Nuove esplorazioni alle miniere di Khazad Thror

- primo giorno -

Un pallido e spento sole si alzava stancamente nella volta celeste, osservando attraverso le ampie finestre della Casa di Ferro ciò che accadeva nella Sala delle Riunioni. Tre Nani s’intrattenevano in lunghe discussioni, mentre, tra le lunghe ombre gettate dalle possenti colonne intagliate con maestria da abili avi, tenaci nel cedere il proprio dominio al sole nascente, apparve un volto, tenebra nell’oscurità, impalpabile fisionomia, spaventosa e trascendente figura. La leggera fresca brezza, che solo fino a pochi istanti prima cantava tra le folte fronde dei vicini alti alberi, si spense, lasciando spazio ad un opprimente silenzio. Sol e Pos parvero per un istante risplendere, accecanti fuochi, eterni incudine e martello, padri dei possenti Nani, per poi placare il loro ardore.

L’impalpabile consistenza che pareva figurarsi tra le ombre, assunse allora i tenui colori del metallo al calor bianco e solo allora la presenza possente, vigorosa, indomita di colui un tempo guidò il popolo nanico, riunendo i Clan, fu riconoscibile dagli astanti.

Strisciante sensazione di sottomissione, il calore della protezione, l’orgoglio di appartenere ai figli dei due Soli, queste le sensazioni che animarono Hashut Broadblade, Hertog dell’ENL, e con lui Bran, la cui fascetta aurea, finemente lavorata risplendette all’ardore del suo animo combattivo, e Simo Lauxer Eseret, la cui mano si strinse sull’elsa della sua inseparabile ascia bipenne, a sbiancare le nocche.

Possenti toni si levarono e riempirono l’ambiente, riecheggiando tra le pareti e le colonne, attenuate e rese ancor più gravi dai drappi, abilmente ricamati, depositari dell’antico onore dei sette Clan, vessilli di guerra, orgoglio dei Nani, terrore dei nemici. Le parole fecero tremare il pavimento, oscillare le colonne, risvegliando ardore e coraggio negli animi che s’infuocarono nell’udirle.

Inconsciamente le ginocchia dei presenti si piegarono al cospetto di quella trascendente apparizione ed il braccio destro si mosse repentinamente per battere sul petto all’altezza del cuore. I volti si chinarono un istante, in un semplice gesto di soggezione, poi i loro occhi si alzarono ancora, volgendo l’attenzione dei valorosi a quelle parole, mentre nella loro mente il nome di colui che, immenso nella sua possanza, rivolgeva a loro parole di consiglio.

Thror degli Oakenshield, Signore delle miniere di Khazad Thror, che già un tempo aiutò e guidò i fratelli nelle complesse gallerie e intricati cunicoli dell’immensa necropoli.

"Nuovamente maligne presenze hanno invaso i possedimenti dei vostri avi, ancora una volta il Male ha osato sfidare la nostra memoria ed il nostro glorioso passato. Agite dunque, giovani figli di Pos e Sol, riportate la pace tra le tombe degli Oakenshield".

Alle parole, che aleggiarono nella pesante aria, invigorita dal silenzio regnante, seguì un silenzio innaturale, che gravò su ognuno e sull’animo dei tre presenti per eterni istanti di riflessione. Poi la brezza si levò ancora, portando il pungente odore dell’erba bagnata dalla rugiada, ed i Soli si mossero ancora, nell’armonia della loro infinità.

Non servirono parole, né ordini, gli animi dei presenti si ersero e si fusero, alti nel proposito nobile di riportare la pace nel luogo in cui le indimenticate salme dei loro avi riposavano nell’eterno riposo, unico giusto premio alla loro devota vita battagliera.

Poche ore trascorsero ed uno sparuto drappello era pronto alla partenza. Ad Hashut Broadblade, Bran e Simo Lauxer Eseret si affiancarono Nakimushi, Soldato del Primo Plotone dell’ENL, noto per l’indomito ardore in battaglia, Syri Broadblade, nel ricordo dell’anonima ingegnere progettista del complesso di Khazad Thror, e Terminus Stonehammer, la cui folta rugginosa barba era tristemente ricordata tra gli sventurati che avevano incrociato con lui le armi e conosciuta la sua furia.

 

Gli stretti cunicoli si perdevano nell’oscurità, immergendo il drappello nelle tetre tenebre di un fasto passato. Nei piccoli anfratti, nelle anguste sale, come negli ampi ambienti scavati nel passato con la forza delle braccia e dell’animo da laboriosi Nani, ancora era udibile lo sferragliare del martello sull’incudine ed il ritmico ipnotico rumore dei grandi macchinari che ivi trovavano posto.

I minuti trascorsero e con essi le ore. Cunicoli ed anfratti, apparentemente sempre uguali a loro stessi, percorsi con sicurezza dal drappello, accompagnavano gli avventurieri sempre più in profondità nella pietra. La zona era stata perlustrata per la prima volta pochi mesi prima ed era già rientrata a tutti i diritti nei domini dei Khazad.

Le ombre all’esterno erano oramai appena visibili, quando i sei Nani si arrestarono all’ingresso di un ampio ambiente, la Necropoli. Di pianta circolare, l’immensa sala ospitava le tombe scavate nelle roccia, degli antenati. Alcune erano collocate in verticale, ottenute in nicchie nelle pareti della sala, intervallate dalle statue dei Guardiani, mostri di pietra con occhi di rubino che sorvegliavano dall’eternità. Altre invece, la maggior parte, incassate nel suolo, disposte ordinatamente intorno al Mausoleo che un tempo un Necromante Drow aveva usato come Sancta Sanctorum. Tra i tanti sepolcri un sarcofago, pietra sulla pietra, immensa costruzione intarsiata, sul quale spiccavano bassorilievi d’antiche guerre. Al centro di esso, il vessillo dei valorosi Oakenshield, smussato e levigato dall’azione del tempo, eppure ancora visibile e riconoscibile. Il silenzio aleggiava nel luogo, mentre le tremule fiamme che alcuni dei presenti stringevano salde, oscillarono e quasi si spensero, mentre ancora una volta la figura di Thror apparve loro. Nessuna parola fu pronunciata, solo un cenno bastò perché ogni cosa fosse chiara ai loro animi.

Fu Hashut Broadblade ad eseguire il semplice gesto che ognuno di loro attendeva. Strinse quasi inconsciamente un fine aureo ciondolo lavorato, risultato di una precedente esplorazione da Barlog Stonehammer, Nano di foresta, e lo posò con delicatezza sul consunto bassorilievo. Rappresentava esso il centro dell’immagine scolpita ed al suo tocco rispose sordo un meccanismo meccanico. Lo stridio inconfondibile della pietra sulla pietra e il rumore di corde tese e riavvolte.

Solo pochi istanti dopo il sarcofago si mosse su guide cancellate dal tempo, nascoste tra le numerose intarsiature sul pavimento, rivelando una stretta scalinata.

Alla base di queste, immerse in un’oscurità profonda quanto le paure dell’animo, si aprì ai loro occhi una piccola stanza quadrata, spoglia di qualsiasi ornamento, vero luogo di riposo per la salma di Thror, racchiuso in un semplice piccolo sarcofago privo di qualsiasi decorazione. Sulla parete destra, appena visibile tra le ombre, la sagoma di una porta in pietra, senza serrature. Oramai il segreto di quel sigillo era chiaro a coloro che avevano impiegato molte ore ed interi giorni nell’esplorazione di quelle miniere. Fu sufficiente il tocco della Nana Syri Broadblade a liberare il passo al drappello. La porta iniziò ad illuminarsi tenuemente di luce azzurra, il colore dei Nani, e su di essa apparve in lingua Khazalid, in caratteri runici la scritta "Aulerim Hyraz - Bengiunta Sorella". Quindi la porta, a due ante, si aprì dinanzi a loro.

Il grande ambiente che apparve ai loro occhi, li costrinse all’immobilità stupefatta. Le scultoree sagome dei Guardiani dei Nani che una volta alte e possenti si levavano, giacevano ormai in pezzi a terra. E tra loro altre statue s’intravedevano ed i loro volti lasciavano trasparire orrore e sorpresa.

Hashut Broadblade era ancora immobile, quando un furtivo e repentino squarcio nel silenzio attrasse la sua attenzione. Un’invocazione d’aiuto, una voce di donna. Sforzando la loro vista, abituata al buio, i Nani intravidero una figura dalle forme attraenti incatenata, a diversi metri da loro. Dolci parole uscirono quasi senza che quelle delicate labbra si muovessero, mentre i lunghi corvini capelli mossi, ondeggiavano nella ferma aria. Preghiere d’aiuto, disperata invocazione di una nobildonna, avvolta in veste tipiche del Granducato.

Sospettosi per natura, allertati dal loro animo, che in quel luogo udiva indistinguibile segnale di pericolo, i Nani si avvicinarono. Quando solo pochi passi li distanziavano dalla donna, ella si rivelò nella sua vera natura: orrida Medusa, creatura solo apparentemente Umana, serpi per capelli, scaglie per pelle, dal penetrante sguardo in gradi di tramutare in pietra i suoi nemici.

Posò gli occhi sull’Hertog, riconoscendo forse in lui la guida del drappello, eppure nulla sconvolse l’indomito animo del Nano, che resistette, immobile per soli pochi istanti, grazie alla sua tempra, forgiata dalla battaglia, scolpita in generazioni di dure lotte dai suoi avi. Immediatamente dopo un quadrello fendete l’aria, un luccichio tra le tenebre, scagliato dalla balestra che l’orrida creatura teneva stretta nella mano, si spense al braccio del valente Bran, poco sopra il gomito, penetrando nei possenti muscoli.

Immediata fu la reazione degli altri valenti esploratori, si mossero tra le statue, scavalcando ed evitando frammenti di pietra e mezzibusti abbandonati a terra, alcuni ricoperti da grandi ragnatele, tutte solo pallido ricordo di un antico splendore, estraendo le loro lame, pronti al combattimento.

La Medusa si mosse e s’intravide al tremulo riflesso delle torce, mentre si muoveva, accompagnata dal sibilo della sua mostruosa chioma, tra le pietre, ricercando le ombre e la protezione del loro gelido abbraccio. Poi nuovamente quegli occhi brillarono alla tremula luce e si posarono su Nakimushi Fireforge, ma ancora una volta invano. Alto il grido della creatura, agghiacciante nei toni, terribile nel proposito.

Sanguinosa fu la battaglia, doloroso l’epilogo, nonostante la vittoria alfine riportata. Ognuno di loro, escluso il valente Bran, il cui braccio fu prontamente e strettamente avvolto con bende imbevute di soluzione alcolica, riportava sul proprio corpo solo superficiali ferite, ma il loro animo era stato profondamente trafitto. Ancora una volta una maligna creatura era penetrata in quelle miniere, dimorando tra le salme d’antichi eroi. Ora il corpo di quel nemico giaceva inerme e tale la sorte di tutti coloro che osarono e oseranno in futuro sfidare i Nani ed il loro ardore.

Non era possibile proseguire in quella giornata, grande la spossatezza fisica e mentale, grande il proposito di una prossima visita, di un’altra più profonda esplorazione. Poiché altre temibili creature certamente infestavano quei luoghi, l’onore dei Nani ed il loro fasto passato meritava di rivivere in quel luogo, tra le possenti pareti di roccia dimora degli Oakenshield.

 

Bardiel

Custode degli Annali della Storia