Non sono gli anni che si contano, quelli che un uomo ha, ma quelli che si portano nel cuore, per gli accadimenti che la vita gli ha donato o per quanto la stessa gli ha tolto.

Sono di umili origini, nacqui in un piccolo villaggio tra le paludi di un luogo perduto. Mia madre, una donna semplice e schiava di un potere che vessava quelle povere terre, mi crebbe nell’amore dei propri simili e nella giustizia delle cose divine. Mio padre, ho potuto solo sognarlo perché non ne conobbi mai il volto e nemmeno il nome.

Perché la rabbia umana sia cieca alle luce della povertà non ha una spiegazione ma, si manifesta su di essa con la maggiore forza che l’ingiustizia gli dona. Fu così che durante una razzia, al nulla posseduto, venni catturato dal nemico come l’unica preziosa cosa che a mia madre potesse essere tolta e, da lei, per sempre allontanato.

Fui condotto in mondo straniero e, per anni, il peso delle catene non mi ferì i polsi ma l’anima.

Ma, come spesso accade, la fortuna arride a chi non l’aspetta e divenni servitore di un uomo nobile se non di lignaggio, di cultura e scienza e, dopo averlo servito per il tempo della sua vita che già volgeva al termine egli, prima di andarsene da questo mondo mi rese libero. Fu così che nuovamente rinacqui, non da nuova madre ma da un ultimo gesto di generosità.

Vissi ancora per qualche tempo in quelle terre che ormai divennero le mie e da uomo libero, assetato di quella vita che non avevo vissuto, appresi l’arte della parola e l’uso delle armi: le due sole cose che potevano difendermi e difendere chi ne avesse avuto bisogno.

A quei tempi, i momenti di tranquillità erano tristemente intervallati da tumulti e guerre. I signori dell'epoca avevano ambizioni di conquista ed in nome di sconosciute ragioni, un giorno, le armate con vessilli neri si spinsero fino al mio villaggio, che venne dato alle fiamme. Io riuscii a fuggire, portando come me solo quanto indossavo ed una spada, dono del maestro d'armi che me ne aveva insegnato l’uso.

Vagai e vissi, per un tempo che non so più quantificare, nei boschi con molte altre persone che, come me, avevano perso tutto od erano state bandite dal loro villaggi. In uno di quei giorni, vagabondando nella speranza di poter trovare del cibo, mi ritrovai davanti ad un imponente massiccio, ed alla mia sorpresa ,uno dei miei compagni, mi rispose raccontandomi che oltre quel monte, si trovava la cittadina di Lot, ormai da tempo sotto assedio.

Non so perché, ma quel nome "Lot" mi diede un coraggio ed una forza inaspettate e, dopo aver salutato i miei sventurati compagni iniziai, solitario, la traversata dei monti.

Il desiderio di appagare la mia sete di conoscenza, mi fece superare i mille e più impedimenti lungo quel pericoloso cammino: malandrini, lupi ed incantesimi oscuri infestavano quelle zone ma, i miei occhi stanchi, presto videro la cittadina di Lot.

Mi ricordo, come fosse ora, il giorno in cui varcai i cancelli del Gran Ducato. C’era una luce diversa in quel luogo ed un’aria fresca e frizzante nonostante le rovine di alcuni luoghi, ancora sottolineassero l’assedio al quale la cittadina era sottoposta.

Un giorno giurai a me stesso di difendere il mio cuore e quello per cui lo stesso avrebbe battuto così, quello stesso giorno mi arruolai nell'esercito di Lot.

Per vari mesi combattei per le insegne del Gran Ducato, molti compagni ebbero la mia spada ed il mio onore al loro fianco come io, ebbi il loro valore a monito ed insegnamento, ho conosciuto tante persone che mi hanno aiutato ed alle quali ho posto i miei servigi, ma, un triste giorno il nemico superò ogni difesa ed entrò in città.

Io combattei con tutte le mie forze e quando queste mancarono combattei ancora e poi ancora per proteggere i cittadini di Lot ed il mio sangue mischiato a quello del nemico, segui il mio retrocedere fino all'interno della Cittadella dove, i sopravvissuti fino a li condotti, trovarono riparo e dove molti da allora, come me, elessero quel luogo a loro dimora.

In un periodo di relativa pace, riposti gli armamenti, l’arte della parola riprese in me il sopravvento ed allora decisi che altri modi potevano, oltre le armi, aiutare Lot e la civile esistenza dei suoi abitanti.

Fui contattato da Lady Seya, una mia nipote che ritrovai a Lot, all'epoca Presidente dell'Ordine degli Azzeccagarbugli ed ella, mi offrì di far parte del suo ordine. Accettai, ritrovai una famiglia e da allora il mio agire il bene di Lot è nell’essere, quale Vice-Presidente dell'Ordine, difensore di quella giustizia che, per molto tempo ed a molte persone, era stata negata.

Ma se le parole potevano amministrare la giustizia all’interno delle mura, solo le armi potevano difendere Lot dai nemici esterni così, entrai anche a far parte dell'Ordine dei Paladini di Lot e con i loro vessilli, quando necessità lo richiese, tornai nei campi di battaglia.

Il valore di un uomo non si misura solo nello sprezzo del pericolo ma anche nella dedizione con cui si applica ai compiti assegnatigli e nell’onore che guida le sue gesta, così, qualche tempo fa raggiunsi anche il grado di Generale dei Paladini.

Ma, gli eventi, a volte, portano a scelte difficili da fare e da spiegare ed, all’inizio dell’anno alcuni di questi accadimenti, mi costrinsero ad abbandonare l’ordine dei Paladini ed ora, il mio impegno è unicamente nell’ordine degli Azzeccagarbugli.

Ogni tanto torno ancora sui monti ed il mio sguardo accarezza con dolcezza l’orizzonte lontano dal quale provengo, ma ora amo questa cittadina e le genti che ne fanno parte. Ora sono un antico lottiano, mi fregio del titolo nobiliare di Lord e le mie radici sono ben salde su queste terre che non intendo più lasciare.

Ognuno di noi, un giorno, ferma il proprio errare per costruire fondamenta che reggano il tempo ed i ricordi ed io, che mai dimenticherò le mie origini, i valori che una amata madre mi ha donato, il riscatto da una vita misera ed ingiusta, ora sono qui, ad accogliere le richieste di aiuto di ogni nuovo giunto nella mia casa, Lot, dove sempre potrà trovare riparo e la mia disponibilità.

Molto tempo è trascorso ma ora so, perché quel nome, "Lot", un giorno mi diede un coraggio ed una forza inaspettate: venire a Lot non è una scelta ma, un dono prezioso.