La Vera Storia del Granduca di Lot |
L'incontro
La candela brillava sul desco ove
era poggiata la cena fumante quando, tra l’ululare del
vento ed il rombo del tuono, la piccola Fata scorse una figura
a lei cara che rientrava a cavallo del suo destriero.
Ma non era solo, sul suo cavallo si intravedeva un’altra
sagoma che riconobbe come il corpo di un cavaliere, accasciato.
Elenantinea corse ad aprire la porta e fece entrare il fratello
che portava in spalla lo sconosciuto.
La Fata prese la spada e lo scudo dell’uomo e li appoggiò
distrattamente in un angolo mentre suo fratello Zothar lo
stendeva delicatamente su letto.
Il cavaliere era inerme, aveva il volto ed il corpo pieni
di ferite, la barba era lunga ed i capelli incolti, ma dalla
pregiata foggia dei suoi abiti, malgrado fossero laceri e
sporchi, si intuiva che le sue origini erano nobili. La sua
cotta di maglia era danneggiata ma Zothar riuscì a
toglierla.
La fata prese una spugna e dell’acqua calda per pulire
le ferite dell’uomo, lasciò che il fratello gli
levasse anche i laceri abiti e, con erbe medicamentose ed
unguenti magici, curò amorevolmente le ferite del cavaliere.
Una volta rivestito con panni puliti, lo lasciarono riposare.
Zothar ravvivò la fiamma del camino ed Elenantinea
si occupò delle vesti dello sconosciuto.
Tolto il fango dagli abiti, vennero alla luce dei finissimi
ricami intessuti con metalli preziosi. Mani delicate e precise
li avevano foggiati ... era evidente che non si trattava di
un uomo qualsiasi …
Quando Elenantinea fece notare al fratello i preziosi abiti
Zothar, incuriosito, osservò con più attenzione
l’armatura che gli avevano tolto …
Con immenso stupore vide che le sue armi portavano impresso
lo stemma dei Nani della Valle del Fuoco, i soli in grado
di forgiare rare e splendide armature come quelle …
Esse non potevano essere acquistate nelle Botteghe …
i Nani le realizzavano e le fornivano su misura solo per i
cavalieri più nobili e valorosi …
A quel punto la Fata chiese al fratello se sapeva chi fosse
il cavaliere.
Zothar la guardò e scrollando la testa le disse che
sulla strada del ritorno lo aveva trovato vicino al Ruscello
degli Elfi e che lo sconosciuto aveva fatto appena in tempo
a chiedergli aiuto prima di perdere conoscenza.
Il Cavaliere si agitava nel sonno, bruciava dalla febbre.
Se avesse superato la notte sapevano che avrebbe avuto qualche
possibilità di salvarsi.
Il Risveglio
La mattina dopo il misterioso personaggio si destò,
la febbre era come d’incanto svanita. Si guardò
intorno e vide due sconosciuti addormentati accanto al suo
letto.
Vide che era stato ripulito e curato, ma non si ricordava
quasi nulla.
Non sapeva come fosse arrivato in quella casa e chi fossero
quei due accanto a lui.
Cercò di alzarsi ma un dolore lancinante al costato
lo fece gemere.
Il lamento svegliò Zothar ed Elenantinea e la Fata
iniziò subito a tempestarlo di domande:
"State meglio Signore? Chi siete? Da dove venite? Chi
vi ha ferito?"
"Basta sorella ... ” - tuonò Zothar –
“Non lo disturbate ... Non vedete che è stanco?
… "
Il cavaliere fece tacere il Mezzelfo iniziando a parlare:
“Vi ringrazio per quanto avete fatto per me pur non
conoscendomi.”
Poi guardando verso il camino disse:
“L’onorificenza affissa sul camino vi appartiene?”
Zothar annuì e disse:
“Si, ci è stato donato tempo fa da alcuni cavalieri
in difficoltà. Essi avevano sullo scudo l’effigie
di un libro …”
“Sento di potermi fidare di voi, infatti quel riconoscimento
vi è stato donato dai Cavalieri del Nome di cui vi
parlerò in seguito.
Chi lo possiede è considerato un Depositario dei Segreti,
ed è persona della quale si può avere la massima
fiducia.
Mi sento quindi di potervi parlare liberamente e di spiegarvi
cosa è successo.
Vedete, la mia è una lunga storia e se volete ve la
racconterò … ”
La Storia
del Graduca
“Nacqui non distante da qui, la mia città si
trova oltre i Monti delle Nebbie, ma il mio nome non lo dirò
... non posso …
Dovete sapere che mio padre fu il Primo Granduca di Lot.
Da quando la città venne fondata da mio padre passarono
lunghi e pacifici anni nei quali la stessa crebbe in pace
e prosperità.
Dopo molti anni, però, mancava ancora un erede per
il Granducato.
I miei genitori consultarono i migliori Cerusici e scienziati
illuminati, ma nulla sembrava funzionare …
Ormai prossimo alla vecchiaia, il Granduca invocò la
Dea Themis perché gli concedesse un erede.
La Dea esaudì il desiderio dei miei genitori.
Alle nemiche forze di Honorius questo divino intervento non
passò inosservato ed evocarono a loro volta una forza
demoniaca che fornì gli elementi necessari ad eseguire
una tremenda maledizione che si abbatté sulla mia famiglia
ed in particolare su mia madre.
La gravidanza, infatti, si rivelò fin da subito a rischio.
Mia madre talvolta perdeva il senno: inspiegabilmente iniziava
ad urlare il proprio nome e cercava di colpirsi, di ferirsi,
di interrompere la vita della sua progenie e la propria.
Mio padre chiese ancora una volta consulto ai più dotti
sapienti conosciuti che, dopo attente e laboriose ricerche,
scoprirono in parte come combattere la maledizione.
Se mia madre avesse interrotto subito la gravidanza la maledizione
si sarebbe dissolta nel nulla.
Ma pur di assicurare una discendenza al Granducato mia madre
si rifiutò, mettendo così a repentaglio la propria
vita.
Lottò con tutte le sue forze e, mano a mano che il
suo ventre si ingrossava, perdeva sempre più spesso
lucidità.
So poco di questo periodo, nessuno mi ha mai voluto spiegare
di preciso cosa avvenne, comunque la gravidanza venne portata
a termine. Mia madre partorì, ma il parto le fu fatale.
I saggi avevano scoperto che la maledizione recava con sé
anche una profezia, colui che avesse pronunciato il mio vero
nome nell’ora della mia morte sarebbe divenuto il nuovo
sovrano.
Ma c’era dell’altro riguardo la maledizione, qualcosa
di terribile poteva ancora accadere.
Tanto che, per qualche motivo a me sconosciuto, mio padre
ordinò che il mio nome non fosse mai pronunciato, e
che fosse scritto in un magico libro predisposto per lo scopo,
affinché rimanesse ignoto persino a me stesso.
Il libro fu protetto con i più potenti incantesimi
e la persona che scrisse il mio nome, purtroppo, dovette morire.
Chiunque avesse pronunciato il mio nome avrebbe riattivato
la maledizione, uccidendomi.
Mio padre
decise di affidare il libro ad un manipolo di fidatissimi
cavalieri che inviò nei suoi possedimenti nelle lontane
Terre d’Oriente.
Il loro compito era quello di conservare e custodirlo a costo
della propria vita. Gli appartenenti a quel drappello vennero
chiamati “I Custodi del Nome”.
Dopo molti anni, tuttavia, non si ebbero più notizie
di loro.
Quei luoghi non erano più sicuri ed era in discussione
anche la proprietà di quei domini.
Diventò quindi impellente riconquistare le Terre di
Oriente.
Ormai ero grande e decisi di recarmi in Oriente per la mia
prima missione.
Fu così che partii per le Indie dove riconquistai le
Terre, rinforzai le file dei Custodi del Nome, imparai a conoscere
filosofie orientali ed arti magiche a Lot sconosciute.
Andai più volte nelle Indie, ormai per me erano come
una seconda casa.
Ero proprio laggiù quando mi fu comunicato che mio
padre era morto.
Decisi allora di riportare il libro magico in patria.
Nel viaggio di ritorno, però, le oscure forze di Honorius
ci tesero un’imboscata. Riuscirono a sorprenderci alle
prime luci dell’alba, attaccandoci con tutta la loro
potenza malvagia.
Pur potendo fuggire con il libro cercai di combattere a fianco
dei miei valorosi Uomini.
Ma fu tutto inutile e probabilmente solo la mia conoscenza
delle arti magiche mi permise di sopravvivere. L’accampamento
venne completamente distrutto.
Durante la sanguinosa battaglia, all’improvviso, comparve
un’ombra oscura che ci avvolse con le sue spire.
Tutto tacque, e calò una mortale oscurità come
un pesante mantello. I prodi cavalieri morirono uno dopo l’altro
finché ai pochi sopravvissuti non rimase che chiedere
alla Dea Themis di prendere le loro anime prima di essere
soffocati dalla lunga mano della morte, che fra mille patimenti
finiva coloro che ancora erano in vita.
Ormai ferito nella carne e nello spirito iniziai a sentire
l’ombra mortale accanirsi su di me e impiegai le ultime
forze a mia disposizione per eseguire la più potente
magia protettiva di mia conoscenza.
In qualche modo deve avere funzionato, perché dopo
aver recitato la potente cantilena la mia mente si annebbiò,
i pensieri si fecero sempre più confusi e poi ... non
ricordo più nulla.
Non seppi mai cosa accadde veramente dopo quel terribile momento,
so solo che quando mi risvegliai ero l’unico sopravvissuto
ma il libro era ancora in mio possesso, la magia mi aveva
protetto anche dalla vista dei nemici.
Vagai per giorni in territorio nemico ed alla fine ero esausto
quando incontrai un laghetto di montagna dalle limpide e fresche
acque e mi fermai per bere e riposare.
Mi ricordo di aver appoggiato il libro sulla sponda quando
sentii un rumore alle mie spalle.
Mi voltai e feci appena in tempo a vedere un cavaliere di
Honorius che levava la propria mazza contro di me. Riuscii
a schivare il colpo diretto alla mia testa ma subito ne arrivò
un secondo.
Venni colpito in pieno. Non so quanto rimasi tramortito, so
solo che da quel momento non ho più visto il libro.
Ho vagato per altri giorni finché ho riconosciuto questi
luoghi a me familiari, ma ormai sfinito credo di aver raggiunto
il Ruscello degli Elfi dove ho perso conoscenza.
Mi ricordo di aver visto l’ombra di qualcuno uscire
dai cespugli e di aver chiesto aiuto, poi più nulla.”
Zothar si alzò dalla sedia dove aveva ascoltato il
racconto e, facendo un inchino, disse:
“Mio signore, quell’ombra ero io. Spero mi vogliate
perdonare di non avervi riconosciuto prima”
Elenantinea, facendo a sua volta un profondo inchino, si affrettò
a porgere dell’acqua al Granduca.
“Alzatevi miei cari amici, ora sapete tutto.”
Zothar a quel punto disse:
"Granduca, sono ai vostri ordini, la mia umile dimora
è vostra e quando vorrete saremo lieti di riaccompagnarVi
all’interno delle mura della Vostra città.”
“Vi ringrazio di tutto ma a Lot saranno preoccupati,
devo rientrare immediatamente.”
Zothar ed Elenantinea accompagnarono così il Granduca
verso la sua amata città.
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Elenantinea
- Saggio custode degli Anni |
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