tutti
l’Estate ormai svanita.
La città di Telthartown era in festa, sui
pennoni delle dodici torri sventolavano le bandiere del Principe Theon e della
Principessa Lynessa; tutti i cittadini erano scesi lungo le vie ed anche gli
abitanti delle contrade vicine erano giunti di buon ora in città, vestiti con
gli abiti per i giorni di festa.
Lungo
la via principale era schierata una lunga colonna di carri scortata da un grosso
contingente di Soldati.
Ad
uno squillo di trombe, si aprirono i portoni della Reggia ed uscirono il
Principe e la Principessa, subito seguiti dal Granduca, dal Conte Erik, dalla
Somma Sacerdotessa di Themis Urania e dalla scorta personale dei Principi che,
sfilando davanti alla colonna, salutarono il popolo che si assiepava lungo i
bordi delle strade.
Giunti
alla testa della colonna, furono accolti dal saluto dei Capitani Thorm e Petrus
poi, ad un cenno del Principe Theon, tutta la formazione si mise in movimento ed
iniziò ad uscire dalla porta Nord di Telthartown.
Attraversato
il fossato che circondava la città il Principe, la Principessa e la loro
scorta, si fermarono a lato della strada, salutarono per l’ultima volta il
Granduca ed i suoi compagni di viaggio e poi rimasero ad osservare la lunga
carovana che, dopo aver percorso un tratto di strada giù per la collina,
raggiungeva e s’inoltrava nella grande e fertile Piana delle Acque.
Poco
dopo che l’ultimo Soldato di scorta ebbe attraversato il portone della città,
da Telthartown uscirono altri personaggi che, viaggiando in piccoli gruppi o da
soli, si misero in viaggio seguendo la spedizione.
Tra
questi vi era Astarte, una Ladra, che aveva deciso di lasciare la Corporazione
dei Ladri per tentare di intraprendere l’attività nella città che stava per
essere fondata.
Una
volta entrati nella grande pianura che si estendeva tra le ultime colline
settentrionali dei Colli di Mezzo e le pendici dei Monti delle Nebbie, il
Granduca decise di mandare all’avanguardia, al comando di centocinquanta
cavalieri, il Conte Erik con il compito di esplorare il territorio che avrebbero
dovuto attraversare; ai Capitani Thorm e Petrus venne affidata la protezione dei
fianchi della lunga colonna, mentre ai Brigadieri Gronko e Frengo fu affidato il
comando di una compagnia di Lancieri con il compito di retroguardia.
Alla
spedizione si erano aggregati Predator e Sara, che fin dal primo giorno si
allontanarono in direzione dei Monti delle Nebbie, con il compito di tracciare
il percorso e trovare l’inizio della Gola dei Ghiacci.
La
lunga carovana procedeva lentamente a causa dei grandi carri trainati da buoi,
che trasportavano i materiali da costruzione, gli attrezzi e le provviste per
trascorrere il primo duro Inverno.
Ogni
sera si montava il campo e, nella tenda principale, si riunivano il Granduca, il
Conte Erik e gli Ufficiali, per cenare e fare il punto della situazione.
A
tali riunioni assisteva sempre la Somma Sacerdotessa Urania, ma il Granduca
chiedeva anche informazioni al Saggio Foggy ed alla nuova Strega di Corte Malik.
Più
ci si allontanava da Telthartown e più diminuivano le fattorie ed i campi
coltivati e dopo cinque giorni di viaggio la carovana si lasciò alle spalle
anche l’ultimo insediamento di coloni, che vivevano in una fattoria
fortificata molto somigliante ad un presidio, per entrare nelle terre assegnate
al nuovo Granducato di Extremelot.
Il
viaggio non fu più lungo della maturazione di un frutto ed una mattina
l’avanguardia, agli ordini del Conte Erik, giunse in vista di una collina che
dominava l’ingresso della Gola dei Ghiacci. Una tribù di Goblin stava in quel
momento uscendo dalla gola per inoltrarsi nella pianura e compiere l’ennesima
scorreria ai danni dei contadini che popolavano la Piana delle Acque. La
cavalleria del Conte li colse di sorpresa e, dopo un breve ma cruento scontro,
li obbligò alla fuga. Erik diede ordine di non inseguire i superstiti, ma di
presidiare la collina e l’ingresso della gola. Nel tardo pomeriggio, insieme
ai capitani Thorm e Petrus, giunse il Granduca, dopo aver ascoltato il rapporto
del Conte, salì con tutti loro sulla rocca in cima alla collina, osservò la
pianura che si estendeva verso Sud e poi volse lo sguardo a Nord, contemplando i
Monti delle Nebbie e l'inizio della Gola dei Ghiacci.
<<Siamo
arrivati alla fine del viaggio>> disse <<Su questa collina nascerà
la città di Lot!>>.
Il
mattino successivo l’arrivo, esclusi i Soldati di guardia all’accampamento,
tutti i componenti della spedizione raggiunsero la rocca e qui, la Somma
Sacerdotessa Urania officiò la prima cerimonia in onore della Dea Themis.
Finita
la cerimonia, il Granduca, insieme al Conte Erik, ai Capitani Thorm e Petrus ed
ad un piccolo gruppo di Topografi, tracciò una mappa particolareggiata di tutta
la collina.
A
Sud si estendeva la grande pianura da cui erano appena giunti; ad Ovest la
collina terminava in uno sperone roccioso a strapiombo su una grande foresta; a
Nord vi erano le pendici dei Monti delle Nebbie; verso Est, ai piedi della
collina, iniziava uno stretto braccio del Mare che sarebbe stato di Lot.
Dopo
una settimana la mappa fu terminata e si dette inizio ai lavori di costruzione.
S’iniziò
dal nucleo centrale della futura città.
Non
passava giorno che giungessero nuovi futuri Cittadini e,
pur impegnati nei lavori di costruzione, il Granduca, il Conte Erik ed i
Capitani Thorm e Petrus iniziarono a dare, in via provvisoria, un minimo di
struttura amministrativa alla città.
Vennero
istituiti nuovi ed importanti ruoli e competenze: il Corpo delle Guardie Ducali, con a capo ser Armok, per
vigilare e assicurare un minimo di tranquillità ai Cittadini; un Giudice; un
Boia figura non amata, ma indispensabile per il funzionamento della giustizia
nell’esecuzione delle sentenze e un Corpo di Guide che aiutasse i nuovi giunti
ad inserirsi nella nascente città; Predator fu nominato Cartografo con il
compito di censire tutte le nuove abitazioni che si stavano edificando; infine
un Menestrello ed un Giullare di Corte per allietare le serate.
Il
materiale da costruzione fu estratto prevalentemente da una cava nei Monti delle Nebbie. Gli enormi massi grezzi venivano
trasportati con carri trainati da cavalli o buoi e portati a valle, vicino alle
prime mura.
Lì
erano le sapienti mani degli Scalpellini che portavano a giusta misura le grosse
pietre ed, infine, con enormi palanchi, issate una sull’altra.
Il lavoro era seguito dai mastri Costruttori nominati dal Granduca e posti agli ordini di Paolo Tiziano Tramante, detto Calin, ed erano gli stessi ad essere direttamente responsabili, per eventuali ed inaspettati crolli, durante l’innalzamento degli edifici.
Corde
e pali di legno non si riuscivano più a contare, dall’enorme quantità usata,
e le mani di chi operava sul posto erano, a fine giornata, callose, sanguinanti
e spesso ferite.
Nessuno
però si dava accortezza per tali inconvenienti, presi com’erano
dall’emozione di veder sorgere la città di Lot.
Il
Male però non si era dimenticato di esistere e ben presto si fece vedere e
sentire.
Quando
le corte giornate d’Autunno sfociarono nel freddo Inverno, nella parte più
alta della collina sorgevano già: il Castello, il Tempio di Themis e la Piazza
del Mercato, ma erano ancora poca cosa al confronto di ciò che ancora mancava;
una larga strada, protetta da mura, conduceva ai piedi della collina dove era
appena stata avviata l’edificazione del Porto di Lot.
Il
freddo era molto intenso, ma non aveva ancora nevicato e la Gola dei Ghiacci
era, fino a quel momento, ancora libera.
Fu
proprio in una mattina di fine dicembre che, sotto gli occhi assonnati delle
Guardie, la gola si riempì di Goblin, Orchi ed altre strane creature.
Immediatamente
fu dato l’allarme e tutti corsero sulle mura che circondavano la Cittadella di
Erik.
Sotto
lo sguardo incredulo dei Cittadini, prodighi al lavoro, dalla gola si riversò
un fiume di combattenti nemici che sembrava non avere fine.
Quell’orda
non si fermò neppure un istante, ma dilagò ai piedi della collina e poi si
lanciò all’assalto delle mura.
La
battaglia fu terribile e durò tutto il giorno; più volte lo stesso Granduca
dovette accorrere alla testa di pochi Soldati per tamponare brecce nelle difese.
Chiunque,
Soldato e non, si difendeva con tutto ciò che trovava a portata di mano.
Urla
strazianti echeggiavano in tutta la valle ed un fiume di sangue, amico e nemico
mescolati insieme, scorreva verso il mare.
Solo
al calare della notte gli scontri si spensero un poco.
Si
pensò a fare un punto della situazione per arginare il peggio.
Tracciando
una mappa dei territori il Granduca preparò il piano di battaglia, decidendo di
affrontare il nemico in campo aperto, sfruttando così la maggiore disciplina
della propria Fanteria e la grande capacità di manovra della Cavalleria. La
stesura strategica del piano era stata, purtroppo, ascoltata da un avventuriero
che si preparava a vendere le informazioni a Honorius, ma il malcapitato era
stato, a sua volta, visto dalla Ladra Astarte impegnata in un furto a Corte.
La
Ladra voleva dare l’allarme, ma questo avrebbe significato farsi scoprire.
Mentre
Astarte cercava di risolvere il dilemma vide passare Normanno, un suo amico di
vecchia data e, uscendo per qualche istante dall’ombra che la nascondeva, gli
raccontò quanto aveva visto.
In
meno di un’ora la spia fu catturata e portata al cospetto del Granduca il
quale, dopo aver consegnato la spia al Boia, si appuntò mentalmente il nome
della Ladra per premiarla un giorno che Lot fosse terminata.
Il
giorno successivo, al sorgere del sole, le forze della città erano schierate
nella pianura davanti al campo dei Goblin. La disparità era impressionante.
Il
nucleo centrale dell’Esercito del Granduca era formato da trecento Picchieri;
l’ala destra, comandata dal Capitano Thorm, era composta di duecento Soldati;
quella sinistra, comandata dal Capitano Petrus, da cento Lancieri; davanti a
queste forze era schierata una leggera linea di Frombolieri, mentre alle loro
spalle vi erano settanta Balestrieri e centoventi Arcieri, comandati dal
Brigadiere Gronko, ma sulla collina, di fronte a tanta nostra forza, si
trovavano ben quattromila Goblin pronti a lanciarsi all’attacco.
Lo
scontro fu subito violento e senza esclusione di colpi. Al calar della sera,
nonostante il valore dimostrato da tutti, non si riuscì a scompaginare le forze
di Honorius.
L’Esercito
era decimato e chi non era caduto riportava profonde e gravi ferite.
Il
Granduca riunì il suo stato maggiore e diede le ultime disposizioni per quello
che si
preannunciava
l’ultimo giorno di vita dell’embrione chiamato Lot; poi tutti andarono al
Tempio di Themis e, guidati nelle preghiere dalla Somma Sacerdotessa Urania,
chiesero aiuto alla Dea perché concedesse loro la forza per affrontare un nuovo
giorno di battaglia. Ma durante la notte cadde finalmente la neve e si scatenò
una tormenta che chiuse la Gola dei Ghiacci, seppellendoci centinaia d’Orchi e
Goblin.
Al
mattino i superstiti dell’Esercito si gettarono all’attacco dei pochi nemici
sopravvissuti a quella repentina escursione termica, e li annientarono.
Il
Male era sconfitto, ma di Lot poco era rimasto.
I
Cittadini avevano perso la fiducia e volevano tornare indietro abbandonando
tutto il lavoro fino ad allora compiuto.
C’era
chi piangeva per la famiglia distrutta e chi perché non aveva più nulla con
cui poter vivere; si cominciarono a rimpiangere la vita nella prosperosa città
di Telthartown, le dodici torri d’argento e le verdi discese dei Colli di
Mezzo.
Il
Granduca comprese lo sconforto del suo popolo, ma anche dell’intero Esercito.
Chiese
dunque aiuto al Reggente Theon perché mandasse cibo e tutto ciò che a
Telthartown era in esubero, ma anche denaro.
Tutto
serviva ormai nella cittadella di Lot perché il nemico li aveva messi in
ginocchio.
Il
Principe non fece storie d’alcun genere ed inviò centinaia di carri carichi
d’ogni bene e Soldati, armi, legname.
Oltre
che via terra, molto materiale venne inviato su navi che solcavano il braccio di
Mare che in seguito divenne il Mare di Lot.
Tra
tutti i Marinai si distinse il Capitano Gilgamesh, al comando di una piccolo
veliero, che ogni pochi giorni attraccava al precario pontile di pietre e tavole
costruito in fretta e furia vicino ai Giardini di Lot, scaricando le preziose
provviste.
Quando
i doni cominciarono ad affluire la popolazione riprese fiducia e voglia di
ricominciare; fu distribuito tutto, fino all’ultima noce ed il gesto portò
immediatamente alla ripresa dell’edificazione di Lot.
Si
partì a ricostruire ciò che era stato danneggiato nella battaglia ed a
rinforzare le parti lese.
In
breve tempo videro la luce: la Casa dei Lavori, la Gendarmeria, la Caserma Rio e
la Banca.
A
Primavera, quando le giornate tornarono ad allungarsi, la città di Lot era nel
suo insieme terminata, anche se restavano altre cose da completare all’interno
delle mura.
Ad
Est della Cittadella era sorto il Borgo dei Bassi che confinava con il Mare di
Lot.
Ad
Ovest, sorgeva il Borgo del Commercio.
A
Sud, la Cittadella ed il Borgo delle Arti.
Tutto
intorno alla città era stato scavato un fossato ed a Nord, vicino al Ponte
dell’Addolorata, era stata costruita una grande porta fortificata in direzione
della Gola dei Ghiacci.
Una
grande cerimonia al Tempio di Themis celebrò la fine dei lavori ed il
ringraziamento di tutti per la benevolenza della Dea.
Finita
la cerimonia, una parte degli Artigiani e un contingente dell’Esercito
partirono in direzione di Telthartown, portando con loro il messaggio del
Granduca che annunciava ai Reggenti Theon e Lynessa la nascita concreta di
quella città pronta a sbarrare il passo alle orde che giungevano dai Monti
delle Nebbie.
Insieme ai ringraziamenti il Granduca donò a Theon un vasetto di miele estratto dai nuovi alveari, popolati da quelle api che ogni giorno si erano nutrite grazie alle pianticelle portate a Lot da quei carri ricolmi di salvezza.
Un
senso d’eterna gratitudine regnava nei cuori di tutti i Cittadini; tra Lot e
Telthartown una simbolica fratellanza era stata stipulata, un patto di lealtà e
reciproca stima che, per sempre, sarebbe stato onorato nel momento del bisogno.
Althair, Sommo Detentore dell’Arcana Saggezza
PiccolaStella, Curatore della Storia