Molti Elfi della mia gente venivano
mandati in luoghi lontani a spiare gli altri popoli. La loro missione
era controllare continuamente che essi non rappresentassero un pericolo
per il mio popolo.
Mia madre fu mandata a spiare un popolo elfico e lì fece quello
che una spia (specie se della mia famiglia) non dovrebbe mai fare:
innammorarsi.
Io nacqui da quell’amore e trascorsi i miei primi 10 anni di
vita in quelle terre. Poi a mia madre fu ordinato di rientrare nelle
proprie terre, un ordine a cui ella non poteva disubbidire... se l`avesse
fatto sarebbe stato fatto eseguire comunque (in un modo o nel’altro).
Io partii con lei, ma non ho mai saputo perché mio padre non
ci abbia seguiti.
La maggior parte della mia gente era convinta di appartenere ad una
stirpe migliore non solo delle altre razze, ma anche degli altri popoli,
così anche se nessuno me lo diceva apertamente sapevo che alcuni
mi ritenevano non al loro livello (per la mia appartenenza per metà
ad un altro popolo). Non si sarebbero mai fidati abbastanza di me
da affidarmi compiti simili a quelli che erano stati affidati da mia
madre.
Essendomi precluse diverse attività, sempre per la mia origine,
fui educato all’arte ed alla storia. Mia madre, invece, provvide
ad insegnarmi alcune cose riguardanti popoli lontani (tra cui la lingua
ed il galateo umani), in quanto ella era convinta che presto si sarebbe
avverata u’antica profezia del mio popolo che mi avrebbe portato
lontano dalle nostre terre.
La mia gente aveva il controllo assoluto delle nostre terre che contenevano
non solo membri del mio popolo, ma anche di altri popoli elfici e
sopratutto esponenti della razza Umana e di quella Mezzelfica.
Il nostro controllo, con il senno di poi, va ammesso che, nonostante
le buone intenzioni di quando era iniziato, era molto lontano dagli
ideali che ci eravamo prefissi all’inizio. Il nostro atteggiamento
specie verso gli Umani era quello di un popolo che si ritiene superiore
ed esige di venire servito e riverito.
Ero ancora un giovane Elfo quando gli Umani delle mie terre riuscirono
ad organizzarsi e ci fecero trovare di fronte alla più grande
ribellione che avessimo mai affrontato. I successi degli Umani ci
portarono ad impegnare gran parte delle nostre forze contro di loro
ed i Mezzelfi approfittarono di tale situazione per ribellarsi a loro
volta. Di fronte ad una situazione per noi insostenibile fu deciso
di chiedere appoggio agli altri popoli elfici presenti nelle nostre
terre, ma questi videro la situazione come un’occasione per
ottenere una piena libertà e rimasero neutrali in tali scontri.
Sebbene fossimo meglio addestrati le forze nemiche ci superavano troppo
di numero ed apparve ben presto evidente che saremmo stati sconfitti,
così inviammo un emissario agli Umani per chiedere le condizioni
per la resa, ma del nostro emissario ci venne restituita la testa
mozzata.
Più la guerra avanzava più gli eserciti nemici smettevano
di fare distinzione tra gli Elfi, più cominciava a venir attaccato
ed ucciso qualunque Elfo finisse nelle loro mani, ma oramai era troppo
tardi per unire le nostre forze.
Il padre di mia madre era la guida del mio popolo, i miei zii e cugini
erano impegnati nel campo di battaglia od erano dei bambini, mentre
mia madre era stata uccisa durante lo svolgersi dei primi scontri.
Così a mio nonno non restò altro che affidare a me,
malgrado la mia origine, una missione che riteneva di vitale importanza.
Dovevo portare l’Asener lontano dalle nostre terre e lontano
dalle mani dei futuri nuovi padroni delle nostre terre. L’Asener
è un cristallo dotato di grandi poteri che le profezie dicono
verranno usati da un membro della mia famiglia che li cristallo riconoscerà
come degno al primo incontro. Purtroppo nessuno è ancora mai
stato riconosciuto come tale ed è quindi da ritenersi che costui
debba ancora nascere (se mia madre aveva ragione nel suo ciarlare
non se ne parlerebbe prima di diversi secoli).
Ben cosci che nessun Elfo sarebbe uscito con facilità dalle
nostre terre, fui mutato da un Mago in un’altra forma. Purtroppo
gli eserciti nemici erano alle porte ed un crollo uccise il Mago prima
che mi potesse dire come rompere l’incantesimo. Mi spacciai
per un prigioniero e riuscii a sopravvivere, anche se gli orrori che
vidi accadere quel giorno non li dimenticherò mai. Non un solo
Elfo catturato fu lasciato vivo, mi augurai che quanto più
mie simili fossero riusciti a scampare, ma non ho ancora mai avuto
notizia di alcuno di loro. Peggio ancora, finita la guerra contro
di noi molti Umani cominciarono a prendersela con i Mezzelfi per la
loro parentela con noi. Immagino che ci sia stata una guerra tra le
due razze, ma oramai ero ben lontano dalle nostre terre.
Presi una barca e mi spinsi in mare aperto, navigai a lungo e finii
in una tempesta che mi sbattè su di una spiaggia lontana. In
tali terre i simboli del mio popolo erano noti, sebbene appartenenti
alle leggende locali.
Fu una giovane Elfa a raccogliermi sulla spiaggia ed a curarmi, in
un certo senso lei aveva qualcosa in comune con me, era la figlia
di una esule, anche se sua madre era fuggita da un eruzione vulcanica
e non da una guerra. Cominciai ad integrarmi con gli Elfi dei quel
villaggio ed ad innamorarmi di chi mi aveva curato. Il nostro amore
crebbe con il passare del tempo, tanto che ella rimase incinta di
colui che sarebbe dovuto essere nostro figlio.
Mancavano 15 giorni al di lei parto, quando trovai alcuni loro vecchi
libri che contenevano incantesimi di magia nera. Credetti che uno
di tali incantesimi potesse aiutarmi ad acquisire un grande potere
che avrei usato che vendicarmi della morte di tanti miei simili nella
mia patria. Sebbene la mia conoscenza della magia, si limitasse ad
un’infarinatura di conoscenze magiche, il possesso dell’Asener
determinò un mio successo nel mio tentativo di castare tale
incantesimo. Purtroppo non avevo l’esperienza per controllare
tale incantesimo che mi sfuggì di mano con effetti devastanti.
Su di me ebbe l’effetto di farmi perdere la memoria e di farmi
smarrire l’Asener, mentre degli altri effetti venni a conoscenza
solo molto tempo dopo. L’intero villaggio che mi aveva ospitato
fu scosso da un tremendo terremoto che uccise tutti tranne l’Elfa
che amavo, che però perse nostro figlio.
Spaventato da tali eventi, imprigionato in una forma non mia e privo
di memoria fuggi lontano.
La mia fuga si fermò in una terra innevata, il cui signore
incontrastato era un bambino che vedeva il suo regno come un enorme
giocattolo. Mi fu dato un nome, dato che io non ricordavo il mio,
e mi furono affidati compiti a dir poco umilianti, che preferirei
non ricordare; di certo esiste un termine che descrive il come fui
trattato: schiavo! Al giungere della primavera fuggii da tale luogo,
in compagnia di una cane (che morì circa un anno dopo cercando
di difendermi) e di un Mannaro (di cui persi le tracce qualche mese
dopo)..
Cominciai a vagare tra le terre alla ricerca del mio passato, la mia
situazione mi portò a dimenticare ciò che sapevo degli
Umani ed ad imparare tanto su di loro, senza partire dai pregiudizi
che altrimenti avrei avuto. Oggi so che essi sono in grado di compiere
non solo grandi orrori, ma anche grandi cose e che ciò che
accadde alla mia gente fu anche una nostra responsabilità.
Durante una notte di viaggio trovai immersa nelle nebbie “La
Locanda delle Arti Fantastiche” un luogo sperduto nel nulla,
ma che diversi viandanti usavano come luogo di passaggio nei loro
viaggi. Lì udii parlare di molti luoghi, compresa una lontana
città chiamata “Granducato di Lot”, così
intrapresi il viaggio che mi portò lì. Non immaginando
che lì avrei trovato le tracce del mio passato.
Giunto nel Granducato di Lot venni
accolto da un Clan di quella che pensavo essere la mia razza. Lì
feci molte amicizie ed imparai parecchie cose. Ma l’amicizia
più cara era quella con un cane ed una cornacchia.
Mi fidanzai con una dama, ma mentre stavo con lei conobbi una strana
Elfa che ebbi fin da subito l’impressione di conoscere. Tradii
la mia dama con quest’Elfa che però aveva uno strano
comportamento, solo quando riuscì a farmi lasciare con la mia
dama ammise di aver fatto tutto ciò per farmi restare solo,
per vendicarsi di qualcosa che io non ricordavo di aver fatto. Avemmo
diverse discussioni in seguito, la peggiore delle quali finì
con un kriss piantato nel mio fianco ed il mio cane che morse lei
per difendermi.
Appena guarito decisi (sebbene non sapessi usare bene le armi) di
partire per combattere la guerra di Telthartown. Fu un errore, grave
come pochi… gli altri combattevano per difendere qualcosa, io
per fuggire da non sapevo neppure cosa.
Eppure tornai dalla guerra intero, anzi avevo anche ucciso, una cosa
che per me era nuova e cominciò a farmi dormire sogni inquieti.
Poco dopo il mio ritorno nel Granducato venni ucciso nella Foresta
del Piccolo Popolo per mano di una Demone che cercava un modo per
passare il tempo.
Fu dopo la mia resurgo che cominciai ad avere degli incubi ricorrenti,
vedevo nei sogni sprazzi del mio passato: ciò che mi era capitato
di brutto, ma anche ciò che avevo fatto (sebbene in buona fede)
ed, infine, un volto che non potevo ignorare... un Elfa che mi malediceva
per il male che avevo fatto, la stessa che mesi prima mi aveva colpito
con il kris.
Non avevo altra scelta se non cercare di rivolgere domande proprio
a lei che, invece, avrei preferito evitare… non solo perché
ella mi odiava, ma anche perché io l’amavo… ma
non ottenni alcuna risposta da lei alle mia domande.
Cercai di dimenticare, ma gli incubi continuavano a perseguitarmi,
così cercai di consolarmi… eppure qualcosa nella mia
memoria comincia a smuoversi, qualcosa stava cambiando… cominciai
a studiare la lingua Elfica e, spesso, nel sentire o nel leggerne
i termini mi restava l’impressione di averli già uditi.
A dire il vero feci di più, cominciai a comprendere termini
che non mi erano stati insegnati, segno che quella lingua già
la conoscevo ed anche bene.
Quando gli Erranti partirono alla ricerca del mare decisi di andare
con loro, nella speranza che una spedizione potesse aiutarmi a trovare
ciò che cercavo… ma mentre eravamo lontani dal Granucato
venni a sapere del passaggio del Conte Thorm dalla parte di Simeht
e della guerra che incombeva su coloro che mi erano cari.
Decisi di partire per tornare a Lot, ma sulla via del ritorno caddi
nell’imboscata di un gruppo di Orchetti. Cominciai a combattere
contro di loro con al fianco il mio cane, ma quando le cose cominciarono
a mettersi male decisi che la migliore cose era la fuga e l’ordinai
anche al mio cane. In quell’occasione persi il mio cane di vista
e mai più l’ho rivisto.
Mi diressi verso Est sospinto dalla mia fuga, cominciando così
ad allontanarmi invece che avvicinarmi al Granducato: non sapevo,
allora, che avrei impiegato tre mesi per riuscire a tornare a Lot.
La mia fuga mi portò ad
un piccolo villaggio di Mezzelfi, quivi trovai un Asen (un cristallo
creato, in centinaia di esemplari, dalla mia gente ad imitazione l’Asener,
ma che non possiede alcun potere). Quando vidi l’Asen rimasi
senza parole, era un altro oggetto che ricordavo anche se solo in
modo vago. I Mezzelfi risposero alle mie domande sull’origine
dell’oggetto indicandomi un Mago a cui poter chiedere.
Giunto dal Mago questi si adoperò per rimuovere l’incantesimo
che imprigionava la mia mente, ma quando spezzò quest’incantesimo,
si dissolse anche quello che mi teneva imprigionato in una forma non
mia.
Quando i ricordi di assalirono, per un lungo momento, rimasi atterrito,
quasi desiderando di non averli recuperati.
Decisi di tornare nel Granducato… adesso sapevo che era l’unica
casa che mi restava… ma io non ero più lo stesso che
l’aveva lasciato mesi prima, né ero colui che era partito
dalle sue terre tanto tempo addietro, così decisi di non mantenere
più nessuno dei due nomi che in precedenza mi erano appartenuti…
Wil
Custode degli Annali della Storia